Con una pubblicazione all’anno
Oblatio Studia (il supplemento della rivista Oblatio) è arrivato al 13° volume.
Complimenti! Ho infatti appena pubblicato l’opera di Miguel Fritz: 10 anni di
presenta Oblata nel Chaco.
Arrivarono in 5, dalla
Germania. Vivevano sulle rive del fiume Pilcomayo, di fronte all'Argentina, in
una zona occupata dai soldati boliviani. Sapevano poco o nulla del fatto che
quella regione era oggetto di contesa tra Bolivia e Paraguay. Arrivarono nel
Chaco boliviano, su richiesta del presidente boliviano Saavedra e inviati da
“Propaganda Fide” del Vaticano.
Il libro offre un saggio di
cosa sia stata quell’epopea, con lo scoraggiamento (infatti, presero la
decisione di abbandonare la missione, ma poi sono rimati…), i vari
ostacoli: il caldo, le inondazioni, gli incendi, le povertà; ma anche da parte
delle autorità militari ed ecclesiastiche… Senza dimenticare le prove causate dai
limiti e dagli errori umani.
Fu un incredibile mix di
tenacia, obbedienza, creatività e certamente anche di Spirito Santo che
protesse gli Oblati in questa parte del Chaco, che da “boliviano” divenne
“paraguaiano”, un bel cambiamento. Ma il cambiamento maggiore fu quello della
visione missionaria: dal “salvare le anime” al salvare un’intera cultura, un
gruppo etnico. “Ci hanno salvati”: è quanto è rimasto immortalato nella memoria
viva del popolo Nivaĉle. Si allargava anche il territorio nel quale gli Oblati
operavano, raggiungendo altri popoli indigeni (e non indigeni). Quando, alla
fine degli anni '30, a seguito della guerra del Chaco, gli indiani Guaraní
furono portati nel Chaco paraguaiano, si aprì ancora un altro campo di missione…
Nell’introduzione il Padre Generale
scrive: «Se in questo libro sono evidenti le diverse e numerose occasioni in
cui l’azione dei missionari riesce a salvare un popolo dall’estinzione,
possiamo anche leggere come quello stesso popolo “salva” i missionari dalle
loro idee e perfino dalla loro ecclesiologia, chiamiamole etnocentriche. In
questo senso, non solo i Nivaĉle possono dire che i missionari “ci hanno
salvato”, ma anche i missionari possono dire che i Nivaĉle “ci hanno salvato”,
perché leggendo questi documenti possiamo vedere l’evoluzione della mentalità
dei missionari prodotta grazie al contatto e al cammino mano nella mano con i
popoli indigeni».
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