30 formatori di seminari da tutto il mondo per un intenso corso di aggiornamento. Alcuni li ho già incontrati nei loro paesi, come Cuba e Lituania. Sto due giorni con loro, nella cornice del monastero dei monaci di Vallombrosa, in questa verdissima foresta, a 1.000 metri di altezza. Parlo delle “solite cose”, ma anche di cose per me nuove, come i modelli formativi e la storia della formazione al presbiterato. Mi sono reso conto come mai prima d’ora dell’influsso determinate esercitato dei carismi nella formazione dei sacerdoti e dei “seminari” in particolare: monachesimo con Atanasio, i Cappadoci, Agostino, Eusebio, Gregorio Magno, i Canonici, Ignazio di Loyola, Vincenzo de Paoli, Eudes, Olier… Se così nel passato perché non altrettanto nel presente?
Le metodologie formative lungo storia sono state le più diverse, da quelle che andavano da persona a persona, sul modello dell’artigiano che trasmette la propria abilità, a quelle della “scuola” di arte e mestieri, a quelle delle comunità d’indole monastica, canonicale, episcopale, fino al seminario tridentino… Tutte, in un modo o nell’altro, sono legate ad una determinata spiritualità e ne sono espressione. Una nuova spiritualità, quella della comunione, sarà capace di generare una nuova metodologia formativa, una nuova forma di “seminario”? Mi sembra che la spiritualità della comunione è chiamata a informare non soltanto la vita interna del seminario, ma anche i rapporti con tutte le altre componenti della Chiesa comunione, in una relazione di amore reciproco con le altre vocazioni, con i carismi, in un’apertura dialogica a tutto campo, con le altre Chiese, le altre religioni, le altre culture…
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