mercoledì 5 ottobre 2016

In ritiro sulla via Appia


Di prima mattina sulla metro prendo il giornale che viene distribuito gratis e in prima pagina leggo: “Caos rifiuti e sporcizia. Il degrado è Capitale”. È vero, basta guardare com’è ridotta la metropolitana.
Eppure… Bastano due passi fuori e si respira un’altra aria.
Parto da Porta Capena, da dove iniziava la Via Appia e mi avvio sulla “regina viarum”, che portava fino a Capua e successivamente fino a Brindisi, collegando prima con il sud d’Italia, poi con l’Oriente. (Il nord Europa allora non aveva nessuna importanza…) Cammino fino a quando, dopo Ciampino, la strada comincia a perdersi. Sono più di quattro ore, ma impiego quasi tutta la giornata perché ho le mie soste programmate.

La prima alla monumentale porta san Sebastiano, sulla cinta delle mura Aureliane. Non sono mai salito sugli spalti e neppure sulle torri. Tutto attorno è una distesa di verde e l’occhio si perde lontano, sui Colli Albani, in un nitido mattino.
Poi la chiesetta del Quo Vadis. Leggo la lapide dettata dall’eremita Pasquale Falusca da Montasola, che racconta di Pietro che lascia Roma per sfuggire dalla persecuzione e di Gesù che invece va verso Roma per essere crocifisso di nuovo. Che altro avrebbe dovuto fare il povero  Pietro se non tornare sui suoi passi, pronto al martirio? Intanto Gesù ha lasciato sulla pietra le sue impronte, che adesso sono custodite nella chiesa di san Sebastiano, alle catacombe che portano il suo nome. Debbo dunque sostare necessariamente nella basilica, sempre sull’Appia, per ammirare le presunte impronte, ma soprattutto per pregare con i martiri.
Poco più avanti il palazzo, il circo e il mausoleo di Massenzio. L’ho visto tante volte passando da fuori; oggi è il momento adatto per entrare e passeggiare tra i prati, in mezzo ai ruderi maestosi di una gloria passata.

Il cammino prosegue, tra rosari e lettura del Vangelo di Luca, che deve aver percorso questa strada per venire a Roma, come l’ha percorsa Paolo, assieme ai cristiani che erano andati ad accoglierlo fin nell’Agro pontino alle Tre Locande.
Me li rivedo questi santi percorrere la consolare. Sento anche il rumore del carri dei mercanti, i passi cadenzati delle legioni romane, le grida dei 6000 seguaci di Spartaco crocifissi lungo la via (erano ben barbari questi Romani, che pure hanno costruito questa meravigliosa via e l’hanno adornata, lungo tutto il percorso, di ville e monumenti).
Lentamente la storia lascia il posto alla geografia. È facile lasciarsi avvolgere dai paesaggi campestri, silenziosi e assolati, dai cipressi e dai pini, dai “basoli”, le solide pietre di basalto che pavimentano la strada.
Una giornata di ritiro originale, tra storia arte e natura, nel silenzio antico, con presenze vive che camminano con me.


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