giovedì 28 settembre 2017

L'amore estremo / 2

La seconda valenza di quel “sino alla fine” è quella dell’intensità, della totalità: un amore che non è solo perseverante, ma che cresce fino al dono estremo di sé. Davvero «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13), e lui l’ha data! La parola «È compiuto» acquista allora un significato ancora più profondo, ha il senso della pienezza, della misura pigiata, scossa e traboccante (cf. Lc 6, 38). Come poteva amare di più Gesù se non arrivando a morire per noi? Ha dato tutto.

Alcuni l’hanno seguito anche su questa via di un amore capace di dare la vita. Vengono alla mente Massimiliano Kolbe che scende nel bunker della morte al posto di un padre di famiglia, Gianna Beretta Molla che accetta di morire perché il suo bambino abbia la vita, Shahbaz Bhatti che continua il suo servizio di ministro per le minoranze, incurante delle minacce, fino ad essere ucciso. L’amore può chiedere tutto e occorre essere disposti a dare tutto, costi quello che costi.
Siamo però consapevoli l’amore non può trovare in noi fedeltà e totalità se non ce n’è fatto dono. Il Signore non ci è solo modello, ma anche causa dell’amore “sino alla fine”. Il nostro amore può giungere “alla fine” grazie al suo: egli che ha iniziato l’opera in noi, la porterà a compimento (cf. Fil 1, 6).

Vi è un’ulteriore valenza di quel “sino alla fine”, e questa riguarda soltanto Gesù. Il suo amore non termina con la sua morte, ma rimane costante per i secoli. Prima di salire al cielo ripeterà ancora “sino alla fine”: «Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo» (Mt 18, 20). Questo sì che è un amore costante, perseverante, attento e premuroso. Non ci lascia mali, ci segue momento per momento, anche nei momenti più bui e difficile, di solitudine e di abbandono. Egli c’è, c’è sempre: «dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine».


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