giovedì 27 febbraio 2025

Parva Congregatio

Per il mio ufficio sto facendo un lavoro di edizione minuzioso e puntuale, più adatto a un certosino che a un oblato. Comunque questo mi rimette tra le mani tanti fonti preziose, come la Regola di sant’Eugenio del 1825. Gli Oblati si stanno infatti incamminando verso i 200 anni dall’approvazione della Regola e della loro famiglia. Allora non c’erano fotocopie o pdf e sant’Eugenio arrivò a Roma con una sola copia della Regola che voleva fare approvare dal Papa. L’aveva copiata in bella scrittura p. Jeancard, un letterato. Ma quella copia doveva rimanere nell’Archivio del Vaticano e occorreva un’altra copia da riportare a casa. Un po’ per i tempi stretti, un po’ per mancanza di soldi sant’Eugenio pensò che faceva prima e gli costava meno copiarsela tutta lui in tempo di record.

Oggi ho ripreso in mano quella copia. Non è scritta con la bella grafia di p. Jeancard, le righe tendono un po’ verso il basso… ha fatto quello che ha potuto. È comunque un un'opera preziosa. Ma soprattutto vale il contento. A cominciare dalla prima riga, anzi dalle terza parola: “Finis hujus parva Societatis…”. Il fine di questa “piccola” Congregazione. Piccola, commentava già pochi anni dopo p. Yanveaux, non si riferisce all’esiguità del numero dei suoi membri, ma alla “loro umiltà, alla loro modestia e alla loro semplicità”, senza rivalità nei confronti degli altri ordini o congregazione, verso i quali occorre invece mantenere una grande stima.

“Parva” mi fa pensare anche a tutti i nostri limiti, alle fragilità che ci sono tra di noi. Chi è all’altezza della vocazione? Sapienza è accettare le nostre debolezze, l’inadeguatezza, essere riconciliati con le nostre povertà. E come sarà il futuro? Avremo energie e capacità per affrontare le sempre nuove sfide? Fiducia e speranza è fidarsi di Dio che nella sua provvidenza vede e provvede anche ai fiorellini del campo.

Sì, “parva”, piccola congregazione, senza pretese: servi inutili che svolgono la missione che Dio ci ha affidato, con gioia e con le forze che abbiamo, fino all’ultimo, “usque ad internicionem”, come scriveva sant’Eugenio nella Regola.

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