domenica 15 dicembre 2013

Una Chiesa in uscita

Ero un po’ sulle spine ieri pomeriggio. Chi avrebbe dovuto venire a prendermi era in ritardo. Non mi piaceva arrivare in ritardo all’appuntamento con una ventina di focolarine e focolarine di Roma che mi aspettavano a Sacrofano, sulla Flaminia alle porte di Roma, per il loro ritiro. Finalmente, dopo aver atteso un po’ sulla strada davanti al cancello, vedo arrivare la macchina e partiamo, sotto un cielo grigio, con la nebbiolina che appare appena lasciamo l’Anulare per inoltrarci sulla consolare, nella campagna romana. Quando arriviamo nel grande complesso che ospita la Fraterna Domus corro nella costruzione che mi viene indicata. Come previsto sono un quarto d’ora di ritardo.
Sorpresa. Mi si apre davanti una vasta sala: 330 persone, dal Lazio, Molise, Sardegna, mi attendono in festa, mi accolgono con un lunghissimo caloroso applauso e mi piazzano subito sul palco con i microfoni. Non si tratta di una conversazione familiare come immaginavo; si aspettano una conferenza seria. Per fortuna mi sono preparato. Devo presentare l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium. Una vera sfida, alle quattro del pomeriggio, c’è il rischio che mi si addormentino tutti. Invece l’attenzione è altissima e rimaniamo insieme un paio d’ore con domande, interventi, in un crescendo di interesse. Anche questa volta papa Francesco ha fatto centro.
Il suo è un documento davvero provocante, fin dalle prime righe, quando descrive la Chiesa come lui la pensa e la vuole oggi: una Chiesa “in uscita”, che non guarda se stessa, che non vive per se stessa. “L’intimità della Chiesa con Gesù è un’in­timità itinerante, e la comunione si configura essenzialmente come comunione missionaria”. La Chiesa “in uscita” è la comunità di di­scepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano. Di qui l’invito a osare: “Osia­mo un po’ di più di prendere l’iniziativa!”; “La comunità evangelizzatrice accorcia le distanze, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popo­lo”. Mentre leggo mi appaiono davanti agli occhi, in automatico, le immagini di papa Francesco in mezzo alla sua gente, senza barriere, in immersione totale, icona vivente di come vorrebbe e vorremmo la Chiesa.
Anche davanti a me ho una icona vivente di Chiesa viva, 330 persone consacrate, che vive tra la gente. Mi tornano alla mente le parole di un a meditazione di Chiara Lubich:
Ecco la grande attrattiva
del tempo moderno:
penetrare nella più alta contemplazione
e rimanere mescolati fra tutti,
uomo accanto a uomo.
Vorrei dire di più: perdersi nella folla,
per informarla del divino,
come s’inzuppa
un frusto di pane nel vino.
Vorrei dire di più:
fatti partecipi dei disegni di Dio
sull’umanità,
segnare sulla folla ricami di luce
e, nel contempo, dividere col prossimo
l’onta, la fame, le percosse, le brevi gioie…
La settimana scorsa avevo davanti a me, a Castelgandolfo, lo stesso popolo di Chiara, anche se là erano 1500. Anche in quel momento ho provato la gioia di trovarmi in una porzione di Chiesa viva, che sta e che va, raccolta attorno al suo Signore e perennemente “in uscita”.

1 commento:

  1. Grazie di vero cuore per le notIzie come un "DONO".
    Arricchiscono anche chi non si puo' muovere ...ma cerca di Vivere!!!.
    Grazie ancora.

    RispondiElimina