lunedì 2 marzo 2020

Fragili? Niente paura



“Le fragilità dell'uomo e del mondo: uno sguardo alle sfide della missione”.
È il titolo del convegno invernale delle COMI che si è tenuto a Roma, sul Celio.
Tre giorni di profonda gioia vissuti senza paura di scoprire le fragilità di ciascuno, dell’Istituto, quasi in riflesso o meglio una partecipazione alle fragilità che vive la Chiesa e l’intera società. Parlarne insieme, condividerle, portare i pesi gli uni degli altri, dà fiducia.
Gli interventi e le testimonianze si sono succeduti con naturalezza contribuendo a creare il clima di famiglia.
Tra l’altro abbiamo guardato anche alle debolezze di sant’Eugenio, alla sua passionalità, al desiderio spesso disatteso di essere contraccambiato nell’amore, che egli distribuiva a piene mani. Quante delusioni si è dovuto vivere. “Nella mia illusione – scrive ad esempio –, mi sembrava che, ad imitazione di Dio, avrei potuto amare tutti gli uomini senza che ce ne fosse uno solo che non mi restituisse l’affetto che avevo donato a lui”.

E poi quante umiliazioni con quel suo caratteraccio che gli faceva fare delle epiche sfuriate. Comunque passavano presto. Tante volte bastava che padre Tempier gli dicesse: “E poi?”, perché tutto si calmasse.
Giraud, uno storico della diocesi di Marsiglia descrive in maniera eccellente la sua personalità: “Intransigente di fronte alle opposizioni, era disarmato dalla docilità [...]. La sua umiltà era magnifica. Quando si accorgeva che il carattere impetuoso gli aveva fatto colmare la misura, o che, pur avendo ragione, lo aveva manifestato con rigore eccessivo, ritornava sui suoi passi con rettitudine disarmante. È stato visto più volte, dopo aver rimproverato pubblicamente un parroco, inginocchiarsi davanti a lui, chiedendogli di esser confessato, e ricevere così il perdono sacramentale dallo stesso uomo che aveva umiliato”.
Chi non ricorda, al riguardo, la sfuriata che racconta uno dei suoi più fedeli e amati discepoli, Timon-David: “Avevo il cuore gonfio e andai a trovarlo nella casa di campagna dove stava riposando. Nessuno alla porta, nessuno nell’anticamera. Sentendo ch’era dentro feci per ritirarmi, ma lui pure mi aveva sentito. “Chi è?”, grida con voce grossa. “Son io, Monsignore”. “Chi ti ha detto ch’ero qui? Un vescovo non può dunque avere un minuto di requie?”. “Scusi. Monsignore, mi ritiro”, risposi tutto tremante. “No, una volta che sei qui, aspettami nell’anticamera”. Un momento dopo sento un formidabile: “Avanti!”. Entro e gli spiego balbettando il mio affare. Man mano che parlo m’accorgo che il cielo si rischiara: ritorna buono, poi affettuoso, poi tenero, poi materno. “Ma, figliuolo mio, perché non vieni a confidarti, quando hai qualche angustia? Non sono tuo padre?”. E mentre mi abbracciava, sentivo scorrere le sue lagrime sulle mie guance. Non ho conosciuto chi esercitasse una seduzione pari alla sua”.


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