“Allora sorse Elia profeta, come un fuoco;
la sua parola bruciava come fiaccola” (Siracide 48, 1).
Il nostro viaggio in Terra Santa inizia sul Monte Carmelo, dove Elia fece trucidare 450 sacerdoti del dio Baal per affermare l’unicità di JHWH, il Dio d’Israele. Un appello, anche per noi, ad una scelta seria di Dio.
Ma il bene non si impone con la forza. Dio sa difendersi da solo, ha i suoi tempi e impiega la forza della misericordia e del perdono. Ed ecco allora Elia in pellegrinaggio all’Oreb, dove Dio si era manifestato per la prima volta a Mosè e al suo popolo. Là Dio lo attendeva per manifestarsi non nel vento, nel terremoto e nel fuoco – i segni classici della teofania – ma in modo nuovo, in una brezza leggera. Sì, Dio si era già manifestato a Mosè, e proprio nel terremoto e nel fuoco, eppure egli è sempre nuovo, imprevisto. Ognuno è chiamato ad una conoscenza personale di Dio, ad incontrarsi con lui a tu per tu, in una esperienza unica, irrepetibile.
Elia peregrinò fino all’Oreb, attraverso il deserto, alla riscoperta di Dio, per ritrovare le origini e la freschezza della fede. Noi, lettori di “Città Nuova”, siamo in pellegrinaggio in Terra Santa per ritrovare le nostre origini cristiane, per riscoprire le tracce di Gesù, i suoi luoghi, le strade che lo hanno visto camminare tra noi. Lo conosciamo già, si è già manifestato a noi come alle generazioni passate, ma può manifestarsi ancora in modo nuovo, come fece con Elia. Vorremmo incontrarlo personalmente, nella sua terra, così come egli vorrà manifestarsi a noi.
Siamo 74, da tutta Italia, da Palermo ad Aosta, partiti con due voli distinti, da Roma e da Milano. Per tanti è la realizzazione del sogno di una vita.
L’atterraggio a Tel Aviv registra la prima emozione. Non è qui che sorgeva Lidda dove Pietro risuscitò Thabità “che aveva compiuto tante opere buone e fatto molte elemosine”? Non è qui, a Giaffa, che Pietro ebbe la visione che gli consentirà di aprire il cristianesimo al di là dei confini del popolo ebraico? Se oggi noi siamo nella Chiesa è grazie a quella visione di Pietro a Giaffa.
Da Tel Aviv, la “città che si diverte”, la traversata di quasi tutta Israele, fino a Haifa, la “città che lavora”, e da lì sul Carmelo che domina la città, in attesa di giungere a Gerusalemme, la “città che prega”.
Lasciamo la grotta di Elia, su cui è costruito il santuario di Maria Stella Maris, mentre il sole tramonta dietro il monte Carmelo punteggiando il cielo di nuvolette dorate, antico ricordo di quelle invocate dal Profeta.Testo e contesto
Il nostro viaggio inizia proprio all’indomani del viaggio del papa a Cipro. Senza mezze parole Benedetto XVI ha messo il mondo di fronte alla reale possibilità di un “bagno di sangue” se non si intraprendono serie trattative per la pace. «Il mediterraneo orientale – a detto nell’omelia allo stadio a Nicosia – non è estraneo al conflitto e allo spargimento di sangue, come abbiamo tragicamente visto negli ultimi giorni». Il riferimento al blitz israeliano contro la neve dei pacifisti diretta a Gaza è evidente, così come all’assassinio di mons. Luigi Padovese. Il monito è rivolto anche alle persone religiose: «Abbattere le barriere tra noi e i nostri vicini è premessa per entrare nella vita divina alla quale siamo chiamati». Col nostro pellegrinaggio entriamo nell’occhio del ciclone.
In questi giorni in Israele sono in visita anche 40 ragazzi di due scuole superiori della provincia di Latina, vincitori del concorso “Il percorso dei giusti”, accompagnati da Renata Polverini, presidente della Regione Lazio e da Riccardo Di segni, rabbino capo e presidente della Comunità Ebraica di Roma. Se il dialogo e la mutua comprensione cominciano dalle scuole c’è speranza!
Personal box
Il viaggio si preannuncia “gratificante” per me. Quasi tutti i partecipanti al pellegrinaggio sono di “una certa età” (anch’io sono ormai di una certa età, ma quella dei compagni di viaggio è un’età più “certa”) e quando hanno saputo che sono p. Fabio hanno tirato un sospiro di sollievo: mi conoscono attraverso Città Nuova, i libri, gli incontri al Centro Mariapoli… insomma sembra che dia sicurezza!
La prima volta venni in Terra Santa 13 anni fa. Non avevo mai voluto visitarla prima, rifiutando inviti ed offerte. Perché, mi ripetevo, andare alla ricerca di un Gesù che non c’è più, lui che ora è vivo e ovunque presente? Venni per un semplice atto d’amore: accompagnare i miei genitori pellegrini in Terra Santa per il 50° del loro matrimonio. Per un dono così piccolo ricevetti il centuplo.
«Tutto mi parla – scrissi allora –, da Nazaret al Tabor, da Gerusalemme a Gerico. Tocco il Dio fatto carne. Non l’Assoluto incomunicabile, non l’Ente inaccessibile, non il mistico Uno, non il Motore immoto, ma un Dio capace di percorrere le nostre strade, di condividere la nostra debolezza e fragilità, di stancarsi e di aver sete e fame, di addolorarsi e di piangere, di provare turbamento e commozione: un Dio dal cuore di carne. Ha condiviso in tutto la mia vita. Perché non posso condividere la sua?»
Caro p.Fabio,
RispondiEliminami hai fatto rivivere la visita in Terra Santa fatta un paio di anni fa, visita non voluta, né programmata… ma nella quale ci siamo trovati, quasi che Qualcuno ci spingesse, appianandoci ogni difficoltà…
Ogni volta che ci penso o che leggo un brano del Vangelo, mi ritrovo in quei luoghi dove hanno preso "corpo" quelle parole, che per noi (e non solo) sono "vita".
E' fare esperienza di questa "umanizzazione" di Dio… E' più facile non sentirlo lontano… ma uno di noi… e quindi con Lui!
Grazie e buona "visita"!
Gigi
Grazie perchè anch'io ho il sogno di un viaggio come il vostro: non so se per me sarà mai possibile realizzarlo, ma intanto mi sento lì con voi, e vi accompagno spiritualmente.....!
RispondiEliminaUn abbraccio a Marta Chierico che ho visto nelle foto...