giovedì 26 dicembre 2013

Il cappone e il sasso di santo Stefano


“Se in casa c’è un cappone solo, non si cucina a Natale, ma a Santo Stefano”. Così si diceva una volta a Prato, dove la festa di Santo Stefano è la più grande festa della città. Anche oggi il duomo si è riempito di fedeli, attorno ai loro vescovi e a tutto il clero, con tutte le autorità civili e militari. I valletti e gli armigeri del comune, con i costumi medievali, tamburi, chiarine e stendardi. Segni di una tradizione che continua e che lega la città direttamente alle origini del cristianesimo.
Anche oggi il “sasso” è stato portato sull’altare maggiore per la venerazione, uno degli improbabili sassi con cui venne lapidato Stefano. Che a quel tempo abbiano pensato di raccogliere i sassi delle lapidazione per distribuirli alle parrocchie? È piuttosto, come per tante altre reliquie, soltanto un simbolo che ci ricorda quell’evento immortale del primo martire.
Mi hanno colpito le parole del nostro santo nel momento della morte, una riguarda se stesso: «Signore Gesù, accogli il mio spirito», l’altra quanti lo circondano: «Signore, non imputar loro questo peccato». Sempre così i santi e i martiri consegnano se stessi a Dio, senza dimenticare gli altri, volendoli salvarli con sé.

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