venerdì 23 ottobre 2020

Il contributo dei religiosi alla nuova ecologia



Le case comuni della vita consacrata. Un rinnovato stile di vita per i religiosi alla luce della Laudato si’. È il titolo del nuovo libro di Onofrio Farinola, appena edito dalle Edizioni Messaggero di Padova. 
L’autore mi ha chiesto l’introduzione che trascrivo in parte: 

Papa Francesco, coerente con il proprio nome, affrontando il tema ecologico, ha additato, come paradigmatico, il rapporto di san Francesco con la natura. (…) La lettera Laudato si’ lo indica come punto di partenza per una nuova coscienza cosmologica, eppure il rapporto dei “consacrati” con la natura inizia con la nascita stessa del monachesimo, che fa “fiorire il deserto”: quei luoghi aridi e solitari vennero ingentiliti dalla presenza di monaci e monache. Da allora il monachesimo ha continuato a prendersi cura del creato. Basterà ricordare cosa hanno rappresentato nella storia dell’agricoltura i monasteri di Bobbio, Pomposa, Farfa, solo per restare in Italia, oppure l’apporto dato alla silvicoltura e alle scienze forestali da Camaldoli a Vallombrosa. I monaci hanno piantato foreste e curato pascoli, incanalato acque e prosciugato paludi, bonificato terreni incolti e favorito nuove colture, insegnando a popolazioni intere le tecniche agronomiche e il senso del lavoro, in obbedienza a Dio che ha affidato la terra all’uomo. Di qui la «cura del lavoro ben fatto» come impone la Regola benedettina. (…) Assieme alla cura della terra, che forniva gli alimenti per il sostentamento proprio e dei poveri, monaci e religiosi si sono dedicati alla cura del corpo e della mente delle persone che vivevano attorno a loro, sviluppando la scienza delle erbe e la farmacopea. Tutto questo ha favorito e sviluppato l’amore e il rispetto per natura.

Poi è arrivato il progresso tecnologico, basato sull’equivoco che si potessero usare le risorse della natura in modo illimitato. Più ancora l’equivoco di fondo riguarda il concetto stesso di sfruttamento della natura inteso come possibilità e positività di una crescita indefinita del potere dell’uomo sulle cose. (…)

Finalmente si è preso coscienza che il problema ecologico è fondamentalmente un problema etico, un problema di rapporto di noi uomini e donne con la natura, un problema che riguarda il nostro modo di agire. Dalla cosiddetta “cosmologia classica”, che vede l’uomo distinto dal creato e come suo dominatore, si è passati alla cosiddetta “nuova cosmologia”, una concezione olistica, vede l’uomo come parte del creato, sua ultima e massima espressione, autocoscienza del cosmo (…), aiutando a prendere coscienza della profonda interdipendenza che lega umanità e cosmo.

Finalmente si rileggere in modo nuovo il racconto biblico della creazione che, contrariamente a questo si è a lungo pensato, non dà assolutamente facoltà di sopraffazione sulla natura. (…) L’uomo e la donna sono amministratori di una realtà di cui non sono i padroni. Il creato è opera di Dio, è di Dio, e Dio nel suo amore lo dona alle persone umane. Queste non possono allungare la mano sul mondo e dire “è mio”. Esse piuttosto si vedono porgere il mondo dalla mano di un Altro che gli dice “è per te”. L’umanità si vede consegnare un’opera meravigliosa. (…)

Consegnando il cosmo all’umanità Dio ha voluto renderla responsabile dell’intera natura. Ha fatto l’uomo e la donna a immagine e somiglianza sua proprio perché potessero essere i suoi collaboratori e con lui continuare a dif­fondere la vita. (…) All’idea del dominium subentra il tema della responsabilità ambientale. (…)

Per continuare l’azione di Dio l’uomo deve poter conoscere il piano di Dio e quindi essere in comunione con lui, in un rapporto profondo di amicizia e di amore. Senza un rapporto vivo con Dio suo creatore egli non può svolgere la missione di coltivare con amore la terra. In effetti quando con il peccato l’uomo si stacca da Dio non è più capace di custodire il mondo nella bellezza e nell’armonia nelle quali era stato creato. (…) Ed ecco che qui s’innesta l’apporto specifico della vita consacrata, nata per “quaerere Deum” e per scoprire il suo disegno sulla creazione e sulla storia. Il rapporto persona-natura non è mai distaccato dal rapporto Dio-uomo e Dio-natura. Il religioso e la religiosa sono chiamati a entrare in questo rapporto vitale che nasce dallo stesso atto creativo. Nella natura dovrebbero saper cogliere l’autorivelazione di Dio e il dono che egli fa di sé.

Ma come cogliere la presenza di Dio nelle cose, il suo amore provvidente che tutto sostiene e che continuamente crea? Occorre uno sguardo puro, che sappia vedere con l’occhio stesso di Dio. Occorre la capacità di contemplazione, di preghiera, di meraviglia… Non fa parte tutto questo della vocazione della vita consacrata? Soltanto a queste condizioni la natura diventa un messaggio divino e mostra come ogni suo elemento è in relazione d’amore con l’altro, quasi riflesso della relazione d’amore trinitaria. Se tutto è opera di un Dio che è Amore, di un Dio che è Trinità, ossia rapporto di comunione, tutto porta il suo timbro e in tutto potremo scoprire la presenza dell’Amore.

Soltanto così nasce il rispetto per il creato, nella coscienza di essere parte di esso e con esso in cammino verso i cieli nuovi e la terra nuova. (…)

Questo implica una conversione a livello personale e comunitario, che domanda un ripensamento del proprio stile di vita, la responsabilità davanti al consumo, l’attenzione all’ambiente, cominciando dalla cura per la propria casa.

Soprattutto occorre andare alla radice del problema, rompendo la logica egoistica di una cultura basata sul dominio, sulla sopraffazione, sull’avere. (…) È la stessa logica perversa che spesso guida i rapporti umani: voglio possedere l’altro, asservirlo a me, usarlo per i miei interessi. Deve subentrare una logica nuova. Chi di noi non ha speri­mentato, almeno una volta, la gioia del donare? Quando rendo felice una persona, quando faccio un regalo ad un amico, quando offro il mio aiuto a chi è nel bisogno, mi sento contento. Quando amo sento come una pienezza di vita in me, mi sento realizzato. L’apostolo Paolo ricorda un detto del Signore secondo il quale «c’è più gioia nel dare che nel ricevere».

Credo che il problema ecologico troverà la sua risposta nella misura in cui sapremo dare una risposta al problema umano. Ossia saremo capaci di ridare l’armonia alla natura solo nella misura in cui sapremo trovare un’armonia tra noi uomini e donne. (…)

Qui forse è l’apporto più realista che i carismi possono offrire. (…) Religiosi e religiose (…) possono insegnare le parole del Vangelo, come esse si realizzano e quali sono i frutti che portano tra di loro. Se sapranno aiutare chi sta loro attorno a vivere la reciprocità dell’amore allora anche ogni intervento sulla natura sarà compiuto tenendo conto non solo di sé stessi, ma anche degli altri, dei popoli e dei paesi vicini, degli altri continenti. Si avranno costantemente presenti anche le generazioni future, perché‚ tutti siamo legati da un rapporto di amore.

 

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