mercoledì 12 aprile 2017

Giovedì santo: “Visita delle sette chiese”


Giovedì Santo, 13 aprile 2017. Quest’anno non sarò solo a fare la tradizionale visita delle sette chiese, ma trascinerò con me qualche amico… ed ho preparato un bell’itinerario che dalla Basilica di santa Maria Maggiore, giunge a Piazza di Spagna attraversando il quartiere Monti. Tutti invitati…

Tradizione nata dall’intreccio del pellegrinaggio alle sette chiese e della venerazione verso il sacramento eucaristico, conservato per i giorni di venerdì e sabato santo.
Il pellegrinaggio alle sette chiese, di origine medievale, nella forma più recente è dovuto a san Filippo Neri. Toccava le grandi basiliche romane (san Pietro, san Paolo fuori le mura, san Giovanni in Laterano, san Lorenzo, santa Maria Maggiore, santa Croce in Gerusalemme e san Sebastiano).
Col tempo acquistò un carattere penitenziale, spostandosi alla fine della Quaresima e facendo memoria delle tappe di Gesù nel percorso della sua passione.
Al medio evo risale anche la cosiddetta visita a quello che impropriamente viene chiamato “sepolcro”, il luogo dove al termine della messa nella Cena del Signore si ripone il ss. Sacramento per la sua venerazione.
Nel 1988, la Congregazione per il Culto divino, nel documento per la Preparazione e celebrazione delle feste pasquali, stabilisce che «il tabernacolo o custodia non deve avere la forma di un sepolcro. Si eviti il termine stesso di “sepolcro”: infatti la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare “la sepoltura del Signore”, ma per custodire il pane eucaristico per la comunione, che verrà distribuita il venerdì nella passione del Signore». La custodia eucaristica è un invito all’adorazione che segue la celebrazione della messa nella Cena del Signore (cf Preparazione e celebrazione delle feste pasquali, 55ss).

Introduzione

Visiteremo le sette chiese assieme a sant’Eugenio de Mazenod, che ci parlerà dell’Eucaristia.

Un ricordo

Un giovedì santo – mi si permetta questo ricordo personale – eravamo nella cattedrale di Marsiglia. Il vescovo [mons. Eugenio de Mazenod] vi officiava con quella maestà dolce e raccolta che lo rendeva celebre tra tutti i prelati, suoi contemporanei. Improvvisamente lo vedemmo piangere e, pur sforzandosi, non riusciva a dissimularlo. I seminaristi che circondavano il trono episcopale, colpiti dall’emozione del Pontefice, lo guardavano con commozione. Se ne accorse e, rivolgendosi a uno di loro, l’autore di queste righe, la cui miopia rendeva l’attenzione più fissa, disse con quella semplicità che gli faceva conquistare i cuori: “Ragazzo mio, non meravigliarti; oggi è l’anniversario della mia prima comunione!”. (Mons. Ricard, Mgr. de Mazenod évêque de Marseille..., Paris 1892, p. 12)

Un invito

Vi invitiamo a santificare, nelle vostre chiese, la notte tra il giovedì e il venerdì santo. Ci sta veramente a cuore che questa grande notte, che ricorda la Passione di Cristo, non passi, nelle vostre parrocchie, senza una adorazione continua del mistero dell’Eucaristia, nella quale, secondo l’espressione di S. Paolo, annunciamo la morte del Signore.
Fattosi vittima per la nostra salvezza, viene allora solennemente esposto davanti a noi nello stato di immolazione che ci ripropone, in tutto, la realtà della sua divina presenza, quello che, in questa ora, ha sofferto per le nostre anime, prima di dare la sua vita per il nostro riscatto. Non è una cosa meravigliosa, in questi momenti preziosi, poter unirsi, senza alcuna riserva, alla sua persona, fondendo i nostri sentimenti coi suoi, compatendo i suoi dolori, domandandogli perdono dei nostri peccati e rendendo omaggio alla sua gloria, nelle profonde umiliazioni che ha subito? (Lettera ai sacerdoti della diocesi di Marsiglia, 28 marzo 1857)

Basilica di Santa Maria Maggiore
L’Eucaristia vincolo di unità, fa la Chiesa

Come nella Chiesa primitiva i cristiani avevano un cuor solo e un’anima sola, [così i fedeli riuniti per la celebrazione eucaristica] hanno tutti un solo sentimento, una stessa parola e una stessa voce. Nella celebrazione eucaristica la fraternità dei cristiani, la loro unione con Dio si manifesta nel modo più sensibile; si sente che ci si trova nella casa del Signore, solo vero legame degli spiriti e dei cuori. Qualcosa dice all’anima che, soprattutto in questo momento, si realizza questa parola del divino Maestro: là dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt. 18,20) per concedere loro quello che chiedono. (Lettera pastorale, Quaresima, 8 febbraio 1846)

Basilica di Santa Pudenziana
L’invito di Gesù nell’Eucaristia: Venite a me

La chiesa di S. Pudenziana fu costruita nel 145 da Pio I sulla casa del senatore cristiano Pudente dove S. Pietro, secondo la tradizione, soggiornò e battezzò le due figlie di Pudente, Prassede e Pudenziana.
Sant’Eugenio vi venne per l’adorazione eucaristica, in piena notte, il 26 febbraio 1826.

Oh, quanto siamo ciechi nell’avere in mezzo a noi la sorgente di ogni consolazione e ostinarci a non voler andare ad attingervi. “Venite a me, grida incessantemente lo Sposo, venite a me tutti voi che soffrite i tormenti della vita e che siete nell’afflizione, e io vi ristorerò. Il mio desiderio più grande è stare con i figli degli uomini. Sono rimasto sulla terra dopo la mia gloriosa Ascensione, solo per dare ad ognuno di loro il mezzo per dissetarsi alle mie sorgenti vive, per dissetarsi dall’arsura che il duro viaggio della vita procura loro. Venite, venite. Sono il pane di vita, sono la forza dei deboli, il sostegno di tutti. Guai a chi rifiuta i miei inviti, perché chi non mangia la mia carne non avrà la vita in sé. (Alla nonna, Caterina Elisabetta Joannis, in occasione dell’onomastico, 3 dicembre 1810, “Écrits oblats”, 14, 194-196)

Chiesa del Bambino Gesù
L’Eucaristia: il Dio tra noi

La chiesa del Bambino Gesù fa parte di un convento e di un collegio costruiti nel 1700 da papa Clemente XI per la Congregazione delle Oblate Convittrici del Ss. Bambino Gesù.

Gesù si immola sui nostri altari e rimane con noi nella santa Eucaristia. Aveva detto ai suoi discepoli che sarebbe rimasto con loro tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli (Mt 28,20) e questa promessa l’ha realizzata non solo con l’assistenza che continuamente dà alla sua Chiesa, ma anche attraverso la sua reale presenza nei templi che si è scelto perché siano il tabernacolo di Dio con gli uomini (Ap 21,3).
E là, come nel cielo, è presente in Corpo e Anima, in quanto uomo. È presente, in quanto Dio, con la sua divinità essenziale alla sua persona, alla sua onnipotenza e al suo amore senza limiti. La sua gloria è la stessa che in cielo, ma è nascosta sotto le apparenze dell’Eucaristia.
Gesù Cristo, nell’Eucaristia, è sul trono del suo amore e sull’altare del suo sacrificio. La sua infinita bontà per gli uomini ve lo tiene perpetuamente incatenato. È, per così dire, prigioniero della sua immensa carità. Vi rimane il giorno e la notte, mai abbandona la dimora che si è dato per rimanere con noi. Nella sua vita immortale non ha mai voluto separarsi dalla creatura umana e così abitare con lei come nel tempo della sua vita umana. Così è presente nella nostra città come nelle campagne, sotto i rivestimenti dorati come sotto i tetti di paglia, nei più ricchi templi del mondo civilizzato come nelle più povere capanne delle contrade selvagge, nei ghiacci del popolo come sotto i fuochi dei tropici. Si trova dappertutto dove si trova la sua Chiesa; vuole essere dappertutto dove c’è un’anima umana da amare e da salvare. È accessibile a tutti, sempre pronto a riceverli, a intrattenersi con loro a parlargli interiormente, ad ascoltarli e a riempirli di consolazioni, di benedizioni e di ogni tipo di grazie. (Lettera pastorale, 21 dicembre 1859)

Chiesa di San Pietro in Vincoli
Confidenza con Gesù Eucaristia

Sant’Eugenio venne in visita il 4 dicembre 1825. Ricorda che qui sono custodite “le catene con cui fu legato il Principe degli Apostoli, sia a Gerusalemme sia a Roma”, e che “sotto l’altare maggiore vi sono i corpi dei sette fratelli Maccabei”.

Stamani, prima della comunione, ho osato parlare al Maestro buono con lo stesso abbandono che avrei potuto avere se avessi avuto la fortuna di vivere quand’era sulla terra. Gli ho esposto le nostre necessità, gli ho domandato luce e aiuto, poi mi sono abbandonato completamente a lui, senza volere assolutamente nient’altro che la sua santa volontà.
Mi sono poi comunicato con questa anima e, appena preso il prezioso sangue, mi è stato impossibile frenare l’abbondanza di consolazioni interiori che mi hanno invaso, tanto che, malgrado gli sforzi per non far apparire, al fratello che mi serviva la messa, quello che passava per la mia anima, ho dovuto emettere sospiri e versare una tale quantità di lacrime da bagnare il corporale e la tovaglia. Ero contento e, benché sia tanto povero, sentivo di amarlo e di essere nella gratitudine. (A p. Tempier, 23 agosto 1830, “Écrits oblats”, 7, 216)

Chiesa di Santa Maria ai Monti
Cosa non si domanderebbe a Gesù Eucaristia?

Un giorno di aprile del 1579 alcuni operai, intenti a demolire il muro di un fienile, udirono una voce che pregava di non far male al bambino: stupiti, gli operai tolsero i mattoni con le mani e ritrovarono un bellissimo affresco rappresentante la "Vergine con il Bambino". Una donna non vedente di nome Anastasia, dopo aver visto la Sacra Immagine, riacquistò la vista. Il ripetersi dei miracoli e la gran folla che ogni giorno si accalcava dinanzi alla casa convinsero papa Gregorio XIII a dare l'assenso alla costruzione della chiesa. 
Il 2 aprile 1826 sant’Eugenio venne a pregare per una mezz’ora sulla tomba di San Benedetto Giuseppe Labre, allora venerabile.

Mi metterò sull’inginocchiatoio per adorare il nostro amato Salvatore con tutte le forze della mia anima 1. per tributargli l’onore a lui dovuto; 2. in riparazione di tutti gli oltraggi che riceve in ogni tempo, ma più particolarmente in questi giorni di dissoluzione; 3. per domandargli tutte le grazie che mi sono necessarie per governare santamente il popolo che mi ha affidato; 4. per chiedergli perdono dei miei peccati e di tutte le mie negligenze nel suo servizio e nello svolgimento di tutti i miei doveri; 5. per supplicarlo di vivere e morire nella sua grazia.
Cosa non si domanderebbe quando si sta ai piedi del trono della misericordia, si adora, si ama, si vede Gesù, nostro maestro, nostro padre, Salvatore delle nostre anime, e si parla con lui che risponde al nostro cuore con l’abbondanza delle sue consolazioni e grazie! Oh! Come passa in fretta questa mezzora gradevolmente utilizzata! (Diario, 7 febbraio 1839, “Écrits oblats”, 20, 41-42)
Guardatevi dall'allontanarvi, anche un giorno solo, dal santo altare: è là che dovete attingere la vostra forza. Al momento della comunione ditegli amorosamente tutte le vostre pene... In spirito abbracciate i suoi piedi, ditegli che non vi separerete mai da lui, che volete amarlo e sempre, dopo mettetelo nel vostro cuore e non preoccupatevi di niente. (A P. Jourdan, 30 marzo 1823)

Chiesa di S. Maria di Loreto
L’Eucaristia: l’amore nella più alta espressione

Fu costruita dalla Confraternita dei Fornari, nel 1507, su una chiesa preesistente. Sull’altare la tavola realizzata da un artista della scuola di Antoniazzo Romano, la "Madonna tra i Ss. Sebastiano e Rocco", qui trasferita dalla chiesa precedente.

Anche se in uno stato di gloria come nel cielo, nella sua Eucaristia Gesù Cristo è misticamente, in uno stato di immolazione e di vittima come sulla croce. È l’Agnello di Dio immolato dall’inizio del mondo (Ap 13,8) per la salvezza degli uomini. Non solo è la vittima, ma anche il sacerdote che si offre e si immola incessantemente per noi. È il pontefice sempre vivo per intercedere a nostro favore (Eb 7,25), per attirare su di noi tutte le grazie meritate dal suo sacrificio…
Veramente ha annichilito se stesso (Fil 2,7) per noi, come fece nella sua incarnazione quando prese la forma di schiavo (Fil 2,7). Ha fatto ancora di più nel divino Sacramento ha voluto diventare nostro cibo, incorporarsi a noi per rendere la nostra unione con lui ancora più intima e, in qualche modo, identificarci con Lui. Potremmo trascurarlo in quello che è lo stato dell’amore nella sua espressione più alta? (Lettera pastorale, 21 dicembre 1859)

Basilica di San Marco
Adorare e fare adorare l’Eucaristia

Fu fondata nel 336 da papa Marco nel luogo dove S. Marco Evangelista avrebbe vissuto nel suo soggiorno romano intorno al 41 d.C.

Quanto sarei felice se, con tutti i gesti esteriori di adorazione che compio, potessi insegnare alla mia gente come tributare omaggio a Gesù Cristo nel sacramento dell’amore! Vorrei farmi ancora più piccolo e annientarmi alla sua divina presenza per mettere in luce la gloria a lui dovuta e farlo onorare come si deve. Vorrei rendere note all’universo intero le consolazioni interiori che sperimento tutte le volte che compio questo dovere.
Sono felice di vedere tributare a Gesù eucaristia questi omaggi, accompagno con un sentimento intimo della mia anima l’atto esteriore che esalta la grandezza e la forza del mio Dio e dico dentro di me che sì, ne è degno, che questo onore gli è dovuto. Possa egli essere conosciuto e adorato da tutti gli uomini da lui redenti. (Diario, 10 febbraio 1839, “Écrits oblats”, 20, 44)

Conclusione: Cappella dell’adorazione, Piazza Venezia
Mangiare la Pasqua

Con che mezzo solennizzerete degnamente la festa di Pasqua e le altre feste cristiane? In questi giorni la Chiesa chiama i suoi figli, li invita al sacro banchetto. Sono nozze divine che celebra, in una santa unione, col suo celeste Sposo e desidera vivamente che tutti i suoi siano ammessi a partecipare alla gioia di questa ineffabile unione prendendo posto nella sala del banchetto dopo essersi prima vestiti dell’abito nuziale. La vita cristiana è solo una perpetua comunicazione con Gesù Cristo. Ci interessa, quindi, profittare con riconoscente fedeltà all’invito della Chiesa per stringere sempre più i nostri legami col nostro Salvatore che desidera, incessantemente, ardentemente mangiare la Pasqua con noi (Lc. 22,15).
Lo spirito della Chiesa è sempre lo stesso: desidera che i suoi figli celebrino con lei le sue feste seduti alla mensa dell’Agnello di Dio attorno a cui celebrerà con loro, in cielo, la festa eterna. (Lettera pastorale, Quaresima, 8 febbraio 1846)


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