domenica 12 febbraio 2017

La leggerezza di Italo Calvino


Con la Scuola Abbà stiamo ultimando la composizione di un libro scritto insieme, da una trentina di persone: semplicemente una follia, perché il libro non è una serie di saggi individuali, ma frutto di colloqui e dialoghi tra noi.
Leggendo insieme quanto abbiamo scritto, mi sono tornate alla mente le Lezioni americane di Italo Calvino. La prima edizione uscì postuma nel 1988, con le sei conferenze che aveva appena dato due anni prima all’Università Harvard nel Massachusetts.

Inizia parlando della “leggerezza”, in base alla propria esperienza:
“Dopo quarant’anni che scrivo fiction… è venuta l’ora che io cerchi una definizione complessiva per il mio lavoro; proporrei questa: la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso… ora alle figure, ora ai corpi celesti, ora alle città… alla struttura del racconto e al linguaggio… perché sono portato a considerare la leggerezza un valore anziché un difetto”.
In queste parole mi pare di avvertire un forte appello all’ascetica tipica dello scrivere.

Mi piace poi la chiarificazione di cosa egli intende per leggerezza:
“La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso. Paul Valéry ha detto: Il faut être léger comme l’aiseau, et non comme la plume”.
La piuma è leggera di per sé, per questo va qua e là in maniera inconsistente, dove la porta il vento. L’uccello è leggero perché lo vuole, a colpi d’ala e va dove lui vuole. Se ferma lo sforza è subito pesante e cade a terra.
Sublime lezione sulla scrittura.


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