L’ultima Costituzione
delle nostre Regole rende ognuno responsabile della vita della Famiglia: «Con
la sua oblazione, ogni Oblato assume la responsabilità del patrimonio comune
della Congregazione espresso nelle Costituzioni e Regole e nella tradizione di
famiglia» (C 168).
Sant’Eugenio de
Mazenod ha sempre avuto una grande attenzione perché il patrimonio della
nascente Congregazione fosse conservato e messo a disposizione delle future
generazioni. Nel suo diario e nelle lettere ha fornito molti dettagli sugli inizi.
Ha conservato buona parte delle lettere ricevute e non ha mai smesso di
chiedere agli Oblati di raccogliere i loro ricordi sui nostri defunti, di
conservare le lettere, di scrivere rapporti dettagliati sulle missioni
predicate, di tenere in ordine i vari registri menzionati nella Regola, ecc.
Si trattava di
custodire la memoria vivente della vita di famiglia, con la sua identità e
attività, la sua storia umana ma anche e soprattutto divina, quella dell’azione
di Dio attraverso l’attività missionaria della Congregazione, quella che opera
ancora oggi in una meravigliosa continuità. I documenti conservati nei nostri
archivi testimoniano questa vita.
Ogni generazione è
chiamata a rileggere la grande storia oblata e a reinterpretarla. Come scriveva,
con una felice immagine, p. Léo Deschâtelets, «L’albero vive delle sue radici».
Il passato è una radice, una realtà vivente che aiuta a vivere; non è una
tomba, qualcosa di definitivamente morto, materiale d’archivio! Si legge il
passato per interpretare il presente, per avere la chiave di risposta alle
esigenze odierne, per preparare in modo creativo il futuro: il Fondatore non
rimane indietro, è davanti a noi.
Il nostro p. Gilbert
scriveva in proposito: «Lo spirito oblato è vivo e incarnato in un corpo che
anima. Come ogni essere vivente, cresce e si sviluppa nel suo slancio vitale,
si adatta e si trasforma, pur rimanendo identico a se stesso».
Nel 2010 fui chiamato
alla casa generalizia per dar vita a un Ufficio per gli studi oblati. Nel 2013 l’Ufficio
divenne “Servizio generale per gli studi oblati” con lo scopo di “Promuovere,
coordinare e sostenere gli sforzi di quanti conducono ricerche e studi in
qualsiasi campo relativo alla storia, alla vita, alla missione e alla
spiritualità degli Oblati. Curare e fornire accesso alle fonti storiche, in
particolare a ciò che riguarda Sant’Eugenio, le prime generazioni di Oblati e
lo studio e la ricerca compiuti nelle generazioni passate”. Nel 2016 il
Capitolo generale approvò l’emendamento alla R 149° e lo aggiunse ai Servizi
generali.
Oggi ne ho parlato
con tutti i superiori maggiori riuniti qui a Roma, mostrando il lavoro fatto in
questi anni e le prospettive futuri. Un lavoro entusiasmante. Proprio oggi è apparso
il 39° numero della rivista “Oblatio”, a cui ho dato vita nel 2012.
Nel discorso mi ha aiutato papa Francesco che pochi giorni fa ha scritto una lettera proprio sull’importanza delle fonti e dello studio. Ha parlato della «necessità di “fare storia” non solo con rigore e precisione ma anche con passione e coinvolgimento: con quella passione e quel coinvolgimento, personali e comunitari», ricordando «che stiamo parlando di studio, non di chiacchere, di letture superficiali, di “taglia e incolla” di riassunti di Internet… No, lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita».
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