giovedì 13 novembre 2025

Con la passione per Gesù

Nel lessico familiare degli Oblati sono presenti tante parole che ci sono care e che ci definiscono, dalle più allegre come “Una specie di Gesuiti di campagna”, “OMI = On Mange Ici”, “OMI = Out More than In”, alle più impegnative come “Audacieux pour l’Évangile”, “Close to the poor”, “Mihil linquendum inausum”, “Usque ad internecionem”, “Specialisti delle missioni più difficili”…

Ci sono le parole che descrivono sant’Eugenio, come: “Un cuore grande quanto il mondo”, “Inconditionnel de l’Église”, “Uomo dei desideri”, “Mistral”, “Uomo dell’Avvento”…

Al termine di questa Esperienza de Mazenod una definizione brilla, al di sopra di tutte, come sintesi finale: “Passionné de Jésus Christ”. Così Paolo VI definì sant’Eugenio il 19 ottobre 1975, giorno della sua beatificazione. Una definizione che ogni Oblato vuole fare sua, in risposta all’interrogativo che il 2 ottobre 1986 il papa Giovanni Paolo II rivolse ai membri del Capitolo generale: «Cristo Gesù è veramente al centro della nostra vita?».

La rinnovata passione per Gesù è forse il frutto più bello di questa Esperienza de Mazenod.

mercoledì 12 novembre 2025

Punto di partenza e di arrivo

 

Il lungo soggiorno in Provenza è iniziato l’8 settembre con la messa sulla tomba di sant’Eugenio a Marsiglia, e termina con la messa sulla tomba di sant’Eugenio a Marsiglia.

Questi ultimi due ultimi giorni sono stati segnati dalla presenza del superiore generale che ci ha portati nel cuore della nostra famiglia religiosa. Ha fatto passare nelle nostre mani la croce che è appartenuta a sant’Eugenio, segno sensibile di condivisione col Salvatore delle tante croci che pesano sulle spalle dell’umanità, invito a un rapporto d’amore vero con Lui…

martedì 11 novembre 2025

Agape: la parola d'ordine di Luce Ardente

Passeggiavo lungo la riva del Mekong, in Tailandia. Allora avevo una grande barba nera. Una donna, seduta sulla soglia della sua casa, iniziò a gridare e inveire contro di me. Mi stava dicendo che avrei dovuto tagliarmi la barba e radermi le braccia perché così come mi presentavo ero proprio impuro.

Mi sono ricordato di questo episodio qualche anno più tardi quando Phra Maha Thongrattanathavorn, monaco buddista tailandese, venne a in Italia. A Loppiano, dove era alloggiato nel centro di spiritualità dei religiosi, avevano subito alzato il riscaldamento perché era inverno e lui non era abituato al freddo. Lasciava fuori della porta della sua stanza i sandali e il mantello e la mattina li trovava puliti e stirati. Avevano tante piccole attenzioni verso di lui. Naturalmente se n’è accorto e un giorno ha chiesto: “Perché fate tutto questo per me?”. Gli parlano dell’agape... Usano proprio la parola greca, “agape”, che indica l’amore cristiano per eccellenza, gratuito, disinteressato, pronto a dare tutto.

Un giorno, visitando Nemi, il paese sull’omonimo lago, chiede di entrare nella chiesa. Esitazione… La chiesa custodisce un bellissimo crocifisso, a dimensioni naturali, molto realista, con le piaghe, il sangue… e naturalmente la barba… Niente di più impuro agli occhi di un buddista tailandese. Si metterà a gridare come quella donna contro di me lungo il Mekong?

“Luce ardente” – questo il nome che gli aveva dato Chiara – entra e rimane a lungo in meditazione davanti al crocifisso, in silenzio, come forse solo i buddisti sanno fare.

Quando esce dice una sola parola: “Agape. Quell’uomo è l’agape”.

Prima di tornare in Tailandia Luce Ardente incontra Chiara e le chiede, come ricordo del suo viaggio in Italia, un crocifisso. Quando in Tailandia parlava ai suoi numerosi discepoli spesso spiega loro cos’è l’agape e al termine estraeva dalla sua sacca il crocifisso: “Ecco l’agape”.

Ci siamo poi incontrati tante volte, in Tailandia, in Giappone, a Roma... Ogni volta, prima di lasciarci, la parola di saluto era: “Agape!”.

(Nella foto, a Loppiano, lui mi regala una statua del Buddha, io un porta chiave con una pietra a forma di cuore)

Ieri è partito per il cielo, dove è entrato di certo, pronunciando la parola d’ordine: Agape!



lunedì 10 novembre 2025

La stanza di sant'Eugenio diventato bambino

La stanza di sant’Eugenio! Viveva qui nei primi anni di Aix, e qui tornava di tanto in quando da quando si era trasferito a Marsiglia ed era diventato vescovo. Una stanza come le altre? Sì e no… È un “luogo carismatico”, secondo un’espressione che mi piace.

Ne lo immagino qui pieno di vita e di creatività. Ma anche da vecchio, quando tante illusioni erano cadute e il cuore lentamente si era purificato e semplificato, dopo aver attraversato tante prove. Cosa rimaneva? La fede pura, l’amore vero, Dio solo.

Lo disegno ritornato bambino. Sì, perché bambini si diventa, come dice Gesù: “Se non diventerete come bambini…” (cf. Mt 18, 3). Bambini non si nasce, bambini si diventa col passare degli anni, con la scoperta della propria inutilità, del proprio fallimento, quando tutto sembra spegnersi in noi e attorno a noi, quando si è imparato a convivere con Gesù Abbandonato.

Lo Spirito Santo mette allora sulle nostre labbra la parola “Abbà” e ci introduce in un rapporto nuovo con lui (cf. Gal 4, 6). Possiamo allora ripetere con più profondità, con la prima lettera di Giovanni: «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (3, 1).

Il salmo 72 sempre mi incanta. La liturgia ce lo ha riproposto oggi, ancora una volta, in questa prima settimana del salterio. È un salmo scritto da una persona delusa, scontenta, ma che finalmente alza gli occhi e si accorge che non può esserci persona più felice di lui, perché ha Dio. Tante volte mi sento “stolto” come il salmista, perché preoccupato per mille cose, e non mi rendo conto di quanto sono amato da Dio, «lui roccia del mio cuore, mia sorte per sempre». Allora appare, come nel salmo, l’immagine di Dio che «mi prende per la mano destra», «mi guida con il suo consiglio» e mi fa dire, tutto contento: «Io sono con te sempre». Questa persona adulta, diventato bambino, non si preoccupa di altro, perché ormai sa dove Dio lo conduce: «Mi accompagnerai nella tua gloria», in Paradiso! Il salmista è tranquillo, si lascia condurre per mano come un bambino e ripete la sua gioia: «Il mio bene è stare vicino a Dio». Dio è davvero Padre e noi figli, oggetto del suo amore e della sua cura.

Eccoci finalmente bambini, come sant’Eugenio, perché crediamo veramente all’amore di Dio.

domenica 9 novembre 2025

Gli antenati degli Oblati

La Sainte Garde a St. Didier è ormai lontana, ma mi piace ricordare la storia dei Missionari che la abitavano, perché in un certo senso sono gli antenati degli Oblati.

Nel 1657, il giovanissimo sacerdote Alexandre Martin (nato il 9 giugno 1630 a Robion, Vaucluse) fu nominato parroco di Saint-Didier, dove sarebbe rimasto fino alla morte, avvenuta nel 1703. Il villaggio, piuttosto trascurato, contava allora circa 200 abitanti ed era rimasto senza sacerdote per diversi anni. Un giorno, durante la messa domenicale, Padre Martino udì una voce che gli ordinava di costruire una serie di oratori che rappresentassero i 15 misteri del Rosario. Gli oratori furono eretti nel 1665 tutt'intorno al villaggio, agli incroci. Gli oratori attuali furono ricostruiti nel 1880 sui loro siti originali, la maggior parte lungo “Via degli Oratori”.

L'oratorio dell'Ascensione doveva essere situato nel punto più alto del percorso. Tuttavia, la nicchia crollò più volte. Padre Martino udì di nuovo una voce che gli disse: "Non è un oratorio che voglio qui, ma una cappella intitolata a Nostra Signora della Santa Guardia". Chiese consiglio al suo direttore spirituale che, dopo tre giorni di riflessione, gli disse: "Non solo devi costruire una cappella, ma anche delle stanze per i sacerdoti che Dio manderà a predicare il Vangelo in varie parti della cristianità".



Trent’anni dopo, nel 1698, padre Bertet, professore al seminario di Avignone, si recò in pellegrinaggio in questo luogo, dove ebbe una visione: "Ho visto il cielo aprirsi sopra questa stessa cappella con un'esplosione di luce, e ho visto tre globi di fuoco... Inginocchiandomi, ho benedetto Dio per tale meraviglia. Avvicinandomi sempre di più, ho visto da vicino, attraverso le finestre, la cappella straordinariamente illuminata". Il 6 gennaio 1700, padre Bertet, assieme ad altri due pronunciarono i voti di stabilità e si consacrarono per sempre al servizio della Beata Vergine. Il 26 ottobre 1705, il vescovo di Carpentras erige i Missionari di Sainte Garde come comunità ecclesiastica di diritto diocesano.

I sacerdoti dividevano il loro tempo tra missioni "nelle città, nei villaggi e nei villaggi e una vita più ritirata nella solitudine di Sainte Garde", dove però accoglievano persone per momenti di ritiro, colloqui e confessioni: «Essere un perfetto solitario per essere un perfetto missionario»: questo era il motto che proponeva.

Nel 1709, ai Padri della Guardia – così erano conosciuti – fu affidata una residenza per chierici che studiavano teologia ad Avignone e nel 1719 divenne seminario. Nel 1712 presero la cura anche del santuario mariano di Notre Dame du Laus: un secolo dopo sarebbero stati sostituiti dai Missionari di Provenza!

Nella chiesa del paese a St-Denis vi sono le tombe del parroco e di padre Bertet. È una presenza ancora viva!

Durante la Rivoluzione francese, tutti i sacerdoti di Sainte-Garde rifiutarono di prestare giuramento e di sottomettersi alla Costituzione Civile del Clero. La congregazione fu sciolta e i sacerdoti furono costretti a nascondersi durante la persecuzione religiosa del Terrore. La congregazione fu ricostituita intorno al 1860 a Orange, su iniziativa del superiore del seminario minore di Avignone, padre Pierre-Siffrein Bonnet, ma si estinse con la morte dell'ultimo superiore nel 1913.

Nel frattempo però, vicino, a Aix-en-Provenza, nascevano i Missionari di Provenza, che continuavano l’opera iniziata da questi antichi pionieri…

 

sabato 8 novembre 2025

La parola che più ricorre: Gesù Cristo!


Dopo gli esercizi spirituali, da mercoledì eccoci nuovamente ad Aix, dove tutto è cominciato.

Riprendiamo il cammino di studio. P. Asodo, venuto da Roma (per la verità da più lontano... dall'Indonesia!) per farci conoscere lo straordinario slancio missionario degli Oblati nel mondo intero. Per due giorni ci ha condotto da continente in continente, rendendoci consapevoli anche delle difficoltà e dei cambiamenti strutturali richiesti per rispondere in maniera sempre più adeguata alle esigenze della missione oggi.

Cosa di meglio allora che rileggere l’ispirata “Prefazione” alla Regola che sant’Eugenio scrisse nel 1818 dando il via alla sua opera missionaria? Con un semplice strumento per indicizzare le parole del testo balza in primo piano Gesù Cristo! La grandezza diversa delle parole indicano la loro frequenza nel testo.

La prima è dunque Gesù Cristo. Poteva essere diversamente? È lui che ha ispirato il fondatore, lui che l’ha chiamato, lui che egli ha voluto seguire, lui ha voluto annunciare, far conoscere... La seconda parola che ricorre con più frequenza è “santità”. Anche qui nessuna meraviglia: da subito aveva capito che è la condizione essenziale per compiere l’opera di evangelizzazione insieme con i suoi compagni. Vengono poi i destinatari: la gente, i cristiani, le anime… non si vive per se stessi, ma per gli altri. E poi, e poi… quante parole belle, che è bene avere sempre sott’occhio e che continuano ad ispirare la Famiglia oblata.

venerdì 7 novembre 2025

Sotto il manto di Maria

In America Latina, in Africa, mi piace di tanto in tanto fotografare uomini e donne in preghiera. Sono l’espressione più bella dell’umanità. Oggi mi è capitato – e non lo faccio mai – di fotografare una donna delle nostre parti, una delle tante che si fermano a pregare davanti alla Madonna.

Di cosa le avrà parlato?

Si può dire tutto alla Madre di Dio e le si può chiedere tutto: è nostra Madre! “L’avranno sempre per Madre”, diceva la Regola di sant’Eugenio riguardo agli Oblati, frase che è stata ripresa nella Regola attuale, che è di una essenzialità e bellezza straordinarie: «Maria Immacolata è la patrona della Congregazione. Docile allo Spirito, ella si è consacrata interamente, come umile serva, alla persona e all’opera del Salvatore. Nella Vergine, attenta ad accogliere Cristo per donarlo al mondo, di cui è la speranza, gli Oblati riconoscono il modello della fede della Chiesa e della propria fede. Avranno Maria sempre per Madre. Vivranno le sofferenze e le gioie della missione in grande intimità con lei, Madre di misericordia. Dovunque il loro ministero li porterà, cercheranno di promuovere una devozione autentica alla Vergine Immacolata, prefigurazione della vittoria finale di Dio su ogni male».

Maria dunque “si è consacrata interamente, come umile serva, alla persona e all’opera del Salvatore”. E sotto quel “consacrata” c’è la parola che ci identifica come Oblati: “oblazione”, il dono di sé a Dio che mette a propria disposizione la vita perché egli la impieghi per l’opera che crede meglio e come crede meglio. È appunto quanto fa Maria, che si rende pienamente disponibile (anche lei è un’Oblata come noi!) a quanto Dio le chiede: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la sua parola».

La Regola la chiama “Madre di misericordia”, uno dei mille titoli che l’amore dei fedeli le ha riservato (basta recitare le litanie!). Madre di misericordia e rifugio dei peccatori mi ricordano le raffigurazioni di Maria che sotto il manto raccoglie tutti i suoi figli.

Maria raccoglie sotto quel manto anche questa donna venuta a pregare nella chiesa della Missione, nella chiesa degli Oblati… Con lei vorrei accogliesse anche me.


giovedì 6 novembre 2025

Il segreto della missione

Ormai più di un mese fa, di ritorno da St-Laurent-du-Verdon, ci siamo fermato a Barjols, un bel paese dove i Missionari di Provenza avevano fatto una missione nel 1818.

Ieri, di ritorno da St-Denis, ci siamo fermato a Grans, dove ci fu la prima missione, nel 1816. Cinque settimane intere, sall’11 febbraio al 17 marzo. Erano in quattro. Andò anche la mamma di sant’Eugenio! P. Tempier era rimasto a Aix per portare avanti il gruppo dei giovani. Il Fondatore lo aggiorna: “Non abbiamo il tempo di mangiare e nemmeno di dormire…”. Al padre, ancora in Sicilia, scrive: “Non avevo mai visto miracoli. Adesso non posso più dirlo! Era un popolo abbandonato, completamente smarrito, la fede spenta. Si conosceva Dio solo per bestemmiarlo… Ebbene, la missione ha cambiato tutto. Siamo in quattro a confessare e i confessionali sono assediata dalle tre del mattino. Siamo restati a confessare fino a 28 ore di seguito!

Una volta terminata la missione, i missionari tornarono altre quattro volte in paese, per portare avanti il lavoro. La gente cominciò ad andare fino a Aix per incontrare i missionari e confessarsi da loro: otto ore di camminata ad andare e otto a tornare!

Abbiamo celebrato nella messa del paese e dopo la messa siamo stati all’entrata del paese dove è ancora la croce piantata in quel 1816.

Il segreto sta forse in un nota bene che sant’Eugenio scrive alla fine di un a lettera a Tempier: “P.S. Tra noi, missionari, siamo ciò che dobbiamo essere, ossia abbiamo un solo cuore, una sola anima, un solo pensiero; è ammirevole! Le nostre consolazioni sono, come le nostre fatiche, senza eguali”.



mercoledì 5 novembre 2025

Saluto alle terre di Vaucluse

Esplodono i pioppi nei forti colori
prima di lasciare a terra 
la chioma superba.
Le viti ancora incerte
fanno diverso ogni filare
metamorfosi di toni.
L’ultima foglia rossa m’invita
a lasciare con lei
vento e tramonti
boschi e monti di Vaucluse.
M’avete segnato il passo
con capitelli e santi
con picchi e rocce
reminiscenze d’eremiti
silenti e solitari.
M’avete aperto il cielo.





martedì 4 novembre 2025

Lupi e statuine di Provenza

L'alto giorno, mentre ero a Saint Gens, ho sentito l'ululato del lupo. Per la prima volta. Sulla collina accanto il latrare dei cani. Sarà stato il lupo di Saint Gens? 
Ho poi chiesto se davvero nella zona c'erano i lupi. Sì, ci sono! Anche i lupi! non manca proprio nulla in questa meravigliosa Provenza.
Scendendo mi sono poi fermato ad una casa appoggiata alla roccia, nascosta nel bosco, che una targa indica come la bottega di un artigiano di “santons”, le statuine di terracotta del presepe, che raffigurano anche personaggi caratteristici della regione. Mi apre una signora gentile e mi introduce in un laboratorio antico con tornio, forno, mille pezzi d’artigianato. Mi racconta che continua la tradizione di famiglia, anche adesso che il marito non c’è più…

“Come fate ad abitare così isolati tra queste rocce in mezzo al bosco?”, le domando. E lei: “E voi come fate ad abitare in città? Sono qui ormai da 50 anni, anche mio figlio vive tra i boschi: fa l’ornitologo! e mia nuora viene a darmi una mano nel lavoro artigianale…”.

Quasi quasi mi ci fermo anch'io.


lunedì 3 novembre 2025

Tutta la natura canta la gloria di Dio


Dopo una giornata di pioggia ecco una notte piena di stelle. Mi accompagnano nel cammino fin quando, lentamente, ogni dopo l’altra si nascondono sotto il lenzuolo bianco che l’amba stende nel cielo.

La natura, avvolta nel buio, col sorgere del mattino si riveste dei suoi colori, anche se ancora il sole non li rende splendenti. Ed ecco i boschi che avvolgono le vigne, i ciliegi, i campi appena arati.

Fin quando compare Pernes-les-Fontaines, un paese che si dà arie cittadine perché in piano, ai piedi delle colline. All’entrata, lungo la strada, un cartello invita a ridurre la velocità perché nelle scuole ci sono ben 320 studenti. Ma è ancora troppo presto e per la strada non si vede nessuno.

Entro nelle antiche mura e l’attraverso passando da porta a porta. La chiesa è ancora chiusa, così come l’accesso alla torre dell’orologio. Le case non sono in pietra come quelle dei paesi vicini, ma intonacate, con colori pallidi.


Come gli altri borghi attorno la cittadina vanta antiche origini gallo-romane. E chissà quanti grandi personaggi hanno attraversato la sua storia. Scorgo però, lungo la strada d’accesso, un solo monumento, a un certo Paul de Vivié, detto Velocio, “apostolo del cicloturismo”! C'è sempre qualcuno degno di memoria, oltre ai soliti caduti della Prima guerra mondiale e i martiri della Resistenza…

Sto per ripartire, perché mi aspettano gli impegni alla Sainte-Garde, quando finalmente il sole comincia a illuminare con i primi raggi mura e palazzi…

Sulla strada del ritorno ho davanti il monte Ventoux. In un cielo limpidissimo la montagna, orgogliosa dei suoi 2000 mentre, si ostina a tenere sulla cima l’unica nuvoletta di tutto l’orizzonte.

Continuo immerso in una natura che sfoggia tutta in tutta la sua ricchezza i colori autunnali. Vorrei rimanere qui fino a veder cadere l’ultima foglia, e poi godere i colori dell’inverno, e poi quella della primavera, e poi quelli dell’estate… Che bella la Provenza!

Tutta la natura canta la gloria di Dio…

domenica 2 novembre 2025

sabato 1 novembre 2025

Sempre in compagnia dei santi

 

Villaggi disseminati sulle montagne e nascosti nei boschi. Vicini gli uni agli altri, ma mondi autonomi. Oggi La Roche sur Pernes. La Roche: è tutto dire. Un comune tutto in pietra di 400 abitanti, con suo bel castello, la chiesa rigorosamente chiusa, il comune che apre due ore al giorno, le case abbarbicate sulla roccia…

Lo raggiungo camminando di buon mattino, come sempre, incantato dalla natura: una strada che si avventura tra boschi e campi, in un silenzio assoluto.

Torno in autostop per non arrivare in ritardo. Si ferma una macchina sportiva: signora tedesca che vive in una delle tante ville di pietra nascoste nel verde.

Sono sempre in compagnia dei santi, che non mancano mai lungo il cammino. Mi riferisco a quelli nei capitelli… non ho le visioni! Sono comunque sempre in loro compagnia, tra quelli vecchi e quelli nuovi.

Poi arriva la celebrazione di tutti i fedeli defunti, e non sai da che parte sta certa gente, se con quelli del 1° novembre che sono nella gloria del Padre o con quelli del 2 novembre che aspettano una tua preghiera per salire più in alto. Io li metto tutti insieme, ci penserà Lui ha distribuire gloria e requiem eterna.

L’importante è camminare insieme…



venerdì 31 ottobre 2025

In cammino coi santi

In questa Provenza mistica non è difficile celebrare Tutti i santi. Ad ogni crocicchio l’edicola di un santo! Nelle chiese sono una moltitudine, ben sistemati, con armonia, e tutti “sincronizzati” in oro. 

Ogni giorno ne scopro uno nuovo!

Ci accompagnano passo passo, proprio come ricorda la Lettera agli Ebrei: «circondati da tale moltitudine di testimoni (…), corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù…» (12, 1-2). Fanno il tifo per noi. 

Non siamo soli nel nostro santo viaggio.

giovedì 30 ottobre 2025

Ti ricordi di me Madonna di Venasque?

Il temporale di ieri ha lasciato un cielo colmo di nuvoloni neri, ma la meteo dice che oggi non pioverà, anzi alle 9.00 spunterà il sole. Comunque prendo l’ombrello… infatti non pieve.

Mi incammino presto verso Venasque, uno dei più bei borghi della Provenza, a poco più di un’ora di cammino. Distese di ciliegi, olivi, vigne ormai d’ogni colore, ancora verdi, e gialle, e rosse, e già ruggine. Tutto contornato da boschi di querce, pini, cipressi esili, compatti, altissimi.

Giungo a Santa Maria a Vico. Non è quella di Caserta, ma anche qui c’era un antico oratorio dedicato alla Madonna sorto sul Vico romano poi storpiato in Santa Maria della Vite: è qui che è nato l’Istituto secolare di Notre Dame di Vie che abbiamo visitato domenica scorsa.

Google Maps mi fa salire a Venasque per una mulattiera. Così alla fine della salita mi si erge davanti la grande roccia su cui, a filo, si erge la chiesa e poi tutto il villaggio: più arroccato di così non si può.

Un borgo tutto in pietra, circondato da possenti mura. L’intera contea di cui era al centro, fin dal 1274 apparteneva al papato fino alla Rivoluzione francese.


Appena arrivo mi aprono la chiesa, che mi racconta la sua storia ultra millenaria. Comincio così a fare conoscenza con un nuovo santo, San Siffrein. Giunto da bambino, intorno all'anno 500, con il padre da Albano in Campania al monastero di Lérins, divenne monaco come il padre. Verso il 530, su richiesta degli abitanti di Venasque, il vescovo di Arles, San Cesario, lo consacrò vescovo.

Per prima cosa fece costruire il Battistero, su un tempio pagano del II secolo. Lo visito… da restare davvero a bocca aperta, un capolavoro…



Costruì poi la chiesa dedicata a Maria.

Nella chiesa saluto i tanti santi presenti, tutti nelle loro statue dorate sullo stile provenzale: san Biagio, san Marco, sant’Anna, san Rocco, san Giuseppe, santa Rosa da Lima, sant’Antonio, santa Filomena, san Fiacrio. Santa Teresa di Gesù Bambino è invece raffigurata in una bella statua di marmo. Mi li aggrego tutti come compagni di viaggio, anche perché siamo alla vigilia della festa di Tutti i Santi!

in chiesa leggo una lettera rivolta alla Madonna di una certa Jeannette Labeille; che sia un personaggio famoso? Non saprei, comunque non mi sembra. In ogni caso la copio perché troppo bella:

Signora Bianca,
Nostra Signora di Venasque,
o sai bene: sono Jeannette Labeille, di Marcieux
Sono almeno dieci volte che sono venuta a visitarti…
Sono arrivata, molto giovane, con mio padre e mia madre, portando con orgoglio il mio pasto in un cestino.
Sono tornata, ragazzina, con il mio bel foulard e la mia piccola croce d'oro, e ho riso lungo il cammino, tra due decine di rosari o due inni.
Sono tornata come donna, al braccio di Claude, mio marito, che aveva indossato i suoi bei vestiti della domenica.
Sono tornata madre, con le manine aggrappate alla mia gonna.
Ritorno da voi oggi, dopo aver compiuto cinquant'anni; e forse per l'ultima volta, perché sto invecchiando.
Mi riconosci, Bianca Signora?
Torno da te sola, senza altra compagnia che la mia solitudine.
Claude è morto l'anno scorso per un infarto. E i bambini sono cresciuti: molti sono partiti per Marsiglia, Lione e anche più lontano. Gli altri se ne sono andati e non mi seguono più.
Sono come te dopo la morte di tuo figlio, Madonna Bianca.
Sono venuta a trovarti perché sono sola e tu sei sola, per chiacchierare un po', tra donne, tra madri.
Fa piacere vero, Madonna Bianca?
Ho preso i sentieri tra le colline. Li conosco, sai, ma sono duri alla nostra età, e faceva caldo, quindi sono piuttosto stanca. E dovrò rimettermi in viaggio, perché il lavoro mi aspetta.
Ti dispiace se mi siedo per un po' nella fresca comodità della cappella, davanti alla tua immagine?
Ho così tante cose da raccontarti e non so da dove cominciare.
Comunque sì: voglio ringraziarti, Bianca Signora.

Grazie, perché Claude era un bravo marito, non loquace, ma fedele, lavoratore e allegro.
Grazie, perché i miei figli sono cresciuti tutti bene.
Grazie, perché non abbiamo mai avuto molti soldi (averne troppi non è sempre fonte di felicità), ma avevamo pane tutti i giorni.
Grazie, perché mi hai mantenuto in salute, le mie gambe forti, le mie mani attive e la mia lingua sciolta!
Grazie, perché la vita mi ha tenuto così impegnata che non ho avuto tempo di pensare al male, a parte qualche calunnia e qualche parola un po' troppo dura rivolta a Claude, quando aveva bevuto al mercato di Carpentras, il venerdì, e poi qualche schiaffo ai bambini, quando mi hanno dato fastidio.
Sai, Madonna Bianca, è molto difficile evitare gli sbagli, a meno che tu non sia una santa come te, senza peccato.
Nonostante il lavoro e le preoccupazioni, recitavo le mie preghiere mattina e sera, senza dimenticare l'Ave Maria, e non perdevo la messa della domenica; tuttavia la casa era lontana dalla chiesa.
Ma ti sto stancando, e il tempo passa, e il sole tramonta.
Dovremo ripartire, attraverso le colline.
Madonna Bianca, questa potrebbe essere l'ultima volta che vengo a trovarti. Ricorderai la mia visita, Madonna Bianca?
Ne parlerai con tuo figlio?
Vi ricordate di Jeannette Labeille, di Marcieux, Madonna Bianca?