Tre
anni fa, per volere di papa Francesco, la memoria liturgica di Maria Maddalena è
stata elevata a ruolo di festa, come per gli apostoli. “Apostolorum Apostola” l’ha
infatti chiamata san Tommaso d’Aquino. La motivazione del passaggio da festa a solennità
è stata motivata «per significare la rilevanza di questa donna che mostrò un grande
amore a Cristo e fu da Cristo tanto amata».
La tradizione
latina, a cominciare da san Gregorio Magno, ha identificato in una sola persona
la donna peccatrice che nella casa di Simone unse i piedi di Gesù e li lavò con
le sue lacrime, Maria di Betania e Maria di Magdala. Tre donne che nei Vangeli appaiono
ben distinte l’una dall’altra.
Di
Maria di Magdala sappiano soltanto che, guarita da una grave malattia, ritenuta
opera dei demoni, aveva preso a seguire Gesù, assieme ad altre donne. Benché esse
fossero numerose, lungo i Vangeli la Maddalena è quasi sempre nominata per prima,
come fosse alla testa di quel gruppo, leader indiscusso.
Maria è
dunque una discepola, grata a Gesù per l’amore che le aveva dimostrata guarendola
dal male.
Abitualmente
i maestri di allora avevano soltanto discepoli uomini al loro seguito. Gesù invece
ammette nella sua cerchia anche le donne, operando un autentico cambiamento di mentalità.
Esse lo seguono al pari degli apostoli e degli altri discepoli, ascoltano le sue
parole, condividono con lui e con gli altri i propri beni, fanno parte in tutto
della nuova famiglia, del nuovo popolo di Dio che Gesù è venuto a formare.
Gesù non
ha preclusioni, tutti possono seguirlo ed entrare a far parte della sua famiglia,
anche i pubblicani e i peccatori (cfr. Mt 9, 10-13). Ormai non conta più essere
d’un popolo o di un altro, schiavo o libero, uomo o donna; Gesù ci ha resi tutti
uno in lui (cfr. Gal 3, 28).
Le donne
hanno contraccambiato la sua fiducia nei loro confronti. A differenza degli uomini
lo hanno seguito fino ai piedi della croce, accompagnandolo nella sepoltura e incamminandosi
di nuovo per andare a visitarne la tomba.
Che cosa
le ha motivate? Certamente l’amore: la consapevolezza dell’immenso amore di Gesù
per loro e la risposta generosa del loro amore verso di lui.
Maria di
Magdala ne è il modello perfetto. Gesù le ha mostrato il suo amore guarendola e
lei lo ha riamato fino alla fine: Matteo e Marco la nominano per prima fra le donne
che sono ai piedi della croce. Ma a lei non basta vederlo morire, vuole prendersi
cura anche del suo corpo sepolto. Non trovandolo più nella tomba va a riferirlo
a Pietro, senza rassegnarsi della sua scomparsa. Torna verso la tomba e continua
nella disperatamente ricerca.
È
l’icona della sposa del Cantico dei Cantici che, una volta smarrito l’amato, si
mette alla sua ricerca: «Mi alzerò e perlustrerò la città, i vicoli, le piazze,
ricercherò colui che amo con tutta l’anima… voglio cercare l’amore dell’anima mia».
Non lo trova, eppure non si dà pace e continua nella ricerca: «Mi incontrarono i
vigili di ronda in città: “Avete visto colui che amo con tutta l’anima?”».
Come quello
della sposa del Cantico anche l’amore di Maria è un amore appassionato, perseverante
e, proprio per questo, è presto ricompensato.
“Maria”!
Si sente chiamare per nome. È Gesù che la chiama per nome. Sì, Gesù la conosce per
nome, mostrando così un amore tutto personale. Per Gesù non esiste la gente, conosce
ognuno per nome, conosce anche ognuno di noi, personalmente.
Papa Francesco
commentava così l’incontro del Maestro con Maria di Magdala: “Com’è bello pensare
che la prima apparizione del Risorto – secondo i vangeli – sia avvenuta in un modo
così personale! Che c’è qualcuno che ci conosce, che vede la nostra sofferenza
e delusione, e che si commuove per noi, e ci chiama per nome. È una legge che
troviamo scolpita in molte pagine del vangelo. Intorno a Gesù ci sono tante persone
che cercano Dio; ma la realtà più prodigiosa è che, molto prima, c’è anzitutto
Dio che si preoccupa per la nostra vita, che la vuole risollevare, e per fare
questo ci chiama per nome, riconoscendo il volto personale di ciascuno. Ogni
uomo è una storia di amore che Dio scrive su questa terra. Ognuno di noi è una
storia di amore di Dio. Ognuno di noi Dio chiama con il proprio nome: ci
conosce per nome, ci guarda, ci aspetta, ci perdona, ha pazienza con noi. È
vero o non è vero? Ognuno di noi fa questa esperienza” (17 maggio 2017).
Sì, in questa
pagina di Vangelo tutti noi possiamo specchiarci e riconoscerci. Non siamo anche
noi alla ricerca di Gesù? Non vogliamo anche noi incontrarlo? Tanti l’abbiamo già
trovato, siamo già suoi discepoli. Eppure a volte lo smarriamo, o lo sentiamo lontano.
Abbiano l’impressione che ci abbia abbandonato, che non ascolti più la nostra preghiera.
Altre volte siamo noi ad abbandonarlo con i nostri peccati, con scelte sbagliate
o semplicemente con il sopraggiungere di una qualche indifferenza o stanchezza.
Che tristezza
se ci lasciassimo scoraggiare, se non confidassimo nella sua misericordia, se non
si risvegliasse in noi il desiderio di cercarlo, di incontrarlo ancora, di ricominciare
un rapporto nuovo, più profondo. L’amore non si rassegna mai alla perdita dell’amato.
Quando Maria
Maddalena, dopo lo smarrimento, ha ritrovato il Signore, ha provato una gioia mai
provata prima ed è nato un legame così profondo che niente ha più potuto spezzare,
neppure la morte.
Così per
noi. Un amore ritrovato dopo la prova, anche dopo il tradimento, può essere ancora
più bello, purificato, tutto intriso di misericordia. Basta non arrendersi, perseverare
nella ricerca, come ci insegna Maria di Magdala. (Continua / 1)
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