venerdì 24 ottobre 2025

Quante le chiamate nella nostra vita?

Oggi abbiamo meditato sulla chiamata di Zaccheo.

Quante sono le chiamate nella nostra vita?

Penso a Pietro. La sua prima chiamata è stata quando Andrea lo porta da Gesù, che gli dà un nome nuovo. Una seconda sul lago; i vangeli la narrano in due maniere diverse. Una terza quando risponde alla domanda di Gesù su che egli sia. Una quarta quando si mette davanti al Maestro e vuole indicargli la strada; Gesù lo rimette al suo posto, in posizione di seguirlo. Una quinta quando Gesù lo guarda nel cortile del sommo sacerdote, dopo che egli lo ha rinnegato tre volte. Una sesta sul lago, quando il Risorto di nuovo gli ripete, come la prima volta, “Tu, seguimi”. Forse nei Vangeli se possono scorgere altre. Ci sono due nuove chiamate negli Atti degli apostoli. Per non parlare della tradizione che lo vede a Roma quando, davanti alla persecuzione, abbandona la città e Gesù gli passa accanto, camminando in senso contrario. “Maestro, dove vai?”. Quo vadis? “Vado a morire a Roma” e tacitamente lo chiama ancora una volta a seguirlo.

Quante sono le chiamate nella nostra vita?

Sono sempre nuove, e ogni volta chiedono risposte nuove, sempre coraggiose, in una perseveranza fino alla fine.

Fino a quando giungerà l’ultima chiamata: “Vieni e seguimi”. Quella che ci introdurrà in paradiso.

giovedì 23 ottobre 2025

Provenza profonda

Da lunedì siamo tra le montagne del Vaucluse. Partiti da Aix attraversiamo il parco del Luberon fino a Notre Dame de Lumières. Poi Gordes, l’abbazia di Sénanque, le gole del Verdon, Venacque, e finalmente St-Denis. 

Montagne e colline, boschi e vigneti, oliveti e querce e pini e rocce. Paesaggi d’incanto, nella Provenza più bella. Con i colori dell’autunno.


St-Denis: un paesetto tutto di pietra, come tutti i paesi d’intorno.


A pochi passi La Sainte-Garde, un grande complesso che risale al 1600, passato per mille usa e oggi centro di studio, di formazione, di ritiro, tenuto dall’Istituto Notre-Dame de Vie. C’è anche un istituto teologico affiliato al Teresianum di Roma.

Notre-Dame de Vie, una comunità di ispirazione carmelitana che ha ormai circa 700 membri ed è diffusa in una ventina di Paesi. Sorta qui nel 1932, nel 1947 è diventata istituto secolare.





Il nostro gruppo “Esperienza de Mazenod” ha qui iniziato i 15 giorni di esercizi spirituali…

Siamo circondati da una natura stupenda e da paesetti d’altri tempi. Un vero dono di Dio.

mercoledì 22 ottobre 2025

Il "genio" femminile e il carisma oblato

Domenica abbiamo avuto tra noi Ileana Chinnici, presidente delle COMI. Essendo lei un’astronoma, ho potuto presentarla richiamando il sistema tolemaico, che vedeva sole e pianeti ruotare attorno alla terra, e sistema copernicano, che vede il sole al centro. In analogia con primo sistema a volte si pensa che gli Oblati siano al centro e attorno a loro ruotino i laici e gli istituti nati da essi. Nel secondo caso al centro c’è il carisma e tutti ruotiamo attorno ad esso, anche gli Oblati, attuandolo ognuno secondo la sua vocazione. Abbiamo quindi chiesto a Ileana come le COMI attuano il carisma oblato. Eccone una sintesi:

Penso che, essendo donne, laiche e consacrate, condividendo il carisma oblato, abbiamo dei campi preferenziali di missione. Ad esempio, siamo immersi in almeno due contesti: il mondo femminile e il mondo del lavoro. In questi contesti, possiamo rendere vivo oggi Sant'Eugenio. Nella sua famosa omelia nella chiesa della Madeleine del 1813, egli si rivolse alle classi sociali più basse, descrivendone le condizioni, aiutandole a prendere coscienza di chi sono di fronte a Dio e di fronte al mondo.

Noi donne potremmo parafrasare così le sue parole:

Donne, chi siete voi agli occhi del mondo? Una classe di persone commercializzate, valutate solo per il sesso, esposte spesso anche a maltrattamenti per mano di partner esigenti e talvolta crudeli che pensano di aver comprato il diritto di trattarti con umiliazione e violenza con il meschino amore che ti danno. Sete valutate per l’aspetto, il tuo corpo: se siete attraenti e sessualmente facile, potete sperare di fare carriera o di guadagnare soldi, altrimenti dovete accettare lavori poco gratificanti e mal pagati. Questo è ciò che pensa il mondo.

E voi, precari, occasionali, chi siete voi agli occhi del mondo? Una classe di persone senza protezione, fannulloni incapaci di salire di grado, che scroccano i loro genitori. Non avete il diritto di avere un futuro, siete condannati a non avere prospettive. Nessuno si preoccupa di assicurarvi un posto, sete costretti ad andare all'estero per cercare lavoro.

Quindi  tocca a noi dire , con Sant'Eugenio:

Vieni ora e impara da noi ciò che sei agli occhi della fede. Donne, donne sfruttate, voi tutte che siete private di dignità, sorelle mie, sorelle care, sorelle rispettate, ascoltatemi. Voi siete le figlie predilette di Dio, le sue meravigliose cooperatrici nella difesa della vita, nella promozione dell'umanità, nella cura delle sue creature, nella diffusione della sua tenerezza, nel mostrare la sua bellezza e il suo amore materno.

E voi, fratelli e sorelle che cercate un lavoro, voi che siete stati licenziati, lavoratori in cassa integrazione, amici disperati e scoraggiati, siete figli amati di Dio, siete persone preziose, siete preziose agli occhi di Dio, Lui vi ha dato talenti e tante capacità umane, avete competenze, avete la dignità più alta. Dio solo era degno della tua anima. Solo Dio potrebbe soddisfare il tuo cuore.

In altre parole, noi, laiche che condividiamo il carisma oblato, siamo chiamate ad annunciare l'alta dignità della persona umana in ogni situazione, non predicando (come gli Oblati), ma condividendo le condizioni di coloro ai quali siamo inviate, consapevoli che Gesù Cristo, il grande Missionario, ha fatto lo stesso con l'umanità.

Il mondo femminile e il mondo del lavoro sono due contesti che l'azione missionaria degli Oblati non può raggiungere direttamente. Ce ne sono molti altri: famiglie distrutte, persone malate... Spesso abbiamo questo tipo di problemi tra i nostri parenti, i nostri amici, i nostri colleghi. A volte siamo chiamati a sostenere, a confortare, ad assistere queste persone, stando accanto a loro, aiutandole a prendere coscienza della loro dignità: chi sei tu agli occhi del mondo? Chi sei tu agli occhi della fede? Sant'Eugenio ci chiama ad andare lì, ad allargare il raggio d'azione dell'azione missionaria degli Oblati, essendo presenza più che annuncio.

Questo ci porta ad introdurre il secondo tratto distintivo comune: la Vergine Maria. Le donne che condividono il carisma oblate hanno Maria Immacolata come modello per la loro missione. Esse esprimono la presenza di Maria Immacolata, il suo cuore pieno di misericordia e di tenerezza, il suo amore materno.

Le donne che vivono il carisma degli Oblati hanno la missione più alta di essere il volto di Maria Immacolata. Possono anche cooperare in modo significativo con gli Oblati nella loro azione missionaria, conservando e facendo crescere i frutti della loro missione, sul modello della Vergine Maria tra gli Apostoli. Il suo amore guidi i nostri passi al servizio della Chiesa e alla reciprocità e all'"unità dei due" voluta da Dio nel suo disegno originario per la vera realizzazione dell'uomo.

martedì 21 ottobre 2025

Preghiera di una foglia che muore

L'acero, qua fuori della mia finestra, sta lasciando cadere le foglie. Ai suoi piedi ne ha un manto. Ogni foglia che cade dice:

Io sono fragile, Lui è resistente.
Io sono debole, Lui è forte.
Io passo, Lui rimane.
Io muoio, Lui vive.
Io sono contingente, Lui è stabile.
Lui mi rende forte e resistente, stabile.
Lui mi fa vivere e rimanere.
Io nulla, in Lui Tutto, sono tutto.

Ho scritto questa “preghiera” questa mattina, e poco dopo mi imbatto in questi due testi di sant’Eugenio:

Tutto ciò che esiste è fatto per portare l'uomo a Dio, e il Creatore diede occhi all'uomo, affinché ammirando un'opera così bella, glorificasse il sublime Architetto. Interprete della natura muta, ricevette una lingua per cantare le lodi del Creatore, per benedirlo in suo nome e in nome di ciò che non ha voce. Il cantico dei tre giovani fanciulli Ebrei nella fornace ci insegna che deve essere così; e l'uomo deve rendere al Creatore l'omaggio che la formica e il verme non mancherebbero di rendergli, se, come lui, avessero ricevuto ciò che è necessario per rendere questo dovere indispensabile al Creatore.

C'è forse qualcosa di più gioioso dei campi, di più ricco della natura, soprattutto quando un'anima tanto religiosa quanto sensibile scopre lì, sotto ogni foglia e sull'ala di ogni atomo, il grande nome dell'Eterno? E il cristiano che va oltre, emerge da questa specie di rapimento per abbandonarsi a tutti i trasporti dell'amore e della gratitudine, pensando che questo Dio onnipotente che ha creato tutte queste meraviglie giocando, “ludens in orbe terrarum”, si è avvicinato all'uomo, all'uomo confuso e perso nella mera contemplazione della più piccola delle sue opere, per conversare con lui, per istruirlo, per dirigerlo, per unirsi a lui nell'intimità dell'amore più incomprensibile, per fonderlo in qualche modo nel suo essere e per portarlo via per condividere la sua gloria. Oh Dio! Oh Dio! e la maggior parte degli uomini vive senza pensarci…

lunedì 20 ottobre 2025

La preghiera per la guarigione del bambino

 

Sono 9 i membri della famiglia che, insieme, chiedono la grazia della guarigione per il bambino. Una volta ottenuta la grazia, nel 1667, fatto dipingere un ex voto alla "Madonna dell'Eterna luce".

È uno degli oltre 350 quadri ex voto custoditi nel santuario sorto nel 1661, su una cappella che ha origini nel IV secolo, a seguito della guarigione di un contadino del luogo. Gli ex voto sono poi continuati a venire, ma sotto forma di piccole targhe di marmo. I dipinti chiedono di essere guardati a uno a uno, tanto sono semplici e belli

L’Arcivescovo di Avignone, nella cui diocesi si trova il santuario, aveva conosciuto gli Oblati attraverso le missioni nella sua diocesi e tramite Padre Albini, di cui era stato compagno di studi al seminario maggiore di Nizza. Così propose al vescovo di Marsiglia, Eugenio de Mazenod, di acquistare la proprietà del santuario, con lo scopo della comunità era 1) la gestione del santuario, 2) l’evangelizzazione delle parrocchie della diocesi, sia con missioni che con ritiri spirituali, 3. dare ritiri spirituali ai sacerdoti, felici di andare a meditare per alcuni giorni in solitudine, all'ombra del santuario della Beata Vergine.

La presa di possesso ufficiale ebbe luogo il 2 giugno 1837, primo venerdì del mese e festa del Sacro Cuore. In seguito la casa divenne centro di formazione dei futuri missionari, giovani che da lì partiti per il mondo intero: almeno un centinaio.

Oggi siamo stati anche noi in pellegrinaggio a questo meraviglioso antico santuario.

Insieme abbiamo riletto quello che scrisse sant’Eugenio nel suo diario il giorno in cui prese possesso del santuario, insieme a Padre Tempier, e Padre Jean-Baptiste Honorat, nominato primo superiore della comunità . Tra l’altro scrive:

«Lumières, 2 giugno 1837.

Poiché oggi è la bella festa del Sacro Cuore di Gesù, non ho voluto lasciarla passare senza consacrargli la casa, la fondazione e la comunità che deve svolgere il servizio del santuario ed esercitare il santo ministero delle missioni nella diocesi. (…) P. Tempier, p. Honorat e io abbiamo indossato i nostri abiti corali e, soli in questa grande chiesa, avendo come testimoni solo il nostro custode Saverio Granguer e sua moglie, abbiamo esposto devotamente il SS. Sacramento (…). Ci siamo fermati una mezz’ora in orazione. Mi sembra che questi momenti sono stati preziosi. Eravamo proprio soli alla presenza del Divin Maestro, ma eravamo prostrati ai suoi piedi per mettere sotto la sua potente protezione le nostre persone, la nostra Società, il suo ministero, le sue opere, la casa di cui stavamo prendendo possesso; Gli abbiamo domandato di regnare su di noi, di essere nostro padre, nostra luce, nostro aiuto, nostro consiglio, nostro sostegno, nostro tutto. Abbiamo invocato le sue benedizioni su di noi e sulla nostra Congregazione (…) per tutte le meraviglie che il Signore opera attraverso i nostri, dai deboli inizi della nostra piccola famiglia fino ad oggi. Questa casa (…) è già la decima fondazione della nostra Congregazione».

Mi hanno colpito come parla di Gesù: nostro padre, nostra luce, nostro aiuto, nostro consiglio, nostro sostegno, nostro tutto.

domenica 19 ottobre 2025

50 anni fa Eugenio de Mazenod beato

19 ottobre 1975. Come oggi, 50 anni fa il 19 ottobre era domenica, la giornata mondiale delle missioni, Anno Santo.

Come oggi san Paolo VI proclamava beato Eugenio de Mazenod. Lo definì “Appassionato di Cristo e dedicato totalmente alla Chiesa”. Continuò invitando ad ascoltare il suo appello a lasciarsi invadere dallo Spirito di Pentecoste: “Questo Pastore e questo Fondatore, autentico testimone dello Spirito Santo (…), rivolge un richiamo fondamentale a tutti i battezzati, a tutti gli apostoli di oggi: lasciatevi invadere dal fuoco della Pentecoste e conoscerete l’entusiasmo missionario!”.

È bello rivivere questo centenario qui a Aix, dove sant’Eugenio è nato e dove è nata la sua opera dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Ed è bello riviverlo con Oblati di tutto il mondo, viva testimonianza della missionarietà degli Oblati.

sabato 18 ottobre 2025

L'anno santo a Aix

I nostri laici sono straordinari. Hanno organizzato la celebrazione dell’anno santo per le persone che frequentano la cappella degli Oblati, la chiesa della Missione.

Siamo partiti dalla porta della cattedrale ed abbiamo fatto tre momenti intensi di preghiera e di meditazione: prima al battistero, poi davanti alla cappella del roveto ardente e infine davanti all’altare della Madonna della speranza.

Un pomeriggio di profonda spiritualità.



venerdì 17 ottobre 2025

La bellezza della Famiglia oblata

 

La foto non mi è venuta molto bene perché ognuno dei quattro sembra essere per conto proprio. Invece questi quattro amici sono stati fantastici. Ci hanno raccontato come a Aix vive il gruppo dei laici della Famiglia oblata e ognuno di loro ha condiviso la propria esperienza: come ha conosciuto gli Oblati, come è entrato a fare parte della famiglia, come vivono la vita oblata.

Mi tornano alla mente le parole dell’Esortazione postsinodale Christifideles laici: «...gli stessi fedeli laici pos­sono e devono aiutare i sacerdoti e i religiosi nel loro cammino spirituale e pastorale» (n. 63). Se in altri tempi, come documenta la storia, sono stati soprattutto i religiosi a creare, nutrire spiritual­mente e dirigere forme aggregative di laici, oggi possono essere i laici a coinvolgere i religiosi e anche ad aiutarli nel loro cammino spirituale e pastorale. La comunione e la reciprocità nella Chiesa non sono mai a senso unico.

giovedì 16 ottobre 2025

La gioia di un padre per il figlio

A Marsiglia per seguire il cammino di sant’Eugenio. Abbiamo iniziato dalla chiesa di san Ferréol, sul porto. In una cappella c’è la tomba di famiglia, dal 1500, con tanto di stemma! Ultimo sepolto è il nonno di Eugenio

Nel mio romanzo sulla vocazione di sant’Eugenio mi immagino che appena sbarca a Marsiglia va subito sulla tomba di famiglia e promette agli antenati che rifarà grande il casato…

In questa stessa chiesa tornerò regolarmente anni dopo, per incontrare ogni mese il vecchio p. Magy per discernere con lui la propria vocazione. Deve proprio diventare prete? Alla fine p. Magy gli scrive: «Sono inutili ulteriori esami, la tua vocazione è luminosa come il sole in pieno meriggio nel giorno più sereno».

Vi tornò anni dopo con i suoi Missionari di Provenza per predicare la missione cittadina, nel 1820. Parlava ogni giorno alla gente nella chiesa, in provenzale, cominciando alle 6 del mattino, prima che iniziasse il lavoro. Gli ascoltatori erano gente semplice, marinai, pescatori, pescivendole… Alle 4 del mattino c’era la fila ad aspettare che aprissero la chiesa.

Di quella missione non ha lasciato niente di scritto perché troppo preso dalla gente: l’ascolto, le confessioni, le visite alle famiglie... Sappiamo però tanto sia dai giornali, sia soprattutto dalle lettere che il padre di Eugenio scriveva al fratello Fortunato che stava a Aix. Carlo Antonio de Mazenod era rientrato in Francia due anni prima, dopo ventisette anni di esilio in Italia. Si era fermato in un modesto appartamento a Marsiglia perché non poteva certo andare a Aix, dove non aveva più casa, la moglie si era divorziata e l’attendevano solo i creditori. Naturalmente durante quella memorabile missione non mancava di essere presente in chiesa a sentire suo figlio. Una volta, al termine della predica, la gente scoppiò in un applauso che non finiva più. Allora il povero vecchio non potette trattenersi e a una donna che aveva vicino disse tutto orgoglioso: “Quello è mio figlio!”. La donna lo abbracciò di slancio… Forse fu la sola consolazione di quegli ultimi difficili anni. Soltanto il fratello Fortunato, ogni mese, andava a trovarlo, nessun’altro della famiglia.

Poteva essere orgoglioso di quel figlio. Aveva seguito la processione finale della missione. Una grande croce, che dovette essere portata da 16 uomini tanto era pesante, iniziò la processione dalla chiesa sul porto e attraversò tutta la città parata a festa. Durò sei ore, fino a quando giunse di nuovo al porto dove la croce venne caricata su un barcone assieme alla banda musicale, attraversò il porto, e fu accolta dal vescovo dall’altra parte del porto e piantata alle Accoules.

Sono tornato a vedere la casa dove il presidente della corte dei conti di Aix (ormai aveva dimenticato da tempo quel titolo!) aveva il suo piccolo appartamento e dove è morto il 20 ottobre 1829, l’anno stesso che aveva seguito la missione.

«Che bella morte! – ricorderà anni dopo sant’Eugenio. Quanta pazienza, quanta rassegnazione, quanta devozione alla Beata Vergine, quanta pietà! Fui io ad amministrargli il sacramento dell'estrema unzione. Con quanta fede rispondeva a tutte le preghiere! Stavo adempiendo a un dovere molto doloroso per la mia natura, ma molto consolante su piano spirituale, esortandolo fino all'ultimo respiro. Quanto apprezzò tutto ciò che il buon Dio mi diede la forza di dirgli! "Abbi cura della mia povera anima, mio ​​buon figlio", mi disse. Quando non ne potevo più, uscivo un momento nel vestibolo per dare sfogo ai miei singhiozzi. Poi tornavo, sostenuto dalla grazia del mio santo ministero, per continuare le mie brevi ma continue esortazioni. Mai ho parlato a un morente con più unzione. Mi sembrava che con ogni parola elevassi mio padre a un grado di gloria nell'eternità. Godeva molto delle mie parole, o meglio dei sentimenti che il buon Dio mi ispirava. Conservò la conoscenza, fino al suo ultimo respiro. Mi aveva confidato che non aveva passato un solo giorno della vita senza invocare la Beata Vergine e che non aveva mai voluto leggere un libro contro la religione, eppure la sua giovinezza era stata tempestosa. Oh! santa fede, quale tesoro per un'anima che la custodisce!».

mercoledì 15 ottobre 2025

Quella dolce letterina alla regina Maria Amelia...

Gli abitanti di Marsiglia avevano accettato a malincuore la Rivoluzione di Luglio del 1830, che aveva portato sul trono di Francia Luigi Filippo. Per questo il re decise di privare la città della ferrovia e della stazione. Il vescovo de Mazenod sapeva quanto la ferrovia fosse importante, persino indispensabile, per lo sviluppo della città. Difese dunque la sua città e scrisse al re chiedendogli di cambiare opinione. Il re si rifiutò di tornare sulla sua decisione.

Allora il vescovo scrisse alla regina Maria Amelia, che conosceva da oltre 40 anni. Una bella lettera, cordiale, ricordando gli anni giovanili, quando insieme, a Palermo, passeggiavano per i giardini, prendevano il gelato… Una letterina disinteressata e gentile… Alla fine un post-scritto: Non potrebbe mettere una buona parola con suo marito per la questione della ferrovia a Marsiglia…?

Non si sa perché, ma il re cambiò idea. La ferrovia passò per Marsiglia e il municipio, in segno di gratitudine, invitò il vescovo Eugène de Mazenod a benedire la stazione e le prime dieci locomotive l'8 gennaio 1848. Poiché non esisteva alcuna preghiera per la benedizione delle locomotive, egli creò da zero un rituale per l'occasione e padre Lacordaire, che assistette alla cerimonia, espresse la sua ammirazione per la liturgia preparata dal prelato. (Per la verità non benedì proprio tutte le locomotive: saltò quella a cui avevano dato il nome di Lucifero. Il vescovo era buono e misericordioso, ma benedire Lucifero…).

Un aneddoto, un piccolo aneddoto in una storia meravigliosa che ci siamo raccontati oggi sul vescovo Eugenio de Mazenod, un vescovo che aveva a cuore gli interessi, non solo spirituali, della sua gente. In una città nella quale, durante il suo episcopato, la popolazione triplicò, egli seppe moltiplicare le opere sociali, come case per anziani, ospedali, scuole, casa popolari... prestando grande attenzione ad ogni questione che riguardasse il benessere materiale dei suoi diocesani e lo sviluppo industriale di Marsiglia, tempestando in mille modi il prefetto e il governo. Si dice che quando Eugenio morì, il prefetto esclamò: Finalmente, non se ne poteva più! (Intanto, durante il colera del 1837 sindaco e prefetto avevano abbandonato la città e il vescovo, per due mese, fu il solo a organizzare i soccorsi, fino a dispensare i monasteri dalla clausura papale - non ne aveva alcun diritto! – perché anche loro potessero ospitare i malati…)


martedì 14 ottobre 2025

Un giardino sempre magnifico

 

Intervista di Lorenzo Russo

Il Movimento dei Focolari e i religiosi, un legame che ha origine all’inizio della storia del Movimento: una fitta trama di relazioni fra Chiara Lubich – fondatrice dei Focolari – e consacrati di varie famiglie religiose. Una schiera di donne e uomini donati a Dio attraverso le più variegate spiritualità che hanno ispirato e affiancato Chiara nei primi anni del Movimento. Tutto questo viene raccontato nel libro dal titolo Un magnifico giardino. Chiara Lubich e i religiosi (1943-1960) a cura di Padre Fabio Ciardi ed Elena Del Nero.

Partiamo dal titolo: “Un magnifico giardino”. Ce lo potete spiegare?

Elena Del Nero: “L’immagine evocativa, usata da Chiara Lubich già nel 1950, si riferisce alla Chiesa, nella quale, nel tempo della storia, sono fioriti i diversi carismi. Ciascuno di essi è prezioso nella sua particolare bellezza, radicata nella parola evangelica che l’ha ispirato, eppure, insieme, compongono un’armonia di sfumature, che arricchisce e illumina la Chiesa”.

Il libro si compone di una ricostruzione storica e di una riflessione teologico-ecclesiale. Cosa comprendono?

Elena Del Nero: “La ricostruzione storica si concentra solo su due decenni, dalla nascita dei Focolari nel 1943 al 1960, perché si tratta di anni molto ricchi e densi di documenti e contenuti per il tema preso in esame. La lettura teologico-ecclesiale spazia invece in una dimensione temporale più estesa, dilatando lo sguardo fino alla lettura più recente del magistero. In questo modo, ci sembra, il panorama proposto risulta più ampio e accurato”.

La figura dei religiosi quindi c’è sempre stata nell’Opera di Maria, fin dalla sua nascita. Qual è il senso della presenza dei religiosi nel Movimento?

P. Fabio Ciardi: “Ravvivare l’unità nella Chiesa, in risposta alla preghiera di Gesù: ‘Che tutti siano uno’ (Gv 17,21), era l’ideale al quale Chiara Lubich si sentiva chiamata. Il suo Movimento continua questa grande missione di promuovere tra tutti la comunione e l’unità. Che unità sarebbe se mancassero i religiosi? Essi esprimono la ricchezza carismatica della Chiesa, tengono viva l’esperienza dei grandi santi. Chiara ha voluto coinvolgerli nella sua ‘divina avventura’, come ha voluto coinvolgere tutte le persone, di tutte le vocazioni”.

Che beneficio hanno avuto i religiosi e i loro ordini nel dialogo con Chiara Lubich e la spiritualità dell’unità dei Focolari?

P. Fabio Ciardi: “Fin dalle origini, religiosi di ordini diversi sono stati attratti dalla freschezza evangelica testimoniata da Chiara e dei primi membri del nascente Movimento, che li riportava alla radicalità della loro scelta: avvertivano un nuovo amore per la propria vocazione, la comprendevano in maniera più profonda, si sentivano coinvolti in una comunione che richiamava loro la prima comunità cristiana descritta negli Atti degli apostoli”.

Che effetto ha avuto su Chiara Lubich la vicinanza dei religiosi fin dall’inizio del Movimento?

P. Fabio Ciardi: “La loro presenza si è rivelata provvidenziale per Chiara, perché ha permesso di confrontarsi con le grandi spiritualità cristiane apparse lungo la storia; un confronto che l’ha aiutata a capire in maniera più profonda la sua stessa vocazione, arricchendola con la comunione dei santi. ‘Via via sembra – scrive pensando ai santi di cui i religiosi sono testimoni – si siano accostati alla nostra Opera per incoraggiarla, illuminarla, aiutarla’. Da una parte il rapporto con i santi conferma certi aspetti della vita dell’Opera di Maria. Dall’altra il confronto con la loro vita e le loro opere mostra tutta l’originalità di questa nuova contemporanea opera di Dio”.

La presenza dei religiosi nei Movimenti ecclesiali è fonte di arricchimento reciproco? O si rischia di creare caos e perdita di identità?

P. Fabio Ciardi: “Nessuna ingerenza nella vita delle famiglie religiose. Chiara Lubich ha scritto che si accosta ad esse ‘in punta di piedi’, nella consapevolezza che esse sono ‘opere di Dio’, e con quel profondo amore che fa scoprire in ognuna di esse ‘la bellezza e quel qualcosa di sempre attuale’ che custodiscono. Nello stesso tempo essa è consapevole di un contributo che è chiamata a svolgere: ‘Noi dobbiamo soltanto far circolare fra i diversi Ordini l’Amore. Si devono comprendere, capire, amare come Si amano [tra di loro] le Persone della Trinità. Fra essi c’è come rapporto lo Spirito Santo che li lega, perché ognuno è espressione di Dio, di Spirito Santo’. È in questa circolazione della carità che ogni religioso approfondisce la propria identità e può dare un suo contributo specifico all’unità”.

In conclusione, perché leggere questo libro? A chi raccomandarlo?

“Perché racconta una pagina di storia meravigliosa che fa comprendere la bellezza della Chiesa. Non è un libro per soli religiosi. È un libro per chi vuol scoprire una Chiesa tutta carismatica”.

 

lunedì 13 ottobre 2025

Piccola sorella Maddalena ad Aix

Suor Paola Francesca, postulatrice della Piccola sorella Maddalena, ha allestito, nella casa di Aix, uno “Spazio memoria” dedicato alla fondatrice delle Piccole sorelle di Gesù. L’inaugurazione avverrà il 13 novembre, ma oggi ho avuto l’opportunità di una prima personale!

Che meraviglia! Sia per l’allestimento, sobrio e fine, sia soprattutto per la figura straordinaria di Piccola sorella Maddalena che risplende in tutta la sua bellezza.

Dovrei pubblicare le tante foto che go fatto alla mostra, perché possa continuare a parlarmi...

Ha vissuto a Aix dal 1914 al 1928, un periodo tragico per la guerra e per la morte di due fratelli, la sorella, il padre… fino a lasciarla sola con la mamma.

Aix, anni più tardi, è poi stata la culla della sua opera, grazie anche all’appoggio del vescovo della città. A lui scriveva nel 1940:

«Per favore, mi dia una casa per le mie future novizie. Me la dia ad Aix-en-Provence, che amo tanto, perché lì ho lavorato duramente e sofferto molto. Conosco le pietre di ogni sua strada. Me la dia a qualche chilometro dalla città, non troppo lontano. Vorrei abituare le Piccole Sorelle alla dura vita di campagna. Avranno un vecchio carro e un mulo per fare le commissioni... In solitudine, per prepararle al silenzio del deserto e soprattutto non su un percorso di tram o di pullman... Con tanti alberi e tanto verde, per riposare gli occhi bruciati dal calore del sole del Sahara... Con i campi, affinché le Piccole Sorelle possano guadagnarsi da vivere lavorando la terra. Non troppo ricco, perché non sarebbe adatto alle Piccole Sorelle di Fratel Carlo di Gesù, ma nemmeno troppo vecchio, per non dover fare subito grandi riparazioni. Sono troppo esigente, Signore... ma Tu hai detto: "Se avete fede quanto un granello di senape, sposterete le montagne”. Quindi vengo a Lei con una fede che potrebbe smuovere tutte le montagne della terra...».
C’era una casa che faceva proprio al caso, quella abitata dagli Oblati che volevano fondarvi uno juniorato agricolo... Passò alle giovani suore.

La prima stanza dell’esposizione è dedicata all’incontro tra Suor Maddalena e Mons. Provenchères: ci sono ancora i mobili del giorno del loro primo incontro. 

Lungo la scala che porta al primo piano le foto di lei da giovane. 

Poi la storia della sua vocazione e dello sviluppo della sua opera, fino alla sua ultima visita a Aix, poco prima di patire. 

Il percorso termine nella stanzetta nella quale abitava…





Poche foto, poche didascalie… quanto basta per cogliere il grande dono di Dio.



domenica 12 ottobre 2025

Alla porta del Paradiso

 

Sabato 11 ottobre. È ancora notte, illuminata dalla luna. Mi incammino nel sentiero nel bosco che costeggia l’isola, lungo il mare. All’orizzonte un tenue linea dorata annuncia l’aurora. Nell’isola deserta soltanto il suono dei miei passi e lo sciabordio del mare. Sembra d’essere in un sogno.



Riprendo lungo la giornata il mio cammino lungo il sentiero. La luce è sempre diversa e sempre diversi i colori del bosco, del mare, dei monti lontani… Un inno al Creatore.

Nella chiesa abbaziale, sobria e solenne come ogni chiesa cistercense, il canto delle lodi. L’inno è un’intensa invocazione allo Spirito Santo perché diriga le nostre menti, e custodisca nella grazia il nostro agire. Non so che possa aver scritto un poema così ispirato. Le intercessioni continuano a spaziare sul mondo intero, segno evidente che questa comunità non vive per sé stessa ma per l’umanità. Le proclama un diacono, il monaco Bartolomeo. Lo conosco di nome, da tanti anni, ma non ci siamo mai incontrati. A 16 anni entrò in monastero a Monserrat poi a Gerusalemme, per dare vita, su invito di Paolo VI, a un centro di studi ecumenici, in continuità con il Concilio Vaticano II. Là l’incontro con p. Armando Bortolaso, poi vescovo di Aleppo, e con il Movimento di Focolari. Conosce Emmaus, Margaret… Da 24 anni è a Lérins. È dai tempi di Gerusalemme che ho sentito parlare di lui ed ora finalmente ci incontriamo!

A sera, al termine della compieta, resta accesa soltanto l’immagine della Madonna per un canto articolato e complesso del Salve Regina, testimonianza dell’amore a Maria di san Bernardo e della sua famiglia cistercense.

Domenica 12 ottobre. Inizio il mio cammino attorno all’isola a notte fonda. Non è ancora apparsa la quella linea dorata all’orizzonte. Il cielo carico di stelle. Una stella filante attraversa la notte, un attimo appena, un “battibaleno”! appare e scompare in silenzio, senza un lamento. Bassa all’orizzonte Venere brilla.


La messa oggi è particolarmente solenne. L’ultimo canto esprime l’anelito dell’intero monastero: riprodurre la “vita angelica”, essere come cherubini nella Trinità. Come una nenia si ripete: “Noi che in questo mistero siamo immagina dei cherubini, e in onore della vivificante Trinità cantiamo l’inno tre volte santo, deponiamo ogni preoccupazione mondana per ricevere il Re di tutte le cose, scortati invisibilmente dai cori angelici”.

Giunge intanto Marie-Françoise. L’ho incontrata per caso 15 giorni fa e ho sentito che faceva la guida sull’isola. È così che ho pensato di venire a Lérins. Nel pomeriggio arriva un grande gruppo di turisti, ma oggi è venuta prima, solo per fare da guida a me! Ci soffermiamo in particolare in una sette chiesette che circondano l’isola, decisamente la più bella, quella della Trinità. E quante storia ha da raccontarmi Marie-Françoise!

Questi tre giorni sono stato assieme ad altri venti, trenta ospiti che abitano in silenzio la foresteria per condividere la solitudine e la preghiera dei monaci. Alcuni vengono da diversi anni, conoscono personalmente i monaci e i loro canti… Un abbeverarsi a una spiritualità millenaria nella Chiesa.

I miei tre giorni monastici sono passati in un soffio. Sono contento di questa immersione nella storia monastica, ma anche nella natura che parla di Dio al pari dei salmi. Nessuna parola con i monaci, ma la loro testimonianza è ugualmente eloquente. Sono 22, di diversi Paesi d’Europa, Italia compresa; uno dal Camerun. Stanno lì, davanti a Dio, per tutti noi. Sembra dicano, come Gesù: “Per loro – per tutti noi, per il mondo intero – santifico me stesso”.

È un paradiso, dico all’abate congedandomi. “Per chi viene per qualche giorno – mi risponde. Per noi che ci viviamo è piuttosto un purgatorio”. Bene così, è sempre una preparazione al Paradiso!



sabato 11 ottobre 2025

A Lérins, nel chiostro del paradiso

Ci sono dei sogni che neanche ti sogni di sognare tanto sono impossibili. Come andare nel monastero sull’isola di Lérins. Eppure a volte anche i sogni più impossibili si realizzano. E sono sull’isola di Lérins, davanti a Cannes. Diciamo per caso…

Meritava soltanto il viaggio in treno che ha attraversato il parco delle Calanche, quello della Sainte-Baume, con quei boschi meravigliosi intervallati da vigne e oliveti. Da Fréjus a Cannes una costa d’incanto. E poi con un cielo come quello di oggi, azzurro come il mare.

Il traghetto impiega una ventina di minuti perché l’isola è vicina alla terra ferma, eppure apre panorami d’incanto, con le colline costiere sfumate da una leggerissima foschia, perse nell’orizzonte che si confonde tra cielo e mare.

Ho camminato per l’intero perimetro dell’isola, lunga appena un chilometro, tutta costeggiata da bosco. Al centro vigne e olivi. E poi l’abazia, con vicino l’abazia fortezza dove, durante le invasioni barbaresche, la vita continuava imperterrita.

È uno dei primi centri monastici dell’Occidente, sorto all’inizio del 400. Una vita profonda, tanto che tutti i primi abati sono divenuti vescovi nelle diverse città della Provenza. Da 1600 anni qui si prega ininterrottamente, con una piccola parentesi dopo la Rivoluzione francese. Anche oggi ho ascoltato le preghiere di intercessioni dei monaci: molte, abbracciano tutte le realtà umane, pregano per tutto e per tutti.

Ho letto la Regola dei Quattro Padri, la prima scritta per la comunità di Lérins, una delle regole monastiche più antiche. L’inizio è straordinario, afferma che una volta riuniti per scrivere la regola i quattro padri (in realtà sono tre), hanno chiesto insieme al Signore di donare loro lo Spirito Santo perché li istruisse. Andando avanti nella lettura continuano ad affermate che lo Spirito Santo li ha guidati, ha fatto capire loro… E sempre citano parole della Scrittura. Questo fa lo Spirito Santo: suggerisce le parole di Dio e come viverle. La regola è questo!

La seconda Regola dei Padri inizia parlando subito della carità che riunisce i monaci nell’unanimità… Si capisce perché questo monastero abbia irradiato tanta vita.

Poi nei secoli è subentrata la Regola benedettina e oggi ci sono i Cistercensi, una ventina… Da Onorato a Benedetto a Bernardo.

Ed ecco come Bernardo descrive il suo monastero, che vede come un piccolo paradiso in terra, dove ognuno dei monaci opera e vive in modo diverso dando grande ricchezza alla comunità:

«Sì, davvero, il chiostro è un paradiso, una terra difesa dal baluardo dell'obbedienza alla Regola, e dove c'è una ricca abbondanza di beni preziosi. È una cosa gloriosa per gli uomini uniti dallo stesso modo di vivere nella stessa casa; quanto è buono, quanto è dolce vivere come fratelli tutti insieme. Guarda: uno piange sui suoi peccati, un altro esulta nelle lodi di Dio; questo serve tutti, quello istruisce e istruisce gli altri; uno prega, un altro legge; uno mostra misericordia, un altro punisce i peccati; uno è ardente di carità, un altro si distingue per la sua umiltà; uno si mostra umile nel successo, un altro manifesta la sua elevazione di spirito nelle avversità; uno si spende in una vita attiva, un altro rimane tranquillo in una vita contemplativa. Puoi allora esclamare: “Questa è la dimora di Dio. Quanto è tremendo questo luogo”; non è altro che una casa di Dio e la porta del Cielo».