sabato 6 dicembre 2025

Jacopa de' Settesoli "comes" di Francesco

 

Nella sala comunale di Marino, presentazione del libro di Sabina Viti, Servire è regnare. Jacopa de' Settesoli da nobile a povera per il Regno di Dio. Tante persone, tanto interesse. Un momento di festa! con la partecipazione straordinaria di... Frate Jacopa che offre i mostaccioli a san Francesco!

Il libro si apre con la mia presentazione. La prendo alla larga ma poi arrivo al dunque:

Un detto di origine incerta, che qualcuno attribuisce a Virginia Woolf, asserisce che “dietro ogni grande uomo c’è una grande donna”. È un detto che vuole rendere giustizia alle tante donne alle quali le culture o le circostanze raramente hanno permesso di emergere, ignorando il loro contributo alla storia e ai saperi. Molte donne sono devenute fonte di ispirazione per tante altre persone, donne o uomini che siano. Fermandosi all’ambito della storia della Chiesa, cosa sarebbe san Girolamo senza Marcella, Paola, Eustochio, Melania, oppure san Giovanni Crisostomo senza Olimpia di Costantinopoli? Del rapporto tra queste donne e questi due uomini abbiamo eccellenti testimonianze documentarie, mentre queste sono assenti o scarse per conoscere in profondità tanti altri rapporti, che pure si intuiscono particolarmente fecondi, come tra Pacomio, Isidoro, Agostino, Cassiano, Benedetto, Leandro di Siviglia, Cesario di Arles e le loro rispettive sorelle. Potremmo inoltrarci lungo i secoli, e troveremmo straordinarie coppie di persone che hanno camminato insieme nella via della santità, come santa Caterina da Siena e il beato Raimondo da Capua, poi divenuto Maestro generale dell’Ordine dei Domenicani; ma questa donna ha avuto una forte influenza anche su tanti altri uomini. Come non ricordare san Francesco di Sales e santa Giovanna Chantal, fino al Novecento con i coniugi Jacques e Raissa Maritain, Adrienne von Speyr e Hans Urs von Balthasar. Questo solo per accennare ad alcune tra le più note figure di donne e uomini che hanno camminato insieme.

Camminare insieme. Oggi si fa abitualmente riferimento al termine greco σύν oδός, percorrere la strada insieme, “sinodo”. Si fa meno ricorso alla parola latina che parla ugualmente del camminare insieme: “co-ire”, da cui “comes”, il nostro “compagno”, colui con il quale si compie un comune viaggio: il “compagno di viaggio”, che ricorda anche il condividere lo stesso pane. Nel rapporto uomo-donna l’un l’altra possono essere ora guida ora guidato o guidata. Tutti abbiamo bisogno di una guida, di chi ci offre indicazioni sicure, ci aiuta a capire a che punto del cammino si troviamo, a interpretare e superare situazioni critiche. Ma più spesso abbiamo bisogno di un semplice “comes”, un compagno, una compagna di viaggio, di un amico, di qualcuno con cui condividere gioie, prove, incertezze, scoperte, frustrazioni, debolezze. Ci si tiene per mano, si fa causa comune, quasi in “complicità”, aiutandoci a decifrare il percorso. Insieme si è più sicuri, il viaggio si fa più spedito, la meta più vicina. Un compagno, non uno che sta davanti come battistrada, o dietro a spingere, ma accanto, un semplice amico, un’amica, un fratello, una sorella di cui, nel cammino percorso insieme tra uomo e donna, si diventa l’uno dell’altra ora discepolo ora maestro, con il quale imparare insieme la strada, nella condivisione dell’esperienza del percorso, nell’accompagnamento reciproco, dove ognuno dei due diventa protagonista facendosi carico dell’altro. Una condivisione nell’amore che apra la strada a un “terzo” che si affianca, come accadde a due che se ne stavano andando verso Emmaus, e che rende capaci di aprirsi ad altri ancora, sino a costituire una “bella brigata”, come direbbe santa Caterina da Siena.

Un modello tipico del rapporto donna-uomo, nella spiritualità cristiana, rimane quello tra Chiara e Francesco d’Assisi; un rapporto che mi è sempre sembrato paritetico, e so di andare contro tanta letteratura che ne afferma la profonda asimmetricità. Se Chiara considera certamente e in molti sensi Francesco “padre” – e tale lo nomina per nove volte nella Forma vitae e anche nel Testamentum – nei fatti Francesco sembra riconoscere una maternità di Chiara nei suoi confronti, come nella permanenza a San Damiano dopo il dono delle stimmate, quando in un freddo mattino della primavera 1225 egli compone il Cantico di frate Sole e l’altro prezioso testo, Audite, poverelle. Nella sua ultima volontà Francesco chiama Chiara e le Sorelle Povere, “dominas meas”. Il 10 gennaio 1993, ad Assisi, papa Giovanni Paolo II li ha associati strettamente: «Se è vero che Chiara era come un “riflesso” di Francesco, e in lui “ci si vedeva tutta come in uno specchio”, non c’è dubbio che, nella comunione dello stesso Spirito, la luce della purezza e della povertà di Chiara ha illuminato il volto del Poverello (…). Per tale ragione Chiara è indissolubilmente legata a Francesco e il messaggio evangelico dei due risulta complementare».

Si esaurisce qui, in questa relazione con Chiara, il rapporto uomo-donna, maschile-femminile, di Francesco d’Assisi?

Il libro di Sabrina Viti apre una nuova prospettiva in questo campo rievocando un’altra persona femminile che si affianca a santa Chiara, Jacopa Frangipane de’ Settesoli. Una donna sposata accanto a una vergine consacrata, una signora immersa nelle vicende della società del suo tempo e una monaca raccolta in convento. Si può condividere il carisma di san Francesco e affiancarlo in tanti modi diversi. Jacopa Frangipane de’ Settesoli, soprattutto in questi ultimi anni, è stata oggetto di particolare studio. La sua figura e la sua vicenda storica si prestano all’indagine, alle ipotesi, alle più diverse interpretazioni, perfino all’inventiva del romanzo, come quello scritto da Lucia Tancredi (2022). Sabrina Viti va ancora avanti e persegue una ricerca minuziosa, accurata, oggettiva, che pure tradisce una passione per questa donna così poliedrica, generosa, tenace, profondamente amante. Si delinea così, nella vita di Francesco, una presenza di tutta un’altra caratura rispetto a quella di Chiara, senza che questa venga sminuita minimamente.

Siamo a Roma, una città già cosmopolita nel 1200, dove Jacopa si muove con la sicurezza della donna di mondo, forte, intraprendente, navigata nel campo degli affari e delle relazioni sociali. Sa trattare con il Papa, con i signori, con i contadini delle sue terre. Guida Francesco per le vie della città come se fosse un figlio, appena maggiore dei suoi. Potremmo forse immaginare che lo conduce per mano. Ottiene dai Benedettini di S. Cosimato in Trastevere la cessione dell’ospedale di San Biagio, che divenne il primo luogo romano dei Minori. Diviene la più valida collaboratrice del neonato movimento francescano a Roma.

Un profilo diverso da quello di Chiara, evidente anche nell’appellativo: se Francesco chiama Chiara con il nome di “sorella” e vi intravede una forma di maternità, chiama Jacopa con il nome di “fratello”: Frate Jacopa, quasi un suo “socio”, un “compagno” appunto, con cui si condivide il pane. Ella, da parte sua, gli dimostra grande dedizione e rimane sua carissima amica per tutta la vita, fino ad essergli vicina anche in punto di morte, fino ad essere sepolta accanto alla sua tomba. Con quei “mostaccioli” che gli porta alla fine – autentico o meno che sia l’episodio – con la propria veste nuziale con la quale ne avvolge il corpo, appare quasi una continuazione delle donne fedeli del Vangelo, capaci di seguire il Signore fino ai piedi della croce, di ungere il suo corpo, e di meritare di incontrarlo Risorto.

La rievocazione storica compiuta da Sabrina Viti non soltanto ci apre alla scoperta di uno straordinario mondo medievale, ricco di particolari, spesso inediti; avvia anche a una nuova e più complessa comprensione dei rapporti tra queste due persone, Francesco e Jacopa, a conferma, ancora una volta, di come “dietro ogni grande uomo c’è una grande donna”.

Jacopa de’ Settesoli appare così una persona vicina a tante altre persone, sposate come lei, come lei immerse in difficili questioni economiche, che devono districarsi fra questioni ereditarie, che devono combattere per la verità… Diventa fonte di ispirazione per quella folla di uomini e donne che hanno seguito san Francesco e che continuano a seguirlo pur non essendo “frati” e che Francesco riconosce comunque come tali e tali continua a chiamare, come chiamava “frate” Jacopa; una folla di uomini e donne pronti, come lei, a condividere il pane con Francesco e tra di loro, autentici compagni del viaggio della vita e della santità.

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