venerdì 3 gennaio 2025

Perché attrati dall'Ideale dell'unità?

 

Perché e da cosa religiosi di profonda vita interiore e di indubbia identità carismatica fin dagli anni Quaranta sono stati attirati da Chiara Lubich, dalla sua esperienza, dal Movimento che stava nascendo attorno a lei? P. Massimei era provinciale dei Conventuali, p. Tomasi, ultra ottantenne, era stato per due volte superiore generale degli Stimmatini, il giovane p. Bonaventura diventerà definitore generale dei Cappuccini, p. Beghetto provinciale della più grande provincia dei Conventuali…

La scelta totale di Dio, credere incondizionatamente all’amore, fare con gioia la sua volontà, la certezza di realizzare il disegno di Dio col vivere l’attimo presente, vedere Gesù in ogni prossimo e lo sforzo di amarlo “come” Lui, fino alla croce e all’abbandono, confrontarsi costantemente con il Vangelo, “sine glossa”, e lasciarsi “evangelizzare” dal vivere la Parola, davano una particolare luminosità e concretezza alla loro consacrazione. Ciò che attirava non erano soltanto i contenuti di una nuova spiritualità, ma anche il modo con cui venivano vissuti. Impressionava la semplicità e insieme la radicalità di persone giovani che apparivano intere, trasparenti, luminose. Ed erano persone laiche, un po’ una novità per allora.

Il contatto con giovani che vivevano in questo modo la loro donazione a Dio metteva fortemente in luce gli elementi fondamentali della consacrazione religiosa e operava una trasformazione della vita: un nuovo rapporto con Dio, unico tutto, al quale consacrare mente, cuore, attività; un nuovo rapporto con il fondatore e la Famiglia religiosa.

Ma soprattutto, a contatto con l’Opera di Maria veniva in rilievo l’amore scambievole, l’essere un cuore solo e un’anima sola, la realtà di “Gesù in mezzo” a persone unite nel suo nome, l’unità. Da qui non solo un impegno maggiore a vivere e promuovere la comunione all’interno delle comunità, ma, ed era una cosa nuova, tra religiosi di differenti Ordini e Istituti.

È il tema che oggi ho trattato con un gruppo di religiosi al Centro internazionale di spiritualità “Claritas” a Loppiano…



giovedì 2 gennaio 2025

In giro per santi

 

Lucca, basilica di santa Gemma Galgani. Nel monastero mi accolgono le monache passioniste. Due di loro, una statunitense e una brasiliana, hanno seguito il mio corso su “Istituzioni e carismi”. Il monastero l’ha voluto Gesù stesso, chiedendolo con insistenza a santa Gemma… Tutto parla di lei. 

Insieme la preghiamo davanti alla tomba. Poi il museo, piccolo e ricco di ricordi personali. Tra tutti gli oggetti mi fermo a leggere due lettere scritte autografe. Ricordo la biografia scritta da p. Ruoppolo ad appena cinque anni dalla morte della santa, la sua autobiografia… Che tesoro ha lasciato la piccola Gemma… a cominciare dal suo volto bellissimo.

Nel pomeriggio cambio di scena. Galciana, una frazione di Prato, dove Cesare Guasti aveva la casa di campagna dove si ritirava alla fine dell’estate per la villeggiatura con tutta la famiglia. Grande intellettuale, segretario dell’Accademia della Crusca, Archivista del Granducato di Toscana… Ogni giorno, per tutto il tempo delle elementari, passavo in bicicletta davanti al muro e il grande cancello che nascondeva la villa. Dopo 70 anni finalmente mi si è aperto il cancello e la stupenda villa del Seicento mi ha mostrato gli ambienti del venerabile Cesare Guasti: i salotti, lo studio, la biblioteca, la cappella… Una casa-museo, intatta dopo i secoli. Racconta ancora gli “ozi operosi”.

Nel 1861 dimorò nella vita per un mese intero, con tutta la famiglia. Era la casa dove aveva vissuto la moglie Nunzia da ragazza e che finalmente aveva ereditato insieme alla sorella. Il 1° novembre di quell’anno scrisse a un amico: «Oggi è la festa de’ Morti: non ti so dire quanto l’abbia fatta volentieri in questo luogo, in questa quiete. La mia cara Nunzia ha passato qui molti mesi de’ suoi primi vent’anni e qui mi pare di sentirla più, e di vederla quasi, e parlarle». Da allora vi tornò ogni anno.

La testimonianza di due amici dice come Guasti viveva a Galciana.

Il sacerdote Giovacchino Pelagatti: «Qui, una modesta villa ereditata dalla moglie offrivagli grato e diletto soggiorno nelle ferie autunnali... si intratteneva con la gente del popolo, facendosi tutto a tutti, e pigliando parte alle gioie e ai dolori che allietano o attristano le famiglie. Quest’esempio che ci fa risalire con la mente alle memorie degli Atti Apostolici quando i fedeli formavan tutti un solo cuore e un’anima sola non chiederebbe che di essere moltiplicato in tutti... Aggiungerò che tutti lo cercavano in questa quiete e lo trovavano nella medesima operosità che gli era abituale agli Archivi di Stato; lo vedevano sempre a operare, mai a mostrarsi affaccendato, anzi ognor disposto ad ascoltare e consolare, come se la distrazione gli fosse un benefizio. E chi può dire quanti de’ suoi non pure ma altresì degli 34 scritti di altri in questa seconda metà di secolo che va a morire, siano da riconoscere o iniziati o diretti o migliorati dalla villa di Galciana?».

Bella anche la testimonianza del parroco di Galciana Lorenzo Ciulli (di cui meriterebbe parlare a lungo, perché è stato un grande personaggio, che ha fatto molto per lo sviluppo del paese…): «Qui, ahimè, non è più dato né ai figli, né agli amici, né al popolo di Galciana trovar più lui, salito (vogliamo sperarlo) alla beata contemplazione di Dio. Ma questa villa muta della sua voce, non è muta del suo mirabile esempio e starà lungamente a ripetere a tutti che vogliano intendere: Da Cesare Guasti anche villeggiante imparate. Tutte le sere... la mia casa e la sua potevano dirsi tutt’uno dal giorno che venne in villeggia-tura a Galciana e si leggevano insieme riviste di libri nuovi, periodici letterari, ecc... I giorni festivi veniva alla Messa coi figlioli e stava in ginocchio presso l’altare con grande edificazione. Non nascondo però che, parlando al popolo, dava a me una certa soggezione...».



 

mercoledì 1 gennaio 2025

Quanti sono i santi a Prato?

Il Concilio Vaticano II ricorda che «Tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste» (n. 11). L’idea di una universale chiamata alla santità – “tutti” – aiuta a scoprire tanti santi nascosti, a riconoscere quella santità nel popolo santo di Dio, così cara a papa Francesco, presente «nei genitori che crescono con amore i figli, negli uomini e nelle donne che svolgono con impegno il lavoro quotidiano, nelle persone che sopportano una condizione di infermità, negli anziani che continuano a sorridere e offrire saggezza». Sono i santi “della porta accanto”, o addirittura quelli “della porta di casa”. 

In mezzo a questa moltitudine di credenti, «vi sono coloro che la Chiesa indica come modelli, intercessori e maestri. Si tratta dei Santi beatificati e canonizzati, i quali ricordano a tutti che vivere il Vangelo in pienezza è possibile ed è bello».

Ci sono santi anche a Prato! Quelli canonizzati e quelli della porta accanto. Il 4 gennaio, nel pomeriggio, appuntamento alla basilica di Santa Caterina per iniziare a conoscerli.