13 luglio - Dai carismi nuovi a quelli antichi: PIME e Oblati di Maria Immacolata. L’aurora è d’un rosso intenso e vale anche in Brasile il proverbio: “Rosso di mattina la tempesta si avvicina”. Piove tutto il giorno: una benedizione in questo inverno troppo secco, che somiglia a una nostra bella estate.
Sono nella casa regionale del PIME, assieme a Piero Facci, direttore della rivista “Mondo e Missão”. Visito il complesso editoriale e un membro della redazione mi fa una intervista. Passeggio attorno alla casa e subito mi si mostra la realtà religiosa del Brasile: ad ogni passo una Chiesa o un tempio delle più varie denominazioni cristiane, da quelle classiche come i Battisti, alle sette dai nomi fantasiosi, ai gruppi eclettici orientaleggianti del tipo “Scienza gioiosa”…
Visita alla casa provinciale degli Oblati, dove mi accoglie con grande festa P. Cabral Rubens Pedro, il provinciale. Mi mostra con orgoglio la galleria di foto che raccontano la storia degli Oblati in Brasile. Nella casa accanto vivono tre scolastici dell’ultimo anno di teologia, mentre altri cinque sono in una comunità vicina. Ma in questi giorni non c’è nessuno a casa. È il periodo delle vacanze invernali e tutti i nostri studenti, compresi i sei di filosofia e i cinque novizi, sono in una favela della città per svolgere una missione tra la gente. Vivono lì con le famiglie e portano il Vangelo, da veri missionari. Sono ottanta gli Oblati che lavorano in Brasile, in questa regione, a Rio de Janeiro, in Goiânia, e soprattutto nel Nord: Belém, Recife, Manaus…
La casa provinciale è nel quartiere Ipiranga, dove alla fine dell’Ottocento si levò il grido “O libertà o morte”, dando inizio al processo di indipendenza dal Portogallo. Un grande monumento immortale il “grido di Ipiranga”.
La sera, dalla finestra della mia stanza, contemplo la grande San Paolo e penso al paesetto dove sono nato; anche quello si chiama San Paolo.
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