venerdì 18 luglio 2025

La Bibbia: la storia di Dio e la mia

Visitando i Musei vaticani, in particolare la sezione di arte contemporanea, mi sono imbattuto… nella copertina di un mio libro! “La storia di Dio e la mia”, che scrissi nel 2010, un libro è nato a Cuba, all’Avana, nell’Aula Bortolomé de Las Casas quando, per tre sere consecutive, mi ero trovato con un pubblico vivace ed eterogeneo, con il quale avevo letto testi di poeti, contemplato immagini di grandi artisti, ascoltato brani musicali, visto frammenti di film, tutti ispirati alla Bibbia.

Mi sono trovato davanti a un quadro di Shahn Ben (1898-1969), Allegoria n. III. Vi sono rappresentati il leone di giuda, la tavola delle leggi, lo shofar, tutti elementi tipici del mondo ebraico. Fu l’editore a scegliere questo quadro come copertina del mio libro; copertina significativa perché il libro tratta, come da sottotitolo, di “La Bibbia fonte di ispirazione per l’uomo”.

All’Avana, con quelle numerose persone, molte delle quali dichiaratamente aree, leggemmo brano di Bibbia con le sue sorprendenti descrizioni della natura, della bellezza dell’uomo e della donna, con l’espressione dei sentimenti e dei valori umani. Ci chiedemmo infine se questo grande codice culturale non fosse anche una comune fonte di ispirazione per la vita di credenti e non credenti, o almeno il punto di partenza per un confronto critico per affinare il cuore e ricercare le motivazioni più profonde del vivere.

Come può non appassionare la Bibbia. Mi appassiona come credente, perché so che in essa Dio mi parla con parole che possiedono uno spessore e una profondità che altre parole non hanno, siano esse di filosofi, di politici, di poeti. Per me sono «parole di vita»: contengono la vita e la comunicano, fanno vivere la persona umana in tutta la sua interezza. Leggo la Bibbia ogni giorno, la studio, la prego, cerco di lasciarmi guidare dal suo insegnamento. Mi appassiona come uomo, amante dell’umanità, perché vi vedo dipinta la bellezza della natura; sento l’incanto e la meraviglia davanti allo sbocciare della vita in tutte le sue espressioni ed età. In essa ritrovo i grandi valori umani presenti in tutte le culture, i sentimenti comuni a ogni uomo, a ogni donna; incontro la saggezza di molti popoli; riconosco i comuni miti antichi; seguo le gesta paradigmatiche di uomini e di genti. Mi appassiona come amante delle arti, perché vi ritrovo i simboli, le storie, i riferimenti che hanno ispirato letteratura e musica, scultura e pittura, poesia e teatro, impregnando di divino e di cielo il genio dell’umanità. Poeti, pittori, scultori, scrittori, musicisti, registi, hanno letto la Bibbia non soltanto 8 come un immenso repertorio iconografico e simbolico, ma anche come uno dei codici fondamentali di riferimento espressivo e spirituale.

La Bibbia, «grande codice» dell’umanità, come l’ha definita Northrop Frye sulla scia di William Blake, è il punto di riferimento imprescindibile della nostra cultura, la stella polare a cui si sono orientati tutti, credenti e non credenti, quando hanno cercato il bello, il vero e il bene, magari anche per respingerne la guida e vagare altrove. Non ci si può non confrontare con questa grande opera. In essa trovo la storia di Dio e anche la mia, la nostra: una medesima storia vi è racchiusa ed espressa.

giovedì 17 luglio 2025

Musei vaticani: da ascoltare oltre che da vedere

Ho accompagnato a una visita dei Musei vaticani. Vi sono innumerevoli opera d’arte: pinacoteca, arazzi, argenteria, statuaria… C’è il museo egizio, quello etnologico… Ci sono comunque musei molto più ricchi di quelli Vaticani. Eppure…

Ciò che rende unici e insuperabili i Musei vaticani sono gli ambienti: i palazzi, gli affreschi... E qui sta l’incanto! Sono secoli di storia che continuano a raccontare. Non si finirebbe mai di ascoltare, oltre che di vedere.



mercoledì 16 luglio 2025

Semina semina...

Al Capitolo generale delle suore Francescane Angeline ho dovuto svolgere le mie solite tematiche sul carisma. Ho iniziato con la mia esperienza quando, senza che lo sapessi, si delineava già la distinzione tra spiritualità e carisma

Il primo incontro con il carisma dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, avvenne quando ero ancora bambino. Gli Oblati erano stati invitati a dar vita ad una nuova parrocchia in un quartiere operaio della mia città. Il primo arrivò da solo e prese alloggio presso una famiglia, poi, con gli altri, presero ad abitare in un appartamento. In attesa di costruire la chiesa, celebravano la messa in un garage. Mio babbo qualche volta andava alla messa in questo garage e portava an­che me. Me ne è rimasto un ricordo indelebile. Avevano uno stile tutto particolare, vivevano in mezzo alla gente e intrattenevano rapporti personali semplici, affabili. Si muovevano in bicicletta, visitavano gli operai nelle fabbriche, parlavano senza retorica… Iniziai a frequentarli, fino a quando decisi di andare al loro liceo a Firenze. Fui attirato da quella che potremmo chiamare la spiritualità: lo stile di vita, il “come” si vive il carisma.

Tuttavia le tre componenti del nome furono ciò che determinarono la mia scelta: 1. Missionari, 2. Oblati, 3 di Maria Immacolata. Era il carisma, il “perché”, gli obiettivi di una famiglia religiosa.

Fu soltanto diversi anni più tardi, durante l’anno di noviziato, che finalmente scoprii le origini dei Missionari. Prima di allora non ne sapevo niente. Conoscere la vita del fondatore, sant’Eugenio de Mazenod, e leggere i suoi scritti fu un’autentica rivelazione. Avvertivo una partico­lare consonanza, mi sentivo espresso da lui.

Riflettere su questa mia esperienza, una vicenda abbastanza comune, mi ha aiutato a comprendere le modalità della continuità e della trasmissione del carisma. Abitualmente si entra in contatto con un carisma attraverso la mediazione di quanti lo vivono in quel momento, in quel luogo. Soltanto in un secondo tempo si acquista la consapevolezza delle sue origini e della loro importanza: quelle origini sono vive e attuali nel presente.

Un paio di giorni prima ho partecipato a un altro Capitolo genere, quello delle Figlie della Chiesa, ma vi sono andato solo per salutare la nuova superiora generale, appena eletta. La precedente, indiava, era stata una mia studente, invece la nuova appena nominata, spagnola… pure! Semina semina qualcosa nasce…



martedì 15 luglio 2025

16 luglio 1949

16 luglio 1949. Ogni anno ricordiamo quello straordinario patto di unità che aprì le porte del Cielo.

Oggi lo abbiano ricordato assieme alla comunità di Roma e al card. Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. Gli ho donato il mio piccolo libro che narra di quell’evento lontano nel tempo e sempre vivo. Un piccolo libro – Viaggiando il Paradiso. L’esperienza di luce nel Paradiso’49 – che inizia così:

«Tutte queste carte che ho scritto valgono nulla se l’anima che le legge non ama, non è in Dio. Valgono se è Dio che le legge in lei». Queste parole, scritte da Chiara Lubich il 25 luglio 1949, costituiscono la cifra interpretativa di un suo libro, che ha intitolato Paradiso ’49, nel quale narra la sua esperienza di luce iniziata una decina di giorni prima, il 16 luglio, e che si protrarrà per un paio di anni. È una legge elementare per la comprensione d’ogni opera: portarsi al suo stesso livello. Per capire il Paradiso ’49 in maniera adeguata, è indispensabile condividere l’esperienza della sua Autrice e quasi entrare con lei in quel “Paradiso” di cui il libro dà testimonianza. (…)

Il “viaggio in Paradiso” inizia quando lo Spirito Santo pone sulle labbra la parola “Padre”: «Ho avvertito uscire dalla mia bocca spontaneamente la parola: “Padre”. E in quel momento mi sono trovata in seno al Padre». Così Gesù ci ha insegnato a pregare: non una formula, ma la scoperta di essere amati da Dio al punto da essere davvero suoi figli. E dove possono abitare i figli se non nella casa del Padre?

lunedì 14 luglio 2025

Quel giardino è sempre magnifico!!!

Il libro “Un magnifico giardino” è ormai nelle librerie. Mi giungono alcuni echi:

Grazie per il nuovo libro "Un magnifico giardino". Sarà un respirare l'aria pura dei primi tempi. Rivitalizzante! Ma anche una spinta potente a vivere la purezza dell'Ideale delle origini.

Grazie del tuo preziosissimo libro che ci rimanda alle origini dei nostri rapporti con l'ideale. È sempre bello riossigenarci. teniamo Gesù in mezzo e sarà il nostro Quotidiano respirò....

Mi ha scritto anche Gabri Fallacara:

Ho visto il bel libro – suo e di Elena Del Nero - “Un magnifico giardino” e ho incominciato a leggerlo. Veramente lo ritengo molto importante perché i Religiosi hanno una storia viva per tutti noi. E qui ci sarebbe tantissimo da dire.

Io vorrei parlare di padre Minimo che ho saputo, con dolore, ci ha lasciato l’aprile scorso. Lo ricordo tanto! Era una persona piena di vita. Ha dato, su richiesta di Chiara, un significativo aiuto al Centro “Uno”, come presenza sacerdotale. Interveniva soprattutto nei convegni e negli incontri ecumenici del Centro “Uno” al largo, negli Anni ’80-‘90. Personalmente ho tanta gratitudine per lui. Non lo troviamo nominato nelle sintesi storiche dell’ecumenismo fin qui pubblicate forse perché era un aiuto interno e saltuario.

Ho avuto anche tanti contatti con padre Giuseppe Savastano, sia per la coltivazione delle anime, negli Anni ’70-’80, sia perché nella zona di Roma era ritenuto un “sanatotum”. La parrocchia “Regina Apostolorum” in cui stava, era proprio vicino al focolare di via Monte Santo 25.

https://edizionicittanuova.it/prodotto/un-magnifico-giardino/?utm_source=brevo&utm_campaign=New%20editor%20NEWSL%20LETTORI%20LUGLIO&utm_medium=email

sabato 12 luglio 2025

Fatima, un annuncio di pace

«Partimmo in aereo sorvolando l'Italia, la Francia, la Spagna, di cui ammirammo nella notte, come un gioiello appuntato in un abito nero, la vezzosa Madrid, dai variopinti colori. Finalmente a notte inoltrata si atterrò a Lisbona». Inizia così l’articolo di Paola Romana, sulla rivista “Città Nuova”. La pubblicazione è del 14 febbraio 1958, ma sta narrando un viaggio avvenuto qualche anno prima, nel settembre 1955. «Il mattino dopo – continua lo scritto – una lunga macchina nera ci condusse in poche ora a Coimbra».

Nel frattempo si dicevano: «Stavolta abbiamo la gioia di visitare uno strumento di cui Dio si è servito. Pur non essendo di fede le rivelazioni di Fatima, qui non ci sono dubbi. Roma ha confermato le apparizioni e le parole di tre bambini hanno suscitato nella Chiesa una ricchezza mirabile, una nuovissima devozione. E anche il Papa Pio XII ha consacrato il mondo e la Russia al Cuora Immacolato di Maria».

Giunti a Coimbra «cercammo il monastero dove Suor Lucia vive in clausura. Fummo condotti in un parlatorio. Un sacerdote ci avverti di non far domande alla suora, perché aveva l'obbligo di non rispondere. S'aprì una tenda di là d'una grata e finalmente comparvero due suore: la Superiore e Suor Lucia. Di statura piccola, un visetto tondo, occhi grandi neri, una faccia spugnola, che ricordava la piccola Lucia apparsa nel film americano “Nostra Signora di Fatima”. Sorrideva così come si sorride alla buona, senza posa alcuna, colla semplicità d'una bambina. Per toglierla dall'imbarazzo del suo silenzio, parlammo noi». Il tema della conversazione, o meglio la narrazione di Paola Romana, perché Suor Lucia non può parlare, verte sull’unità, sull’amore reciproco tra cristiani, sui frutti che la vita evangelica iniziata a Trento sta portando tra tanti…

«Suor Lucia ci seguiva attenta e interessata. Ma un punto ci sembrò la interessasse in modo tutto particolare. Fu quando accennammo che i marxisti non rimanevano indifferente al fascino dell’unità cristiana. Al termine del colloquio, Lucia ci salutò carne una sorellina, promise di pregare per noi, per il nostro lavoro e ci segui con lo sguardo finché scomparimmo».

La Paola Romana che scrive è Chiara Lubich: in quel periodo, essendo ancora sotto inchiesta da parte del Sant’Uffizio, il tribunale ecclesiastico della Santa Sede, non le è consentito esporsi in pubblico. Era andata a Fatima su invito della marchesa Pacelli Rossignani, sorella di Pio XII, che le aveva chiesto di accompagnarla nel suo pellegrinaggio.

Di quel viaggio qualcosa ancora ha lasciato scritto Igino Giordani nel suo diario: «Poi parlò Chiara. Sul principio la Priora faceva da interprete: ma, poi, sentendo narrare la storia dell’Ideale e del Movimento, Suor Lucia disse che capiva da sé e partecipò con gesti vivi d’assenso alla narrazione, integrandola lei stessa col suo intervento: – Ci sono anche laici... Persone di ogni stato!... – Lei non poteva parlare, per divieto del S[santo] O[ffizio]. E la Superiora intervenne, quasi dura…».

Oltre a quel articolo non risulta che Chiara abbia mai parlato di quel viaggio. Si trova solo un accenno nel diario del 11 maggio 1991, quando di Giovanni Paolo II si recò a Fatima: «Sono riandata col pensiero al mio viaggio lì». Rilegge allora i quasi quarant’anni del suo cammino alla luce di Fatima: ha trovato Maria nella Mariapoli; nel 1959 ha consacrato assieme a tutto il Movimento i popoli al suo Cuore Immacolato; molte persone hanno offerto la vita come una “rata” da pagare per l’unità del mondo; ha lavorato per la Chiesa d’oltre cortina… «Siamo anche noi, dunque, collegati con Fatima», conclude.

Ma una parola soprattutto le si era impressa in cuore già da molto tempo. Nel gennaio 1957, mentre cercava un libro per la meditazione, le capitò tra mano la storia delle apparizioni: Le meraviglie di Fatima. Lesse quello che Maria avrebbe detto ai tre bambini: “alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”; lesse del miracolo del sole, del manifestarsi dei colori nel cielo… Chiara “si riconosce” in quelle parole e in quelle immagini, quasi che la sua Opera fosse dentro il mistero di Fatima. Anche suor Lucia sembra averlo intuito. «S’ebbe l’impressione – scrisse Giordani nel suo diario – che avesse riconosciuto Chiara».

In questi tempi di guerre vorremmo riconoscerci tutti nell’annuncio di pace che Maria rivelò a Fatima.

(Città Nuova, 2025/7, p. 68-69)