martedì 27 gennaio 2015

San Giorgio Canavese: un modo diverso di essere missionari


Sono tornato a San Giorgio Canavese per incontrare un amico, un grande missionario dell’America Latina oggi paralizzato e bloccato su una carrozzina. Lui che ha annunciato il Vangelo a tanti, oggi non può più parlare, né scrivere, né leggere… Continua la sua missione in un altro modo, forse più prezioso ed efficace di prima: chi conosce i disegni di Dio? Con lui ho trovato altri fratelli anziani e ammalati che, dopo una vita spesa sulla breccia, sono ora a riposo. Una testimonianza di fraternità, di preghiera e di gioia. La prima lettura della liturgia di oggi, tratta dalla Lettera agli Ebrei, ha affermato che la nostra salvezza è avvenuta grazie al Sì che Gesù ha detto a quanto il Padre gli chiedeva. La grande opera della salvezza è legata al sì alla volontà di Dio; è la strada percorsa da Gesù, è la strada che siamo chiamati a percorrere anche noi.

Sarei voluto andare a san Giorgio per i cento anno della presenza degli Oblati, appena celebrati, ma non mi era stato possibile: meglio tardi che mai! Gli Oblati giunsero in questa casa nel 1913, portando gli studenti di teologia che girovagavano per l’Europa dopo l’espulsione dalla Francia. In questi cento anni da qui sono partiti centinaia di missionari per il mondo intero. Anch’io vi ho studiato per quattro anni. Un luogo familiare… eppure le montagne innevate dell’arco alpino che abbracciano il Canavese non mi sono mai sembrate così vicine come oggi: ammantate di neve, limpidissime, un’opera d’arte di Dio!


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