giovedì 13 aprile 2023

L'anziano: un mendicante di aiuto

Sto preparando una conferenza sull'anzianità. Occasione d'oro per meditare su di me!

Tante volte si dice che con l’invecchiare una persona rimbambisce. La definizione di rimbambire che leggo sulla Treccani è “Smarrire la vigoria intellettuale, il buon senso e l’equilibrio, proprî dell’età matura”. Potremmo intenderlo in senso evangelico. “Se non diventate come bambini non entrerete nel regno dei cieli”. L’anziano si avvia alla soglia del regno dei cieli e per lui è urgente ritornare come i bambini, “rimbambire”. Sappiamo il significato di questa parola di Gesù: il regno dei cieli è un dono e lo si accoglie al modo con cui i bambini sono soliti accogliere ogni aiuto da parte degli adulti. I bambini hanno bisogno di chi procuri loro il cibo, se sono piccoli di essere imboccati; hanno bisogno di chi allacci loro le scarpe; hanno bisogno di essere aiutati in tutto. Per un anziano questo bisogno di aiuto può essere umiliante. Può diventare occasione per farsi “mendicante”. 

Il cardinale Martini amava ricordare che la cultura indiana divide la vita in quattro momenti:  “Il primo è lo stadio in cui si impara; il secondo è quello in cui si insegna o si servono gli altri; nel terzo si va nel bosco, il bosco profondo del silenzio, della riflessione, del ripensamento… Nel quarto stadio, particolarmente significativo per la mistica e l’ascetica indù, si impara a mendicare; l’andare a mendicare è il sommo della vita ascetica… È l’età in cui la rinuncia ai propri beni significa la capacità di presentarsi con la mano destra aperta, per ricevere umilmente il pane quotidiano. Mendicare significa dipendere dagli altri – ciò che mai vorremmo avvenisse – e dobbiamo prepararci. Il tempo del bosco ci prepara, prepara il momento che può avvenire oggi, domani o dopodomani, secondo la volontà del Signore”.

I vecchi diventano predicatori silenziosi dell’attesa di sostegno e di aiuto: è il loro corpo indebolito e dipendente che parla, non le loro parole, spesso segnate dalla confusione. Il loro corpo parla del limite, del bisogno di essere amati e sostenuti. La debolezza dei vecchi è provocatoria: invita i più giovani ad accettare la dipendenza dagli altri come stile di vita, come modo di vivere. Quel che l’anziano insegna con la sua condizione di dipendenza è il bisogno di aiuto che tutti abbiamo.

In questo tempo di Pasqua come non ricordare le parole di Gesù a Pietro sulle rive del lago di Tiberiade: «“In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio» (21, 18-19). “Tendere le mani”: qui si racchiude il magistero della vecchiaia, ossia tendere le mani in cerca di aiuto. Ecco, i vecchi ricordano a tutti la radicale debolezza di ciascuno, anche quando è in salute. Più ancora, il profondo legame che tutti ci unisce, bisognosi gli uni degli altri, sempre, in mille modi.

Quando uno è giovane è chiamato a prendere in mano la propria vita, a fare progetti, ad andare dove pensa più opportuno, ad organizzare il proprio ministero, a programmare la vita della comunità, della missione… Ma alla fine la cosa più intelligente sarà consegnarsi interamente nelle mani del Signore e lasciarsi guidare . È lui la Via e ci condurrà dove egli sa. Seguire Gesù, condividendo tutto di lui, anche la morte.

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