lunedì 31 dicembre 2018

Di Maria non si dice mai abbastanza


L’appuntamento è al terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino, all’uomo di Vitruvio, un modo per inaugurare l’anno centenario di Leonardo da Vinci. Ci conosciamo quasi tutti, uniti da un’unico Ideale e da una meta unica: quella del cielo, certamente, ma per il momento da una meta più prossima, la Terra Santa. Dal Tevere al Giordano, ripercorrendo a ritroso il cammino del primo Cristianesimo.
Una grande attesa, emozione, gioia.
Il pellegrinaggio! È iniziato quando Adamo e Eva lasciarono l’Eden e da allora ha caratterizzato l’uomo come homo viator. Si è messo in viaggio Abramo, verso la terra promessa. Si è messo in viaggio Gesù, verso Gerusalemme, facendosi egli stesso Via. Si sono messi in viaggio i primi discepoli, seguendo il Maestro. Dopo la resurrezione si sono messi in viaggio i due verso Emmaus e da allora tutta la chiesa è in cammino rispondendo al mandato di Gesù: Andate in tutto il mondo.
Siamo stranieri e pellegrini, come i nostri padri, verso la Patria.
Lo siamo anche noi, questi giorni, seguendo le orme del Maestro: Chi vuol venire dietro di me... mi segua.
Questa volta lo facciamo alla lettera, cominciando dal luogo dove egli ha messo piede per la prima volta: Nazareth, dove il Verbo ha preso carne.
L’annuncio di Giovanni Battista avviene nella città santa, Gerusalemme. L’annuncio di Gesù in un villaggio fuori mano, mai nominato nelle Scritture.
L’annuncio di Giovanni Battista è rivolto nel tempio, quello di Gesù in una casa normale. Quello di Giovanni a un sacerdote, quello di Gesù a una ragazzina.
Già questo la dice lunga sul modo di agire di Dio, sul cammino di Gesù, su come deve essere il nostro cammino.

Così sono in Terra Santa per la settima volta, accompagnando un piccolo gruppo.
E l’anno inizia a Nazareth con Maria, la Madre di Dio.

È di san Luigi Maria Grignion de Montfort, il “de Maria numquam satis”. Nel Trattato della vera devozione, composto attorno al 1712 e pubblicato postumo solo nel 1843, si legge la frase nella quale egli aveva incastonato in caratteri maiuscoli e marcati quel motto: «È giusto e doveroso ripetere coi santi DE MARIA NUMQUAM SATIS = di Maria non si dice mai abbastanza. Maria non è stata ancora abbastanza lodata, esaltata, onorata, amata e servita. Ella merita più lode, rispetto, amore e servizio» (c. 10).
Lo stesso Lutero, nei Discorsi a tavola (25 marzo 1533), non esitava a dichiarare che «la creatura Maria non può essere mai abbastanza lodata». Ugualmente Erasmo da Rotterdam nella Exomologesis parlava della «mai abbastanza lodata Vergine madre». In filigrana probabilmente si poteva intuire l’aforismo amoroso secondo il quale de dilecta numquam satis.

La pittura, la musica, la poesia in duemila anni di storia del cristianesimo hanno continuato a parlare di Maria, la madre di Gesù, in maniera sempre e nuova e creativa.
Uomini di ogni tempo ne hanno cantato la lode, la bellezza.
La sua figura ha ispirato artisti di ogni tempo che ci hanno donato capolavori che parlano per i secoli, interpellano l’anima, l’elevano all’unione con Dio.
Basta guardare la Pietà di Michelangelo o ascoltare l’Ave Maria di Gounod o di Schubert. 
Come non ricordare la splendida preghiera alla Vergine che Dante mette sulle labbra di san Bernardo da Chiaravalle.

I cristiani l’hanno soprattutto pregata, hanno costruito santuari in suo onore, le hanno innalzato statue.
Essa è apparsa in molti luoghi, in tempi diversi, a persone semplici e istruite, a bambini e ad adulti.
Le pagine scritte su di lei da santi, teologi – ad iniziare dai Padri della Chiesa –, da mistici, papi, ci aiutano a conoscerla, a penetrane la grandezza.  Ricordiamo la celebre allocuzione di Paolo VI alla chiusura della III sessione del Concilio Vaticano II (21 novembre 1964) o, dieci anni dopo, l’esortazione Marialis cultus.
Pensiamo al legame con Maria espresso da Giovanni Paolo II nel “Totus tuus”, o a una delle sue prime encicliche Redemptoris Mater del 1987.
Pensiamo al rapporto vitale con lei di papa Francesco che si reca da Maria prima e dopo ogni viaggio.

È una donna ebrea, appartiene dunque al popolo ebraico.
È la madre del Cristo, il Signore, e dunque appartiene ai cristiani.
La venerano anche gli Indù, i buddisti.
Ha un posto d’onore nel Corano.
Maria è di tutti.
Lei stessa l’aveva annunciato: “Tutte le generazioni mi chiameranno beata”. La profezia si è avverata nei secoli e continua ad avverarsi anche oggi.


1 commento:

  1. È verissimo che di Maria non si dirà mai abbastanza. Anche perché l'ho sempre sperimentata come il silenzio sul quale si staglia la Parola. Nei vangeli ogni sua Parola è sempre in risposta a qualcuno (l'angelo, Elisabetta) o trampolino di lancio per un'altra parola di Gesù, (nella perdita e nel ritrovamento o a Cana, il Figlio. Ella è il silenzio amorevole di Dio, sul quale si staglia il Suo disegno su me e ciascuno. E di questo silenzio non ci sarà mai la fine, come non ci puó essere un limite alle milioni di sfaccettature che l'amore assume nella mia e nostra vita: l'aver goduto di un padre e una madre, d'essere stato battezzato, d'aver abitato in una famiglia numerosa, di aver potuto studiare e lavorare ed appassionarsi... e, tanti tanti doni inestimabili. Chi è stato ad aver tessuto una trama così bella e grande di rapporti nella mia vita se non chi mi conosceva così bene da intrecciare una storia di vittorie e sconfitte, sempre appassionanti? O un popolo di uomini e di donne scoperti come fratelli e sorelle affascinati come me dalla sua persona, presenza, ruolo e missione? Ogni nostra storia non è che un capolavoro del suo esserci stata accanto. Come si puó dire qualcosa di Maria che esaurisca la bellezza della sua funzione materna? Il suo silenzio 'eloquente' è più grande, più unico di ogni discorso, categoria, schema, preghiera. Funziona sempre: quando bisogna dare testimonianza coi fatti e le parole e allora ripete la generazione di Gesù in noi, e quando bisogna accogliere ogni altra parola di chi ci sta accanto, anche a rischio di non capirla. 'Ed essi non compresero le sue parole' è detto in Luca, dopo il ritrovamento del Figlio dodicenne nel tempio. E così anche quando non capisco nulla della mia vita, mi ripeto che si sta riattualizzando in me il volto di Maria al ritorno a Nazaret, dopo quel pellegrinaggio. È sempre lei che tesse, che scioglie i nodi, che s'impersonifica, che si ripete in me come in ciascuno,, anche dei miei cari, di cui non sempre condivido atteggiamenti e prese di posizione. E poi di fronte alla follia quel suo silenzio 'eloquente' è un grande capolavoro d'amore, l'unico che si puó declinare in quei momenti. Di fronte alla follia della bestemmia, della, provocazione, dell'arroganza, della crudeltà, della pretesa, dell'angoscia, del sospetto sistematico, della sfiducia eretta a sistema... Nel suo silenzio anche il mio. Come si puó parlare o cantare tutta la pietà, la dolorosa ferita del suo cuore, la stessa tenera presenza per i suoi discepoli, come poi dei suoi stessi persecutori, di fronte all'annientamento del Figlio? Il suo silenzio parla solo per chi ha orecchi per coglierne note e significati, vibrazioni e accenti. Sì, di Maria non si puó dire mai abbastanza. Ci basterà dirne qualcosa con la vita, configurandoci sempre più a lei, come si potrà. E lei non si farà pregare, stampando in noi il timbro della sua amorevole attesa.

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