Nei musei vaticani alla trasfigurazione di Raffaello è dedicata una grande sala buia nella quale il quadro splende in tutta la sua luminosità. Questo contrasto mi ha sempre richiamato la notte della trasfigurazione nella quale Gesù splendette in tutta la sua gloria
Era notte o era giorno quando, in preghiera sul monte, si trasfigurò? Il Vangelo non ce lo dice. Se era giorno il suo splendore offuscò la luce del sole. Se era notte la sua luce dissipò le tenebre.
Doveva essere notte, perché di notte Gesù era solito ritirati a pregare, quando i suoi discepoli, come più tardi nell’orto degli olivi, venivano sopraffatti dal sonno.
È notte. Le tenebre ricoprono la terra. Le stesse tenebre che in pieno giorno, quando fu innalzato sulla croce, avvolsero tutta la terra. Ed è proprio di quel giorno che diverrà notte, che Gesù discorre con Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti. L’intera Scrittura parlava di lui e annunciava l’esodo doloroso che lo avrebbe condotto alla morte per condurre noi dalla morte alla vita. Quell’esodo avverrà in una tenebra capace di oscurare la presenza di Dio, di far smarrire la strada, di metter paura, una “paura da morire”, che lo farà sudare sangue, “con forti grida e lacrime”.
Ma proprio mentre ne parla con Mosè ed Elia, e percepisca il buio, s’accendi di luce e fa splendere la notte: la sua notte non ha più oscurità, annuncio di risurrezione, di esodo compiuto.
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