Lasciamo
la statale per l’antica via Francigena e siamo subito alla Pieve di Romena.
Costruita
nel 1100 è rinata una trentina d’anni fa quando don Luigi Verdi ha dato vita
alla “Comunità di Romena”. Oggi, pur nel silenzio e nella solitudine delle
montagne casentinesi, è meta di tante persone alla ricerca di spiritualità, di
un senso più autentico della vita, di dialogo e di ascolto.
Ogni
costruzione, ogni angolo, ogni spazio è curato con profondo gusto estetico e
rispetto delle antiche architetture. È un luogo d’arte e di rigenerazione umana
e spirituale.
Il
primo capitello della pieve porta incisa la circostanza della sua costruzione:
“tempore famis”; era un tempo di carestia e di crisi. “Come adesso”, pensò don
Luigi quando vi giunse dopo inquietudini e lunga ricerca. Rimase colpito
dall’armonia e dalla bellezza dell’antica pieve e “capii che il dono che
potevamo fare ad ogni persona che ci veniva a trovare o che passava di qui era
di poterla aiutare a trovare un minimo di armonia e di equilibrio. Oggi non
abbiamo bisogno né di teorie, né di ideologie, ma di silenzio, di una pausa, di
un tempo per riallacciare i rapporti con la nostra autenticità. Ed è questo ciò
che proponiamo a Romena”.
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Vedo
tanti volontari indaffarati a lavorare, contenti nonostante la fatica e il sole
che picchia, “Ma in una parola – chiedo a Filippo, che è qui da tanto tempo –
cos’è questo luogo?”. “Un manicomio!”, risponde sorridendo. Allora sono
arrivato al posto giusto. E intanto su una parete leggo una grande scritta:
“Non cercare di fermare il vento, gli faresti solo perdere tempo”. C’è il
soffio dello Spirito.
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