martedì 10 marzo 2020

Quando sant'Eugenio stava in mezzo ai giovani



Con la Pasqua aveva terminato di predicare in provenzale la Quaresima ai poveri di Aix, nella chiesa della Madeleine. Pochi giorni dopo, il 25 aprile 1813, prima domenica dopo Pasqua, Eugenio de Mazenod pone le fondamenta di una Associazione della Gioventù cristiana. Sono soltanto con sette giovani. Alla fine dell’anno sono 25, circa sessanta nel 1814, 120 nel 1815, 200 nel 1816 e 300 alla fine del 1817.
Vi fanno parte giovani dai 10 ai 16 anni, di tutte le classi sociali. Per evitare il sospetto della polizia napoleonica, l’associazione si presenta come un semplice gruppo ricreativo e cambia spesso i luoghi di incontro.
Le prime volte si riuniscono nel seminario di Aix, poi nella casa della mamma di Eugenio, nel giardino e nella casa delle Signorine Mille sul Corso, nella villa di campagna della nonna…
Nel 1813 de Mazenod redasse per loro un regolamento e il 21 novembre 1814, giorno nel quale nella diocesi di Aix si celebrava la festa dell’Immacolata Concezione, l’Associazione della gioventù fu stabilita ufficialmente con un rescritto ricevuto da papa Pio VII. L’anno successivo, sempre in quello stesso giorno, venne inaugurato il coro dell’antica cappella delle Carmelitane, che divenne il luogo di riunione e di preghiera per i giovani, prima di esserlo per i futuri missionari.
Successivamente missionari, postulanti e novizi si incontrano con i giovani nella stessa casa, specialmente il giovedì e la domenica. Questo spiega perché una ventina di giovani entrano come postulanti o novizi presso i Missionari della Provenza.

Le norme di vita vengono composte gradualmente e, nel 1816, sono completate col nome di Costituzioni. Esse comprendono ben 544 articoli. Lo scopo dell’Associazione era duplice: contribuire a porre rimedio - «con l’esempio, i consigli e le preghiere» - alla situazione critica del cristianesimo del tempo, e «lavorare molto efficacemente alla santificazione» dei suoi membri» (art. 1). Tre gli ambiti di attività: il gioco e la festa («Si correrà, si salterà, si canterà; in una parola ci si divertirà finché si potrà, intimamente convinti che più ci si sarà divertiti, meglio sarà…»), l’impegno nello studio e nel lavoro, la preghiera. Riguardo alla preghiera: «deve essere ritenuta come l’anima e la salvaguardia del cristianesimo e della pietà… Non deve essere passeggera e momentanea… ma continua… con un pensiero di fede diretto frequentemente verso Dio, per attirare la sua grazia nella nostra anima».
Il modello di questo gruppo è la prima comunità cristiana di Gerusalemme: «Essi si ricorderanno che sono chiamati a perpetuare gli esempi che i primi cristiani donavano al mondo… Si tratteranno reciprocamente come fratelli, a imitazione dei primi cristiani, dei quali si dovranno sforzare di riprodurre gli esempi». Concretamente questo implica l’aiutarsi reciprocamente nelle varie situazioni o circostanze nelle quali i giovani potevano trovarsi, come la malattia, la povertà…

Ad un suo amico sant’Eugenio scrive: “Sembra che i giovani non possano vivere senza di me. Tocco con mano il bene immenso che il Signore compie attraverso di me. Quasi tutti i giovani sono cambiati in modo impressionante. Quasi non si riconoscono. Al punto che tutti i genitori della città vorrebbero affidarmi i loro figli”.
Eloquente, al riguardo, la testimonianza di un contemporaneo: “Appena spuntava, tutti gli si precipitavano incontro e chi gli saltava al collo, chi lo prendeva per la cintura, chi gli baciava la mano, chi gli baciava la veste... E lui restava calmo e contento, li accarezzava, mostrava tutto il suo amore per loro, proprio come un padre con i figli. Accoglieva con uguale cordialità e affetto fraterno il figlio di un calzolaio come quello di un deputato”.

Oggi ho avuto modo di riprendere tra mano i preziosi manoscritti di allora, a cominciare dal diario dell’Associazione tenuto con cura da sant’Eugenio, le catechesi che teneva ai giovani, le firme che ognuno che entrava a far parte dell’Associazione apponeva alla dichiarazione di appartenenza… Un mondo di carte antiche, che parlano ancora.

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