Sulla rivista Consacrazione e servizio” è apparsa la recensione di Giovanni Casoli al libro La storia di Dio e la mia.
Fabio Ciardi va a Cuba e nella sala messagli a disposizione dai Domenicani (intitolata a Las Casas, difensore degli indigeni dai “cristiani” sfruttatori) tiene conferenze bibliche sui generis: parla, con impressionante corredo di riferimenti letterati, artistici, linguistici, musicali e anche scientifici, e di citazioni ben prelevate dalla Scrittura, di una Bibbia per credenti e non credenti, lui sacerdote e missionario, persuaso, come Van Gogh, che «le cose non sono quello che sembrano, che Dio ci insegna cose più alte attraverso le cose della vita quotidiana», come la Bibbia, appunto, che è il “grande codice” dell’umanità, è poema di Dio per i credenti e fonte inesauribile di verità umane e di poesia per gli altri.
Con tono tutt’altro che professorale, anzi colloquiale-familiare, Ciardi, che evidentemente racconta nelle vicende della Bibbia la sua stessa di uomo in dialogo col Padre che rivela e col Figlio che salva (entrambi in modo umani), può dire: «Senza la Bibbia il nostro linguaggio rimarrebbe muto. Ma anche Dio, senza le nostre parole, non saprebbe parlare».
I cubani si interessano sempre più, oltre il loro credere o non credere, perché sentono rifiorire l’umano a un livello di rispetto, comprensione, amore, che il mondo anela e non trova, mentre qui lo vede con stupore dispiegarsi nei secoli e nelle genti che si susseguono e si ispirano a vicenda convergendo nelle parola biblica; scoprono che essa ha anticipato dignità, diritti e progetti sull’uomo che la storia successiva è ancora lontana dal realizzare compiutamente.
Lo dicono anche tanti atei, come, sia pure provocatoriamente, Eugenio Scalfari:«Ha detto tante cose Gesù. Forse i laici dovrebbero promuovere un raduno di massa intitolato al suo nome per vedere fino a che punto la Chiesa di oggi abbia ancora il diritto di usarlo»,
Lo ha, come ogni uomo, e per mandato di Cristo; ma battendosi il petto e aprendolo alla speranza.
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