Ieri a Prato, nel prestigioso chiostro trecentesco di san Domenico, si è tenuta la seconda serata della setti,mana dedicata a Chiara Lubich. A me il compito di parlare del dialogo interreligioso. Ho semplicemente narrato cinque esperienze con persone di altrettante religioni. Uno dei cinque è Nissho Takeuchi della Nichiren-shu, una delle molteplici correnti del buddismo giapponese.
Ha fatto costruire lui stesso il suo tempio moderno a Osaka, là dove un tempo sorgevano le industrie belliche; un luogo nel quale i ripetuti bombardamenti durante la guerra hanno causato migliaia di morti. Il reverendo Takeuchi ha scelto quel luogo per far salire una incessante preghiera per tutte le vittime della guerra.
Ci accoglie con molto calore e molti inchini. Ci introduce nel tempio acceso da colori vivaci tra cui predomina il rosso e l’oro dei legni laccati. Con l’assistenza di due sue discepole prega solennemente accompagnato dal suono del gong e dei sistri. Avverto tutta la sacralità e il peso di una tradizione millenaria, nata ben prima dell’avvento di Cristo. Anche più tardi, durante la breve permanenza in Giappone per un simposio buddista-cristiano, mi trovo davanti a monaci di grande levatura morale. E da buon Missionario Oblato di Maria Immacolata mi domando: In questi ambienti, come in quelli indù o musulmani, è possibile annunciare il Vangelo? I nostri missionari lo hanno annunciato alle persone delle culture che non avevano grandi tradizioni storiche. Ma nell’India, nel mondo musulmano il cristianesimo è accolto da un numero esiguo di persone. Qui in Giappone i cristiani non sono neppure mezzo milione, in una popolazione di 127 milioni. La Chiesa non cresce, possiamo dire che è quasi ferma al tempo di san Francesco Saverio. Di fatto i nostri missionari, che hanno fatto breccia nelle religioni tradizionali, non hanno minimamente scalfito le grandi tradizioni religiose.
Lascio cadere gli interrogativi e, dopo un intenso pomeriggio di dialogo, Nissho Takeuchi ci conduce in un albergo d’alta classe nel cuore della città, dove ogni mese incontra centinaia di dirigenti di azienda e uomini di affari provenienti da tutto il Giappone. “La nostra società, come in tutto l’Occidente, ha perduto il senso della norma sociale, dei valori ed è piombata in una crisi disperata. La risposta – ci spiega – è nella fede, ma nessuno accetta un discorso religioso. Per questo ho iniziato a dare corsi per insegnare come far funzionare un’azienda! In questo modo immetto i valori veri, quelli religiosi”.
Prima della cena una passeggiata nell’antico giardino della meditazioni, con steli, rocce, laghetto, bonsai… La cena, imbandita in una sala tutta per noi, a base di pesce crudo, secondo la più pura arte culinaria giapponese, è impreziosita dal clima creato dalla musica di sottofondo, dalla disposizione delle orchidee, dagli stessi camerieri e cameriere in alta uniforme…
Ed ecco il momento propizio: “Perché non ci racconta della sua vocazione monastica?”, gli domando. Il reverendo Takeuchi sembra colto di sorpresa, forse nessuno glielo ha mai chiesto. E parla, e parla… In risposta al dono anch’io gli racconto della mia vocazione, della mia prima preghiera, che ripete le parole dell’apostolo Tommaso: “Mio Signore, mio Dio” (e sono costretto a narrargli tutto il brano evangelico perché possa capire la preghiera…). Si commuove. Il volto austero e severo si trasfigura. Il clima di confidenza e di intimità che si sta creando mi consente di dirgli: “Mi sembra di vedere in lei un bambino evangelico”. E gli parlo del Vangelo, di Gesù. “Vorrei conoscere anche le esperienze degli altri”, ci dice. Ad uno ad uno i miei amici cristiani raccontano del loro incontro con Dio, le loro esperienze di vita.
Abbiamo terminato da tempo di mangiare, ma nessuno si muove. I camerieri hanno fatto tacere la musica e, assieme ai segretari, stanno lì immobili ad ascoltare. Su molti volti vedo scendere le lacrime. È normale, per noi che raccontiamo le nostre storie, citare costantemente parole e fatti di Gesù. Mai, come in quell’ambiente buddista, mi rendo conto di quanto le nostre vite cristiane siano impregnate di Vangelo. Ed il Vangelo fluisce limpido. Dall’altra parte non c’è nessun barriera, nessuna resistenza, nessun pregiudizio. Le parole di Gesù vengono bevute con naturalezza e penetra.
Abbiamo evangelizzato? Sì. Non ce l’eravamo prefisso. Eravamo stati semplicemente a restituire la visita ad un amico che era venuto a trovarci a Roma. Ci eravamo interessati a lui, al suo tempio, al suo lavoro, al suo mondo. Ora lui aveva voluto sapere di noi. E gli abbiamo raccontato di noi, della nostra vita di cristiani, che non può non essere evangelica. Così il Vangelo è passato ed è stato accolto: un Vangelo annunciato con la vita.
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