giovedì 11 giugno 2015

Desiderio e appagamento



Davide voleva preparare una casa per il suo Dio.
Fu invece Dio a preparare una casa (un “casato”) a Davide.
Ogni volta che apa Pafnunzio ripeteva questo racconto ero sempre colpito dalla sovrabbondante grazia di Dio e dalla sua generosità. La promessa era scritta nel libro di Samuele, ma tornava con frequenza sulle sue labbra perché era stata ripresa dal Salmo: “Stabilirò per sempre la tua discendenza, ti darò un trono che duri nei secoli”.
Anche quella mattina intonò il canto dell’amore, della grazia, della fedeltà di Dio:
“Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto: ‘La mia grazia rimane per sempre’;
la tua fedeltà è fondata nei cieli”.
Non erano più le parole piene di gratitudine di Davide, erano le parole di apa Pafnunzio, che si sentiva amato, prediletto, prescelto dal suo onnipotente Iddio.
Diversamente dal solito questa volta l’apa tornò a pensare a Davide e al suo desiderio di costruire una casa a Dio. È vero che non poté costruirla perché sarebbe stato Dio a costruita a lui. Ma Dio avrebbe mai costruito una casa a Davide se Davide non gli avesse manifestato il desiderio di innalzargli un tempio?
Valeva infinitamente di più la magnanimità del Signore dell’umile e terreno desiderio di Davide, ma senza il desiderio di Davide non ci sarebbe stata la promessa del Signore.
Non aveva mai pensato, apa Pafnunzio, che per accogliere la grazia del Signore ci fosse bisogno del desiderio. Dio dà, ma in risposta. Dove sarebbe altrimenti la libertà dell’uomo.
Anche piccolo, anche meschino, ma il desiderio deve sgorgare dal cuore, per aprire il cuore. E poi l’appagamento.
Il desiderio di Apa Pafnunzio si accese come una fiammella debole e fu investito da un turbine di fuoco.


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