Mi ha telefonato una carissima amica, anziana. Voleva raccontarmi un sogno che aveva avuto. Si trovava in cima ad una
scala ripida e buia, con gradini piccoli. “Come faccio a scendere? – si domandava
– è troppo difficile per me, troppo pericoloso, non posso farcela”. Ecco allora una mano che prende la sua, una stretta forte che le dà sicurezza.
Riesce così a scendere senza difficoltà fino all’ultimo gradino. A quel punto
si volge indietro e vede me: era mia la mano che l’aveva sorretta e
accompagnata nel suo cammino.
Gli psichiatri hanno pane per i loro denti.
Alla mia amica quel sogno ha semplicemente
lasciato una grande gioia… e anche a me. Mi ha ricordato che il viaggio che ci
porterà in Cielo dobbiamo percorrerlo insieme: è questo che ci dà certezza
della meta.
Un sogno simile l’aveva avuto Pacomio. La
Vita copta racconta che poco prima di morire l’abate vide la grotta
oscura e tenebrosa. «Guardò ancora e vide che tutti i monaci della
congregazione, procedevano l’uno dietro l’altro, tenendosi stretti per il timore
di perdersi, a causa della profonda oscurità. Quelli che aprivano la marcia,
avevano, per rischiararsi, la piccola luce di una lampada; solo quattro
fratelli la vedevano, mentre gli altri non vedevano assolutamente nulla.
Pacomio guardava il loro modo di procedere: chi smetteva di stare accanto a
colui che lo precedeva, si perdeva nell’oscurità, insieme con quelli che lo
seguivano». Allora Pacomio chiamò per nome uno per uno i fratelli prima che si
staccasse dagli altri e gli gridò: «Tieniti attaccato a chi ti precede, per non
perderti!».
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