I giorni passati a Subiaco
con la Scuola Abbà mi hanno riportato indietro nel tempo, quando eravamo
insieme a Chiara Lubich. Il 18 agosto 1998, in Svizzera, diedi una testimonianza
a un folto gruppo di studiosi, quelli che allora si chiamava la “Scuola Abbà
allargata”, ossia le persone che offrivano le loro riflessioni a partire dalle
differenti discipline che essi rappresentavano. Eccone una parte:
La Scuola Abbà,
strutturalmente, non è un luogo accademico, come lo si intende oggi, ma
piuttosto un ambito di vita. Essa non somiglia tanto alle nostre università,
quanto alle scuole filosofiche dell’antichità, o meglio alla scuola che Gesù ha
tenuto con i suoi discepoli. La scuola di Gesù non era fatta soltanto di
insegnamenti orali, ma di convivenza con lui. Stando insieme egli coglieva ogni
occasione per “fare scuola”: additava la vedova che gettava nel tesoro tutto
quanto aveva per vivere, scuoteva il fico senza frutti, prendeva spunto dal
comportamento dei discepoli e dalle loro discussioni… Parlava anche il suo modo
di pregare, di accostare le persone. Poi, dopo aver parlato alle folle, si
prendeva in disparte i discepoli e a loro parlava apertamente.
Così è la Scuola Abbà:
una convivenza con Chiara dove tutto parla: le esperienze personali di cui ci
rende participi, gli aggiornamenti, l’unità sempre rinnovata, la ricreazione,
la preghiera, i rapporti tra di noi. Naturalmente lo studio riveste un ruolo
particolare, ma esso è integrato in un tutto vitale: il focolare con Chiara che
si colora di sapienza.
Dopo alcuni mesi che
eravamo insieme potevo scrivere: “Da quando sono stato chiamato alla Scuola
Abbà, mi pare che qualcosa stia cambiando dentro di me. Non so se ancora a
livello di pensiero, perché non ho avuto la possibilità di misurarmi. Ma certo
a livello di vita. Viene subito da vivere quello che Chiara ci dona. A volte,
devo dire la verità, la novità di certe affermazione di Chiara e la vastità
degli orizzonti e delle implicanze, mi fanno quasi paura. Capisco Klaus che si
metteva in ginocchio e diceva: credo! Mi sento così piccolo davanti
all’immensità di Dio... Eppure, grazie a Chiara, nella scuola Abbà mi sento a
casa”.
Alla fine di quel primo anno, a giugno, subito dopo aver terminato l’ultima lezione della scuola Abbà, in un attimo ebbi come l’impressione di comprendere il senso, lo scopo della mia vita: la Scuola Abbà.
Il 2 ottobre [1995], quando ricominciammo gli incontri, mi parve che Chiara me ne desse la conferma. Mi disse che nella Scuola Abbà avrei dovuto studiare le spiritualità e che ne avrei avuto per tutti i secoli dei secoli! Era lei che mi dava questa vocazione. A quel punto non potevo più guardare al mio nulla - i miei limiti intellettuali, di preparazione teologica e di vita ideale (...).
Parole impegnative con le quale mi compromettevo! Adesso la Scuola Abbà è
a un momento di svolta, soprattutto con l’avanzare dei nuovi membri più giovani. Forse da parte mia, veterano, è tempo di farsi da parte. Eppure la “missione” affidatami non ha termine. “Semel
abbas semper abbas”, si diceva una volta dell’abate di un monastero. Parafrasando
(e la parola “abbas” facilita), potremmo dire che una volta che uno è entrato
nella Scuola Abbà vi rimane per sempre, al di là delle modalità…