martedì 10 novembre 2015

Il cento per uno: che promessa! /5 (e che investimento!)


Jan Tillemans, OMI, Trois Rivières

«Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?"» (Mc 10, 17). Quanta impazienza da parte di questo “tale”: corre per avere subito una risposta all’impellente desiderio di salvezza. Quanta pazienza da parte di Gesù che si vede sbarrare il cammino verso Gerusalemme. Come sempre egli è pronto a mettere da parte i suoi progetti per accogliere chi vuole incontrarlo e darli ascolto. Inizia il dialogo perché quel tale possa esprimersi fino in fondo. Ne emerge un uomo buono verso il quale Gesù prova una grande simpatia. Lo guarda con intensità, penetrando nel profondo del suo cuore. Come sarà stato lo sguardo di Gesù, come sarà stato vedersi guardare da lui? Un amore attraverso il quale passa tutto l’amore di un Dio: «fissatolo, lo amò». L’ha amato e atteso da tutta l’eternità; finalmente è giunto il tempo nel quale può guardarlo negli occhi e fargli sentire quanto lo ama.
Un amore esigente, quello di Gesù: dà tutto e chiede tutto: «Và, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Poteva esserci un amore di predizione più grande di quello che chiama a seguire Gesù? Sono tanti i modi per seguirlo. Il modo che Dio da tutta l’eternità aveva pensato per quella persona corsa incontro a Gesù era quello che lasciare tutto e darlo ai poveri. Ne avrebbe avuto in cambio «un tesoro in cielo». Poteva aspettarsi promessa più appagante? Non avrebbe dovuto attendere il tempo di salire al cielo: il tesoro l’avrebbe ricevuto subito: seguire Gesù, stare con lui, il tesoro stesso.
La ricchezza è un fardello troppo pesante, impedisce di spiccare il volo. Se ne andò triste. Triste rimase anche Gesù, deluso del rifiuto dell’offerta d’amore. Un velo di tristezza si posa su tutti i discepoli. E cala il silenzio.
Pietro allora prende la parola, quasi a rincuorare il Maestro: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Un’affermazione semplice, offerta con sincerità. Una costatazione, senza pretesa. Nonostante tutto, sembra dire, noi ti abbiamo seguito. Non avevamo tanti beni come questo che se ne appena andato, non eravamo ricchi, semplici pescatori, eppure quel poco che avevamo, barca e lavoro, casa e famiglia, l’abbiamo lasciato per seguirti. Quello sguardo intenso d’amore lo hai rivolto anche a noi, abbiamo sentito che ci amavi, personalmente, e che ci chiamavi. Non abbiamo potuto resistere al suo stuardo, al tuo amore, alla tua chiamata.  
«Gesù gli rispose: "In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna» (10, 28-30).
Quando mai Gesù si è lasciato vincere in generosità? Il tesoro promesso all’uomo che se n’è andato è lo stesso che è riservato a chiunque è chiamato a lasciare tutto per seguirlo. Adesso non parla più, come prima di un tesori “in cielo”. Il tesoro lo si può sperimentare già da ora. Vale cento volte più di quanto si è donato. Che banca quella del Signore: l’interesse del cento per uno! Che affare, che promessa… In più ce n’è anche per l’eternità. In mezzo rimangono le persecuzioni: ne parliamo un’altra volta.


Nessun commento:

Posta un commento