martedì 22 settembre 2015

Perché non indire una festa dell’amore reciproco?



Primo vescovo autoctono del Burundi, Mons. Michel Ntuyahaga, a due anni dalla sua ordinazione episcopale, partecipò a tutte e quattro le sessioni del Concilio Vaticano II. Memorabile il suo discorso sul “comandamento nuovo” come caratteristico della vita della Chiesa. Tra l’altro proponeva di istituire una festa nella quale si ricordasse e si celebrasse il comandamento dell’amore reciproco.
Forse vale la pena leggere alcune frasi di quel discorso:

“Il Concilio dell’unità e della carità deve insistere sulla carità e rispondere così alle aspettative del mondo. La carità è l’unica lingua capace di essere compresa da tutte le nazioni. L’amore è infatti il ​​nodo e il fondamento della nostra religione cristiana. Non è il primo comandamento che ci ha ordinato Cristo, il comandamento che contiene tutta la legge e i profeti, il comandamento dell’amore di Dio sopra ogni cosa e il prossimo come noi stessi? Non è da questo segno che siamo riconosciuti come discepoli di Cristo? Il Vangelo che Egli porta, il regno di Dio in noi, non è forse la buona novella dell’amore di Dio e dell’amore fraterno spinto fino l’amore del nemico? Non è da questo segno che saremo giudicati?...
Che sarà questo Concilio se non insiste sull’amore tra gli uomini? Questa è la nostra unica forza, che prevale su tutto il resto, la forza dei cristiani…
Il Concilio dovrebbe reagire contro l’atrofia del Vangelo. Il Vangelo è la via nella carità… Solo carità cambierà il mondo… Per questo il Concilio deve alzare la voce e ricordare a tutti, in modo speciale, il comando del Signore…
Sarebbe auspicabile istituire nella Chiesa una festa per ricordare in particolare il comandamento dell’amore…
Il nostro Concilio è un incontro di amore e di carità. Il mondo si aspetta che portiamo questa carità tra gli uomini. È essa che darà loro la pace di cui hanno bisogno.”

Oggi, all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano, suor Jeanne d’Arc ha difeso la sua tesi, che ho seguito in questi anni, sulla figura di questo vescovo, un vero Padre della Chiesa Burundese, e sulla fondazione da lui operata delle suore di Bene-Umukama (Serve del Signore). Ale suore, in coerenza con tutta la sua vita, ha lasciato scritto:

“Ecco la mia parola che lascio in eredità: l’amore di Dio e del prossimo, è la ragione della vostra presenza nella Congregazione delle Serve del Signore. Innanzitutto amate il vostro amato Gesù Cristo, il Figlio di Dio venuto ad abitare in mezzo agli uomini. Poi amate le Costituzioni della vostra Congregazione. Non ho soldi per lasciare; la grande ricchezza che vi lascio è l’amore fraterno; pregate le une per le altre, esercitare il vostro apostolato nella carità e nell’amore di Dio, cercate in tutto la santità… Il mio testamento è: Amatevi le une le altre”.


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