martedì 24 ottobre 2017

A Pordenone per ritrovare la freschezza della Parola di Vita



A Pordenone, nell’ambito della Rassegna dell’editoria religiosa, ho presentato il libro Parole di Vita, il primo delle Opere di Chiara Lubich. Mi ha intervistato Marco Roncalli, storico, scrittore, giornalista, nonché nipote di papa Giovanni XXIII.
Fuori della grande tenda pioveva a tutto spiano con tuoni e lampi, dentro un clima bellissimo e gente contenta! È stata l’occasione per raccontare il libro a tutto campo, spiegando anche cose che non ho scritto nella pur lunga introduzione (“Un libro nel libro”, diceva Roncalli). Per esempio: perché negli anni in cui era più intensa l’esperienza carismatica degli inizi abbiamo così poche “Parole di Vita”? dal 1943 al 1951 soltanto 15. Allora è un mito la storia dei “primi tempi” quando si viveva la Parola di Vita?

È che adesso confondiamo la Parola di Vita con il commento alla Parola di Vita, dimenticando che la Parola di Vita è appunto tale, la Parola di Dio. Quello che conta è la frase della Scrittura che ci viene consegnata, non il commento. Si viveva dunque agli inizi la Parola di Vita? Sicuramente e se ne sceglieva una la settimana o ogni quindici giorni o ogni mese, senza una regolarità prestabilita. E i commenti? Chiara li faceva certamente, ma non necessariamente scritti. Spiegava la Parola scelta, offriva delle indicazioni su come viverla, raccontava qualche sua esperienza. Poi la Parola del Vangelo passava di bocca in bocca, assieme a quei commenti essenziali e, ogni volta che la si raccontava ad altre persone, la si diceva con parole proprie, con nuove esperienza che intanto si erano già condivise. Non soltanto la Parola era viva, ma era vivo anche il commento, non fissato su carta, ma scritto sui cuori e quindi ripetuto adattandolo alle circostanze, alle persone… Tanto dipendeva dall’ambiente che si creava quando si parlava della Parola di Vita.

Abbiamo molte annotazioni di Chiara di quegli anni nelle quali spiega come vivere la Parola di Vita, senza che venisse stampato un vero e proprio commento. Forse era quello che si appuntava personalmente per poi parlare ai suoi amici. A volte scriveva e poi strappava il foglio per lasciare libero lo Spirito Santo, così che fosse lui a commentare la Parola che da lui era stata ispirata.
Altre volte troviamo bellissimi commenti alla Parola di Vita di quel momento nelle lettere che Chiara scriveva. In questo caso è evidente che commentava quella Parola adattandola alla persone a cui scriveva.
Sarebbe interessante rintracciare i testi di quegli anni riguardanti le Parole di Vita e raccogliere le esperienze di chi allora le viveva, per capire come la si commentava e la si trasmetteva.

Penso ci siamo fissati troppo sul commento scritto che ci arriva mese per mese, pensando che tutto si esaurisca nel leggerlo. È la fossilizzazione della Parola di Vita, che invece va fatta propria, personalizzata, adattata, tradotta, interpretata, con la creatività e la libertà dello Spirito.


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