mercoledì 9 luglio 2025

Il culmine dell'amore

Alla rivista Città Nuova è arrivata questa domanda:

Leggo nell'allegato a CN di aprile che Chiara Amirante è colpita dal grido di Gesù sulla Croce, perché «quello è stato il culmine del suo immenso amore per l'umanità». Il grido di abbandono perché è letto come culmine di amore?

Ed ecco la mia risposta:

Il Vangelo di Giovanni offre la chiave di lettura della passione e morte di Gesù: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (13, 1). Sono le parole con le quali si apre il racconto dell'ultima cena. Gesù ha amato tutta la vita, ed ora ama fino all'ultimo momento, senza tirarsi indietro, anche quando il cammino si fa difficile, e giunge a pregare il Padre che allontani da lui il “calice” (bere il calice è un'immagine che indica fare la volontà di Dio, che ora appare a Gesù troppo dura). Fino in fondo indica anche l'intensità massima: più di così non poteva amare. Tutta la sua passione e morte è dunque espressione del suo amore infinito. Vi è una gradualità nel suo “dare la vita", nel suo patire: l'angoscia nell'orto degli ulivi, il tradimento, l'abbandono dei discepoli, la flagellazione, la coronazione di spine, l'umiliazione, la condanna a morte, la crocifissione... Il culmine del suo patire è forse quando ha l'impressione che anche il Padre lo abbia abbandonato, lasciandolo in balia della morte: non lo sente più vicino. Poteva esserci un dolore più grande per il Figlio di Dio? I Vangeli di Marco e Matteo riportano il grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Sì, quello è stato certamente il dolore più grande. Lo ha sofferto per noi. Uno dopo l'altro ha preso su di sé tutti i peccati del mondo, tutte le sofferenze umane: «Ecco l'agnello di Dio, che si è caricato su di sé tutto il male del mondo». L'ha preso su di sé per toglierlo a noi, per liberarci e darci la vita. Non è questa l'espressione massima dell'amore? Sa che il male più grande è la separazione da Dio; allora egli lo prende su di sé, prova questa separazione, per ridonare a noi la comunione con Dio e farcelo sentire nuovamente come Padre. È il suo più grande dolore, più della flagellazione, dei chiodi, e lo fa per noi: è allora la sua più alta dimostrazione d'amore per noi.

martedì 8 luglio 2025

Tonadico continua

L’esperienza di Tonadico sembra abbia lasciato una forte impronta. Così dai numerosi messaggi che continuano ad arrivare. Eccone alcuni, tralasciando gli apprezzamenti e i ringraziamenti personali.

- Durante questo meraviglioso “Progetto Tonadico”, abbiamo vissuto giorni straordinari. Per me è stato davvero un ritorno in Galilea, un ritrovare l'ardore e l'incanto dell'incontro con l'Ideale, della chiamata, pur con il fardello dei tanti anni passati, delle gioie, ma anche dei fallimenti, tradimenti, prove... ma tutto si è ricomposto nell'Amore di Dio. E mi sono ritrovata figlia di Chiara in modo totalmente nuovo, vitale, e io stessa opera di Dio, cioè frutto dell'Amore di Dio: voglio stare al Suo gioco! E poi è stato bellissimo e fondamentale vivere queste grazie come focolare. Mi sembra di poter dire che abbiamo messo un punto a capo per ricominciare una vita nuova e portare questa luce alle pope che non erano presenti. Tra tutte le realtà così importanti mi è rimasto particolarmente nel cuore il Patto, che ora mi sembra molto più vitale e concreto, riempito dell'umanità di ciascuna. E poi... ci sarebbero milioni di altre cose da dire, ma vi dico solo che mi tuffo con voi in ciò che Dio mi chiede ora, cercando di portare questa luce e questa vita all'umanità...

- Un grazie anche da parte mia per i giorni vissuti insieme, così rigeneranti. Ho trovato e costruito con gioia rapporti veri, nella verità di me e di noi… Il risultato è stato una nuova consapevolezza in me e un’unità ritrovata in una misura più profonda e vera.

- Dobbiamo essere orgogliosi di far parte di questa grande famiglia che ha come scopo specifico la realizzazione della fraternità universale!!!

- Il bellissimo "Progetto Tonadico" davvero risponde ad un bisogno dell'anima. Tonadico è dentro di me con il suo cielo, i suoi prati e corsi d'acqua vitali. Abbiamo vissuto un'esperienza di Focolare indelebile: silenzi e poi comunioni emozionanti, autentiche. Ci siamo conosciuti di più veramente, ci siamo riconosciuti nella chiamata e nel mandato finale, un riappropriarsi del passato per vivere il presente... Esperienza stupenda.

- Grazie è la parola che sgorga dal cuore dopo questi giorni di luce vissuti insieme a Tonadico. Per me è stato come ricevere il Battesimo nell’Opera di Maria. Sono entrata pienamente nella famiglia di Chiara: ho conosciuto la mamma, colei che ci ha dato la vita, che ha sofferto l'indicibile per generarci all'Opera e alla Chiesa, ho conosciuto la Casa, dove la mamma ci ha portati, ho conosciuto i fratelli e le sorelle, ciascuno un altro me, ho conosciuto Maria, modello perfetto della vita nuova che ci è stata donata non per merito ma perché su di noi Dio ha posato il suo sguardo d’amore.

- Anch'io voglio dirvi il mio GRAZIE per la profonda, nuova e bellissima esperienza vissuta. Grazie a ciascuno di voi per essersi messo in gioco, per aver costruito insieme una realtà che rimarrà nei nostri cuori ma che possiamo testimoniare e trasmettere. Sono tornata con le pope, nel caldo torrido di Pescara con tanta gioia e tutto sembra nuovo, luminoso. È stata davvero un’esperienza unica, diversa da tutte le altre, che ci ha fatto vivere la bellezza e la grandezza del Focolare insieme popi/e, popi sposati, un potenziale enorme ancora, penso, da scoprire di più con la vita. Spero che prima o poi tutti i focolari possano partecipare al "progetto Tonadico"!

- Anch'io voglio dirvi "GRAZIE", non un grazie formale, ma commosso, perché l'esperienza vissuta a Tonadico è andata ben oltre le parole e i gesti. Mi sono riportata l'amore concreto ricevuto e dato, insieme alla bellezza della natura che mi ha fatto sentire molto forte la presenza di Dio, in me e fra noi, una carezza che consola e fuoco che accende. Ognuno di voi ha lasciato un'impronta nel mio cuore, a messa, nel Patto, vi ritroverò, "Un cuor solo ed un'anima sola" in Chiara e in Gesù.



lunedì 7 luglio 2025

Piccola storia di fr. Camillo Bianchin

 

È stata pubblicata appena la biografia di p. Camillo Bianchin. Ecco la mia presentazione:

Una calma olimpica, quella di Camillo. Una volta andammo insieme in piscina. Ci sedemmo sul bordo, scambiammo alcune parole, poi mi gettai in acqua. Io avevo già fatto due, tre vasche e lui, ancora seduto sul bordo, continuava a bagnarsi lentamente e lentamente cominciò a immergersi nella piscina: gli ci voleva un tempo infinto. Una volta in acqua, un delfino… E quando arrivava regolarmente in ritardo ad ogni incontro, ad ogni appuntamento? A volte, devo dire la verità, la cosa mi irritava un po’. Ma quando appariva con il suo solito sorriso disarmante ricompensava di ogni attesa.

Capitano di lungo corso, Camillo, fatto non per lo sprint dei centro metri, ma per la durata della maratona. E di strada ne ha percorsa, fino agli ultimi anni della sua presenza serena e operosa a Saccolongo, con i frati anziani e ammalati, con i quali ha saputo stare al passo, infondendo gioia e pace. Le ultime volte che ci siamo incontrati è stato proprio in questa sua comunità, ormai persona luminosa, che aveva raggiunto una grande umanità e profondità spirituale.

Una vita, la sua, che testimonia una stagione ecclesiale tumultuosa e insieme ricca, creativa, guidata da idealità e speranza; speranza teologale, che è certezza nonostante tutto, perché sa che il disegno di Dio si realizza comunque. L’ha descritta bene Paolo Baldisserotto, l’amico di sempre, a cui va tutta la nostra gratitudine. Scrivendo di p. Camillo ha fatto rivivere a tanti di noi tratti fondanti della vita che con lui abbiamo condiviso.

Mi sembra significativo il primo scritto di Camillo riportato in queste pagine. Certamente prima di allora avrà scritto altre cose, ma questa lettera, indirizzata a p. Andrea Balbo il 19 maggio 1969 per comunicargli l’esperienza vissuta nella Mariapoli di Bassano, è come il preludio in una sinfonia, enuncia il tema di tutta l’opera, in questo caso, di tutta la sua vita: «È stata quell’unità “divina” che spirava in Mariapoli a darmi una svolta decisiva. La chiamo “divina” perché non riesco a spiegarla a parole. È una realtà troppo bella e perfetta. È stato l’amore parlato in ogni circostanza, calato in ogni attimo presente che lentamente mi ha liberato da tutti i complessi psico-fisici e che mi ha reso semplice e bella, bellissima la vita francescana. Più bella di quella ideata in noviziato: più bella, perché più semplice!». C’è già tutto: unità, amore, vocazione francescana; saranno le coordinate che daranno l’orientamento costante al suo cammino. Unità da una parte, vita francescana dall’altra, in mezzo l’amore. Con queste tre parole Camillo ha sintetizzato il cammino fatto da tanti religiosi che fin dagli anni Quaranta erano venuti in contatto con il Movimento dei Focolari – come lui a cominciare dalla Mariapoli di Bassano.

Religiosi nei quali brillava la propria vocazione, il dono che Dio aveva riversato su di loro attraverso il carisma dei fondatori. Per Camillo era il dono che gli era giunto attraverso san Francesco. Può esserci vocazione più bella di quella francescana? E allora che cosa gli mancava, per dover andare dai focolarini? Non gli mancava niente, perché ogni dono di Dio è completo in sé. Ma Camillo, come prima di lui tanti altri Francescani, a cominciare da Bonaventura Marinelli, Raffaele Massimei, Angelo Beghetto, Andrea Balbo, e da religiosi di tante altre famiglie, ha scoperto un “di più”: la possibilità di vivere la propria vocazione in “unità” con altre vocazioni – questa la grande scoperta! –, condividere il dono ricevuto, perché nella comunione ognuno si arricchisce del dono dell’altro e vede risplendere il proprio di luce nuova.

Ecco dunque la terza parola, la più semplice, la più profonda, la più vera: “amore”. Cos’è che lega religiosi di ordini e istituti tanto diversi? L’amore reciproco. Il Movimento dei Focolari ha questo come proprio dono specifico da condividere nella comunione con gli altri doni: offrire lo spazio perché il comandamento nuovo dell’amore reciproco venga vissuto non soltanto tra le singole persone, ma tra le più diverse realtà ecclesiali, prime fra tutte le differenti famiglie e comunità religiose. Lo scriveva già nel 1950 la fondatrice, Chiara Lubich, che fra l’altro, come testimonia questo libro, ha avuto tanta parte proprio nella vicenda personale di p. Camillo. Quale frutto dell’esperienza di comunione che lei viveva con tanti religiosi e della sua intuizione carismatica, afferma: «Noi dobbiamo soltanto far circolare fra i diversi Ordini l’Amore. Si devono comprendere, capire, amare come Si amano [tra di loro] le Persone della Trinità. Fra essi c’è come rapporto lo Spirito Santo che li lega, perché ognuno è espressione di Dio, di Spirito Santo». Ella può offrire “la tecnica dell’unità”, “l’arte di amare”, il rapporto con Gesù Abbandonato espressione massima dell’amore, di cui il suo carisma la rende maestra. La sua è come la missione di Maria che nel cenacolo lega tra loro gli apostoli senza avere la missione dell’apostolo.

Camillo ha imparato ad amare, con una concretezza proverbiale, che lo ha reso attento a ogni persona. Per lui ogni persona era unica e a lei si dedicava con pazienza, con la sua solita calma, diventata ormai una virtù provvidenziale, che gli consentiva di cesellare ogni anima, di non lasciare da parte nessuno, di accompagnare fino in fondo, fino al compimento della missione.

Amore personale che è diventato amore “collettivo”, verso il popolo della parrocchia, delle comunità di cui faceva parte, dei gruppi che gli venivano affidati. Amore verso le altre famiglie religiose, che lo ha portato a dare vita a iniziative intelligenti e creative, ben al di là della propria famiglia.

Proprio questo esercizio d’amore e d’unità, con tutti e verso tutti, ha avuto come effetto quello di renderlo autentico francescano, una persona libera, generosa, nella perfetta letizia.

Un percorso che può continuare ad essere specchio per tanti che vogliono vivere in pienezza la propria vocazione, qualunque essa sia. Basta che sia vissuta in unità e nell’amore.

 

domenica 6 luglio 2025

Con te oltre ogni limite

Tonadico 2025: giorni pieni di luce. Ci siamo lasciati questa mattina con la volontà di fare nostro il buio e il dolore dell’umanità, seguendo Gesù agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo, per tutto trasformare in amore, cominciando da noi stessi.



Tante le impressioni, le foto, i video che circolano tra noi. Solo alcune parole:

- Per me sono stati giorni ri-generanti…

- Un'esperienza così fa capire di più Chiara, chi è e cosa è stata, e come possiamo vivere la nostra vita, quale dimensione può raggiungere, per essere quel Dono di Dio per l'umanità.

- Quelle esperienze che ti entrano nel cuore e nell’anima e che non si dimenticheranno mai...

- Si parte da Tonadico verso luoghi decisamente diversi, ma si resta sullo stesso raggio di LUCE, quella che in questi giorni ci ha fatto contemplare e vivere di quel DNA che viene da Dio e che, nella generazione di Chiara, ci fa tutti/e fratelli e sorelle.

- La Luce sperimentata in questi giorni è frutto dell'esserci messi in gioco tutti in questa significativa tappa della nostra avventura pienamente divina e pienamente umana con Lui.



Infine una poesia di Oreste Paliotti: ”Con te oltre ogni limite”

Sei andata oltre ogni limite,
gli abissi hai reso cime,
ogni tramonto un’alba era con te.
Perduti nel tuo vertice,
legati a te in cordata,
ci hai trascinati tutti all’infinito.

Tu sei partita per restare ancora,
ancora tu cammini insieme a noi.
Riflesso d’un immenso Sole,
sarai luce ancor di più.

Purezza che rigenera,
mitezza che conquista,
plasmata su Colei che ha detto “sì”,
hai dato vita a un popolo
che nel tuo sguardo il Cielo
ha contemplato per portarlo qui.

Tu dono dell’Altissimo
all’unico tuo Sposo
tornata sei come Parola sua
e adesso a noi riviverti
in abito da festa
andando oltre ogni limite con te. 



sabato 5 luglio 2025

Un popolo solo con un solo destino

Chiesa di san Sebastiano a Tonadico, uno dei tanti “luoghi carismatici”, come amo chiamarli. Qui si svolse gran parte del Paradiso ’49. Insieme riviviamo quei primi giorni di esperienza di luce, a cominciare dal 17 luglio 1949, quando si rivelò la bellezza del Verbo, espressione del Padre dentro di Sé. Uscendo dalla chiesa il sole era appena tramontato e i suoi raggi saettavano da dietro una montagna, immagine del Verbo splendore del Padre.

Siamo in tanti in questa piccola chiesa. Come altre volte, ho la gioia di leggere le pagine nelle quali Chiara racconta gli eventi di quei giorni. Sono sempre nuove, per me come per chi ascolta.

Leggo di quello che il Verbo operò in quella chiesetta: «Il Verbo sposò in mistiche nozze l’Anima». Era un’esperienza provata da altre donne prima di lei: Geltrude di Helfta, Ildegarda di Bingen, Caterina da Siena, Caterina de’ Ricci, Maria Maddalena de’ Pazzi. Qui a Tonadico le mistiche nozze furono vissute come esperienza ecclesiale, di tutto un gruppo che avvertiva di essere Chiesa. «Il Verbo - scrive Chiara in maniera esplicita - sposò l’Anima in veste di Chiesa». È il ritorno all’idea biblica di Dio che sposa il suo popolo, di Cristo che sposa la Chiesa.

Giorno dopo giorno, in quel 1949, le comprensioni di Cielo si susseguirono in un crescendo di luce. Anche noi, venuti su queste montagne per condividere quelle esperienze, siamo in qualche modo avvolti dalla stessa luce.

Nel pomeriggio saliamo lungo il sentiero che conduce all’edicola “Madonna della luce”, circondata da abetaie, dove la natura parla della sopra natura. Seduti sui prati leggiamo e cantiamo... Siamo un popolo solo, con un solo destino…

La festa continua dopo cena e vorremmo non finisse mai...







venerdì 4 luglio 2025

Un paradiso nel Paradiso

 


Siamo saliti alla chiesetta di San Vittore, che domina la valle di primiero.

Il 28 luglio 1949 anche Chiara saliva su quella stradetta ripida. Il giorno prima si era consacrata a Maria con tutte le sue amiche e la mattina di quel 28 luglio, alla messa, aveva sentito nascere in lei, in maniera nuova, la presenza di Gesù. Lei stessa molto più tardi raccontò: «Dopo la Consacrazione a Maria, avvertii una parola nell’anima che mi significava “cinta dentro” e mi sembrò che Dio volesse misticamente ripetere con l’Anima consacrata “Maria” un’incarnazione». E un bozzetto profetico del cammino che la Chiesa compie nella storia fino alla sua pienezza.

Come al solito la natura accompagnava quell’evento: «Il sole cadeva a perpendicolo sul mio capo mentre nella chiesetta il sacerdote che ci aveva dato la comunione - ignaro dell’avvenimento -, cantava il “Magnificat” e le campane suonavano a stormo. Uscendo dalla chiesetta abbiamo visto Arcangela, che ne era la custode, chiudere il cancello del piccolo cimitero attiguo. Mi sembrò un segno che la morte era stata bandita».

Da lassù si apre tutta la vallata e davanti a noi contempliamo Tonadico e Fiera, contornate di monti e boschi. Una natura meravigliosa. Ma non tutto appare sempre bello nella natura. Ci ricordiamo così di un altro piccolo episodio accaduto lassù qualche giorno prima, il 20 luglio 1949. Sedute in cerchio sul prato antistante la chiesa, le giovani abbracciano con lo sguardo le montagne d’intorno, i paesi giù in piano, la natura incantata. Ai piedi di Chiara, tra l’erba e i fiori, appare un piccolo verme, umile creatura in quell’oceano di luce e bellezza. Forse è uscito da una delle tombe che attorniano la chiesa. Per chi ha il cuore puro tutto parla, anche un verme, e Chiara pensa allo Sposo suo. Lo confida alle compagne sedute attorno a lei: «Gesù Abbandonato è il verme della terra e si è fatto così affinché, quando la nostra anima sarà in Cielo e la nostra carne sarà tutta un verme, questa canti all’Amore Abbandonato che è così simile a lei, Sposo suo. Così tutto il creato e anche gli esseri più spregevoli cantano all’Amore».

È soltanto un piccolo tocco di quanto continuiamo a meditare e vivere in questi giorni quassù in montagna.

Mi sembra il paradiso 2025 nel Paradiso 1949.



giovedì 3 luglio 2025

"Vanno tutti sulle cime..."


Cena pugliese, naturalmente con le orecchiette… Ma la sorpresa è arrivata dopo cena. Il gruppo delle Puglie, tutte coppie sposate, ha raccontato la propria esperienza di vita. Il Vangelo è vivo! Quanta fede! La Chiesa è viva! Quanti capolavori dello Spirito… Dovremmo tornare a raccontarci le esperienze. Dovremmo continuare a vivere il Vangelo con radicalità.

Questa mattina, dopo aver “dettato” la meditazione (così si dice in termine tecnico), siamo partiti per Baita Segantini. Una bella passeggiata sui monti, come si faceva nelle Mariapoli che si tenevano qui a Fiera di Primiero. E lassù, sui prati, attorniati dalle cime maestose, continuiamo il “ritorno in Galilea”, alle origini della nostra vocazione…




mercoledì 2 luglio 2025

Ritorno alle origini per vivere il presente in pienezza


 

Lucia Abignente fa la parte storica, io quella spirituale e Rino Ventriglia l’applicazione alla vita quotidiana: che bella equipe! Un autentico cammino di ritorno alle origini per vivere con pienezza nel presente.

Ieri in cammino per Trento dove tutto è iniziato. Oggi nella chiesa dei Cappuccini a Fiera di Primiero dove vi è stato un nuovo inizio…



Una sincera risposta all’invito di Gesù: “Vi aspetto in Galilea”, dove tutto è iniziato, per un nuovo inizio.



martedì 1 luglio 2025

Tonadico


Da domenica sono a Tonadico con 70 focolarini e focolarine per tornare alle radici del carisma. Un’esperienza profonda, iniziata lo scorso anno.






lunedì 30 giugno 2025

Un magnifico giardino: Chiara Lubich e i religiosi

 


Un nuovo bel libro della Collana “Studi e Documenti” del Centro Chiara Lubich. Alba Sgariglia ne ha fatto recentemente la presentazione. Riporto le sue risposte a due domande:

Il testo approfondisce il rapporto tra il carisma dell’unità e i carismi di numerosi ordini religiosi. Puoi dirci qualcosa a riguardo? Cosa emerge dal testo?

Ci troviamo senza dubbio di fronte ad un testo molto ricco e un po’ unico nel suo genere. Già il titolo del volume “Un magnifico giardino” è molto eloquente. Riprende infatti una metafora usata da Chiara Lubich per esprimere la straordinaria, colorata varietà dei carismi presenti in duemila anni dalla nascita della Chiesa. Un modo originale, “poetico”, per descrivere una profonda realtà ecclesiologica: quel “profilo mariano” rappresentato dai carismi che da sempre ha affiancato il “profilo petrino”, cioè la Chiesa istituzione.

Nella storia del carisma dell’unità assistiamo a questa funzione in modo molto evidente: un carisma nascente, nuovo, annunciato da una giovane donna, laica, che in breve tempo si diffonde e dilaga nel mondo. Accanto a lei, fin da subito (siamo ancora nei primi anni ’40) troviamo ordini religiosi, i più vari, che attraverso alcuni esponenti, colpiti dalla luce di questa vita evangelica rinnovata, si fanno a loro volta “sostenitori”, “difensori”, “portavoci “del messaggio; messaggio nel quale trovano essi stessi, ciascuno personalmente, nuova vitalità e nuovo slancio nei confronti anzitutto del proprio carisma.

Tutto ciò è particolarmente sorprendente nello studio offerto da questo volume. I molteplici documenti riportati attestano dalla viva voce dei protagonisti l’esperienza vissuta. Ne ricordo solo uno a mo’ di esempio, che mi sembra esprima anche gli altri. Un francescano, in una lettera del 1954 scrive: “Alla luce dell’Ideale dell’unità ho riscoperto il senso della mia vocazione francescana e sacerdotale” (p.78).

È quello che è accaduto a tanti, religiosi e religiose che hanno avvicinato il carisma dell’unità: una profonda riscoperta del proprio fondatore, dello specifico del proprio carisma, in comunione con gli altri carismi, con gli altri “fiori” del magnifico giardino della Chiesa.

Penso che questa sia una delle peculiarità più “nuove”, più originali, più sfidanti del messaggio di Chiara, e non solo per l’epoca postbellica e preconciliare in cui nasce, ma ancora oggi, per le sfide che pone il terzo millennio.

Sembra un paradosso, come ben esprime padre Silva nella sua prefazione: il carisma di Chiara ha la missione di portare l’unità tra i carismi. Una missione tutta “mariana” nel senso che - cito dalla prefazione -: “è Maria che nel Cenacolo lega tra loro gli apostoli senza avere la missione dell’apostolo” (p.14).

È un testo che ha per oggetto il rapporto dell’Ideale con gli altri carismi. Può essere una lettura utile e formativa per tutti gli appartenenti all’Opera di Maria?

Senz’altro può esserlo perché, se da una parte emerge ciò che il carisma dell’unità ha suscitato negli altri carismi, la ricerca di questo volume della collana “Studi e Documenti” verte anche sul ruolo veramente unico, straordinario, che i carismi antichi - per così dire - hanno avuto accanto ad un carisma così nuovo e diverso da quelli esistenti all’epoca.

Nelle situazioni più difficili e complesse dei tempi in cui il Movimento era all’esame del Sant’Uffizio, i religiosi sono stati di grande sostegno - spirituale e non solo -, per Chiara e per i suoi primi e prime compagne. La loro presenza dava la sicurezza a Chiara – quasi una garanzia - di essere ben innestata nell’albero secolare della Chiesa e al tempo stesso era una conferma per la novità che il suo carisma proponeva.

È una storia che si conosce poco. Una storia tutta da scoprire, a mio parere, non solo per tutti gli appartenenti all’Opera di Maria, ma anche per ricercatori e quanti sono interessati a cogliere il “soffio dello Spirito” nel disegnare la storia dei carismi nella Chiesa, la continuità e insieme la novità di ciascuno.

Il testo “Un magnifico giardino” fa emergere - si potrebbe dire ricorrendo ancora a termini teologici – la “pericoresi”, la “mutua inabitazione” tra i carismi e la loro funzione nei rapporti della Chiesa istituzione: un dato importante, attualissimo che - nella scia del cammino sinodale intrapreso -, conferma la “coessenzialità” delle due componenti (carismi e istituzione), recentemente menzionata anche da papa Leone ai responsabili delle Aggregazioni laicali, il 6 giugno scorso (cf. Leone XIV, Alle aggregazioni laicali, 6 giugno 2025).

domenica 29 giugno 2025

Un buon pastore scriteriato

Augustinus è stato pastore. Quando abbiamo letto la parabola evangelica del pastore che va in cerca della pecora smarrita ha scosso la testa. “Gesù era un falegname e sicuramente era un bravo artigiano. Ma di greggi non se ne intende”. E mi spiega che innanzitutto una pecora non si perde mai da sola, sono sempre almeno in due. Inoltre non si lascia il gregge nel deserto per andare in cerca delle pecore che si sono smarrite; prima di porta il gregge all’ovile, al sicuro, poi si va a cercare quelle disperse.

Forse anche gli ascoltatori di Gesù si saranno guardati gli uni gli altri e si saranno domandati cosa stesse mai raccontando. Spesso le parabole di Gesù non tornano. Ma lui lo fa apposta, le sue storie sono sempre paradossali. Il fatto è che devono lasciare intuire così… “dell’altro mondo”, dove appunto le cose funzionano in modo diverso da questo mondo!

Così per questa parabole, che abbiamo nello nella festa del Cuore di Gesù. Sì, questo pastore fa cose inaudite, autentiche pazzie, che vanno contro il buon senso, anche per una sola pecora! Non è una pazzia mettere in gioco la sua vita per salvare la nostra? Anche per uno solo! Ognuno di noi è amato personalmente, è unico! 

sabato 28 giugno 2025

La vita che va

L’anno accademico è terminato. Alcuni dei nostri studenti dello Scolasticato Internazionale tornano nei loro paesi di origine, altri ne arrivano: venerdì sera festa di congedo. La vita continua…

Oggi ancora in festa, prima della dispersione estiva, con tutta via Aurelia 290, una realtà complessa, dove vivono tre comunità distinte e unite. Anche qui alcuni partono definitivamente, altri arrivano. La vita continua…

Sì, è un mistero la vita, ogni giorno nuova anche se a volte sembra sempre la stessa. Chi va e chi viene, chi cresce e chi decresce…

Ancora un po’, un po’ soltanto, e siamo alla meta. 





venerdì 27 giugno 2025

La grande squadra dell'UPM

Mi sono meritato una “Laurea honoris causa”! Semplicemente per le due lezioni che ho tenuto all’UPM e che, come tutte le altre, hanno fatto il giro del mondo. 

Nel bel prato retrostante gli uffici mercoledì c’è stato un ringraziamento a tutti coloro che hanno lavorato al programma; non immaginavo che dietro le quinte ci fossero così tante persone, tra tecnici, traduttori… Mai come quest’anno il corso dell’Università Popolare Mariana ha avuto così tanto successo: davvero è il frutto di una grande collaborazione. Grazie a tutti!