lunedì 7 luglio 2025

Piccola storia di fr. Camillo Bianchin

 

È stata appena pubblicata  la biografia di p. Camillo Bianchin. Ecco la mia presentazione:

Una calma olimpica, quella di Camillo. Una volta andammo insieme in piscina. Ci sedemmo sul bordo, scambiammo alcune parole, poi mi gettai in acqua. Io avevo già fatto due, tre vasche e lui, ancora seduto sul bordo, continuava a bagnarsi lentamente e lentamente cominciò a immergersi nella piscina: gli ci voleva un tempo infinto. Una volta in acqua, un delfino… E quando arrivava regolarmente in ritardo ad ogni incontro, ad ogni appuntamento? A volte, devo dire la verità, la cosa mi irritava un po’. Ma quando appariva con il suo solito sorriso disarmante ricompensava di ogni attesa.

Capitano di lungo corso, Camillo, fatto non per lo sprint dei centro metri, ma per la durata della maratona. E di strada ne ha percorsa, fino agli ultimi anni della sua presenza serena e operosa a Saccolongo, con i frati anziani e ammalati, con i quali ha saputo stare al passo, infondendo gioia e pace. Le ultime volte che ci siamo incontrati è stato proprio in questa sua comunità, ormai persona luminosa, che aveva raggiunto una grande umanità e profondità spirituale.

Una vita, la sua, che testimonia una stagione ecclesiale tumultuosa e insieme ricca, creativa, guidata da idealità e speranza; speranza teologale, che è certezza nonostante tutto, perché sa che il disegno di Dio si realizza comunque. L’ha descritta bene Paolo Baldisserotto, l’amico di sempre, a cui va tutta la nostra gratitudine. Scrivendo di p. Camillo ha fatto rivivere a tanti di noi tratti fondanti della vita che con lui abbiamo condiviso.

Mi sembra significativo il primo scritto di Camillo riportato in queste pagine. Certamente prima di allora avrà scritto altre cose, ma questa lettera, indirizzata a p. Andrea Balbo il 19 maggio 1969 per comunicargli l’esperienza vissuta nella Mariapoli di Bassano, è come il preludio in una sinfonia, enuncia il tema di tutta l’opera, in questo caso, di tutta la sua vita: «È stata quell’unità “divina” che spirava in Mariapoli a darmi una svolta decisiva. La chiamo “divina” perché non riesco a spiegarla a parole. È una realtà troppo bella e perfetta. È stato l’amore parlato in ogni circostanza, calato in ogni attimo presente che lentamente mi ha liberato da tutti i complessi psico-fisici e che mi ha reso semplice e bella, bellissima la vita francescana. Più bella di quella ideata in noviziato: più bella, perché più semplice!». C’è già tutto: unità, amore, vocazione francescana; saranno le coordinate che daranno l’orientamento costante al suo cammino. Unità da una parte, vita francescana dall’altra, in mezzo l’amore. Con queste tre parole Camillo ha sintetizzato il cammino fatto da tanti religiosi che fin dagli anni Quaranta erano venuti in contatto con il Movimento dei Focolari – come lui a cominciare dalla Mariapoli di Bassano.

Religiosi nei quali brillava la propria vocazione, il dono che Dio aveva riversato su di loro attraverso il carisma dei fondatori. Per Camillo era il dono che gli era giunto attraverso san Francesco. Può esserci vocazione più bella di quella francescana? E allora che cosa gli mancava, per dover andare dai focolarini? Non gli mancava niente, perché ogni dono di Dio è completo in sé. Ma Camillo, come prima di lui tanti altri Francescani, a cominciare da Bonaventura Marinelli, Raffaele Massimei, Angelo Beghetto, Andrea Balbo, e da religiosi di tante altre famiglie, ha scoperto un “di più”: la possibilità di vivere la propria vocazione in “unità” con altre vocazioni – questa la grande scoperta! –, condividere il dono ricevuto, perché nella comunione ognuno si arricchisce del dono dell’altro e vede risplendere il proprio di luce nuova.

Ecco dunque la terza parola, la più semplice, la più profonda, la più vera: “amore”. Cos’è che lega religiosi di ordini e istituti tanto diversi? L’amore reciproco. Il Movimento dei Focolari ha questo come proprio dono specifico da condividere nella comunione con gli altri doni: offrire lo spazio perché il comandamento nuovo dell’amore reciproco venga vissuto non soltanto tra le singole persone, ma tra le più diverse realtà ecclesiali, prime fra tutte le differenti famiglie e comunità religiose. Lo scriveva già nel 1950 la fondatrice, Chiara Lubich, che fra l’altro, come testimonia questo libro, ha avuto tanta parte proprio nella vicenda personale di p. Camillo. Quale frutto dell’esperienza di comunione che lei viveva con tanti religiosi e della sua intuizione carismatica, afferma: «Noi dobbiamo soltanto far circolare fra i diversi Ordini l’Amore. Si devono comprendere, capire, amare come Si amano [tra di loro] le Persone della Trinità. Fra essi c’è come rapporto lo Spirito Santo che li lega, perché ognuno è espressione di Dio, di Spirito Santo». Ella può offrire “la tecnica dell’unità”, “l’arte di amare”, il rapporto con Gesù Abbandonato espressione massima dell’amore, di cui il suo carisma la rende maestra. La sua è come la missione di Maria che nel cenacolo lega tra loro gli apostoli senza avere la missione dell’apostolo.

Camillo ha imparato ad amare, con una concretezza proverbiale, che lo ha reso attento a ogni persona. Per lui ogni persona era unica e a lei si dedicava con pazienza, con la sua solita calma, diventata ormai una virtù provvidenziale, che gli consentiva di cesellare ogni anima, di non lasciare da parte nessuno, di accompagnare fino in fondo, fino al compimento della missione.

Amore personale che è diventato amore “collettivo”, verso il popolo della parrocchia, delle comunità di cui faceva parte, dei gruppi che gli venivano affidati. Amore verso le altre famiglie religiose, che lo ha portato a dare vita a iniziative intelligenti e creative, ben al di là della propria famiglia.

Proprio questo esercizio d’amore e d’unità, con tutti e verso tutti, ha avuto come effetto quello di renderlo autentico francescano, una persona libera, generosa, nella perfetta letizia.

Un percorso che può continuare ad essere specchio per tanti che vogliono vivere in pienezza la propria vocazione, qualunque essa sia. Basta che sia vissuta in unità e nell’amore.

 

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