venerdì 3 marzo 2023

Carisma del fondatore o di fondazione?

Ogni tanto mi si consulta sulle diverse diciture che sono circolate e circolano attorno al carisma di una famiglia religiosa: di fondazione, del fondatore, fondazionale, dell’Istituto… A volte si rimprovera la mia poca chiarezza terminologica, risalente a 40 anni fa, quando scrissi I fondatori uomini dello Spirito. Era un lavoro pionieristico, anche se c’erano stati già degli scritti in merito come quelli di Midali. Oggi forse scriverei diversamente, ma mi pare che le idee le avessi chiare fin da allora, pur non avendo il lessico adeguato. Ho poi ripreso il lavoro con In ascolto dello Spirito (1996), dove ho affrontato in particolare l’ermeneutica e la metodologia per lo studio del carisma.

Quel mio primo lavoro aveva di mira la fenomenologia del fondatore: chi è un fondatore, come, perché diventa tale, qual è il suo percorso, la nascita della comunità… Ciò, pur con modalità diverse, è comune a tutti i fondatori. Perciò chiamai tale percorso “carisma di fondatore”, analogamente a carisma di profeta, carisma di pastore… Certamente per compiere questa missione ha bisogno di grazie particolari, legate alla sua persone, per compiere l’opera a cui è chiamato e che quindi non sono trasmissibili.

Ogni fondatore ha poi un messaggio, un progetto, una modalità di attuazione, una missione, una spiritualità, che condivide con altri. Il contenuto di questo insieme di realtà – i contenuti del carisma – lo chiamai “carisma del fondatore”, perché la fisionomia dell’opera che da lui dovrà nascere è stata comunicata a lui dallo Spirito: è la sua “esperienza”, è quanto ha vissuto in prima persona. Se domando a un Gesuita qual è “il carisma del suo fondatore”, sant’Ignazio, non mi parla delle grazie di Manresa, che sono ciò che lo hanno reso fondatore e che rimangono solo per lui, ma degli Esercizi spirituali che sono nati da quell’esperienza. Se domando a un Francescano qual è “il carisma del suo fondatore”, san Francesco, non mi risponde “le stigmate”, che sono un dono esclusivo per lui, ma mi parlerà di Madonna povertà, della perfetta letizia, del “Mio Dio e tutto”. Questo dono dato al fondatore dallo Spirito – il contenuto della sua esperienza, a prescindere dalla modalità tutta personale con cui è avvenuta – è trasmesso all’Istituto e possiamo chiamarlo tranquillamente “carisma di fondazione”: è quanto egli ha vissuto in prima persona (perché non possiamo chiamarlo “carisma del fondatore”? anche se non è esclusivamente suo, ma dato a lui per essere condiviso).

Al di là delle terminologia, quello che mi preme rilevare – e che spesso vedo compromesso o non sufficientemente tenuto in considerazione – è la continuità tra il carisma del fondatore – nel senso appena ricordato – e quello dell’Istituto: è l’eredità che il fondatore lascia, il patrimonio che l’Istituto riceve. Certamente deve far fruttare tale patrimonio, sviluppandolo, arricchendolo… ma è quello, anche quando cresce, si esprime in altre culture.

Occorre naturalmente rigore scientifico, ma senza bizantinismi. Un bel lavoro in merito è quello di Massimo Parisi, La memoria della Passione nel carisma di fondazione di san Paolo della Croce. Linee guida per una ermeneutica, EDB, Bologna 2021, che ho recensito in “Claretianum”, 61 (2021), p. 342-347.

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