«Partimmo in aereo sorvolando l'Italia, la Francia, la
Spagna, di cui ammirammo nella notte, come un gioiello appuntato in un abito nero,
la vezzosa Madrid, dai variopinti colori. Finalmente a notte inoltrata si
atterrò a Lisbona». Inizia così l’articolo di Paola Romana, sulla rivista
“Città Nuova”. La pubblicazione è del 14 febbraio 1958, ma sta narrando un
viaggio avvenuto qualche anno prima, nel settembre 1955. «Il mattino dopo –
continua lo scritto – una lunga macchina nera ci condusse in poche ora a
Coimbra».
Nel frattempo si dicevano: «Stavolta abbiamo la gioia di
visitare uno strumento di cui Dio si è servito. Pur non essendo di fede le
rivelazioni di Fatima, qui non ci sono dubbi. Roma ha confermato le apparizioni
e le parole di tre bambini hanno suscitato nella Chiesa una ricchezza mirabile,
una nuovissima devozione. E anche il Papa Pio XII ha consacrato il mondo e la
Russia al Cuora Immacolato di Maria».
Giunti a Coimbra «cercammo il monastero dove Suor Lucia vive
in clausura. Fummo condotti in un parlatorio. Un sacerdote ci avverti di non
far domande alla suora, perché aveva l'obbligo di non rispondere. S'aprì una
tenda di là d'una grata e finalmente comparvero due suore: la Superiore e Suor
Lucia. Di statura piccola, un visetto tondo, occhi grandi neri, una faccia
spugnola, che ricordava la piccola Lucia apparsa nel film americano “Nostra
Signora di Fatima”. Sorrideva così come si sorride alla buona, senza posa
alcuna, colla semplicità d'una bambina. Per toglierla dall'imbarazzo del suo
silenzio, parlammo noi». Il tema della conversazione, o meglio la narrazione di
Paola Romana, perché Suor Lucia non può parlare, verte sull’unità, sull’amore
reciproco tra cristiani, sui frutti che la vita evangelica iniziata a Trento sta
portando tra tanti…
«Suor Lucia ci seguiva attenta e interessata. Ma un punto ci
sembrò la interessasse in modo tutto particolare. Fu quando accennammo che i
marxisti non rimanevano indifferente al fascino dell’unità cristiana. Al
termine del colloquio, Lucia ci salutò carne una sorellina, promise di pregare
per noi, per il nostro lavoro e ci segui con lo sguardo finché scomparimmo».
La Paola Romana che scrive è Chiara Lubich: in quel periodo,
essendo ancora sotto inchiesta da parte del Sant’Uffizio, il tribunale
ecclesiastico della Santa Sede, non le è consentito esporsi in pubblico. Era
andata a Fatima su invito della marchesa Pacelli Rossignani, sorella di Pio
XII, che le aveva chiesto di accompagnarla nel suo pellegrinaggio.
Di quel viaggio qualcosa ancora ha lasciato scritto Igino
Giordani nel suo diario: «Poi parlò Chiara. Sul principio la Priora faceva da
interprete: ma, poi, sentendo narrare la storia dell’Ideale e del Movimento,
Suor Lucia disse che capiva da sé e partecipò con gesti vivi d’assenso alla
narrazione, integrandola lei stessa col suo intervento: – Ci sono anche
laici... Persone di ogni stato!... – Lei non poteva parlare, per divieto del S[santo]
O[ffizio]. E la Superiora intervenne, quasi dura…».
Oltre a quel articolo non risulta che Chiara abbia mai
parlato di quel viaggio. Si trova solo un accenno nel diario del 11 maggio 1991,
quando di Giovanni Paolo II si recò a Fatima: «Sono riandata col pensiero al
mio viaggio lì». Rilegge allora i quasi quarant’anni del suo cammino alla luce
di Fatima: ha trovato Maria nella Mariapoli; nel 1959 ha consacrato assieme a
tutto il Movimento i popoli al suo Cuore Immacolato; molte persone hanno
offerto la vita come una “rata” da pagare per l’unità del mondo; ha lavorato
per la Chiesa d’oltre cortina… «Siamo anche noi, dunque, collegati con Fatima»,
conclude.
Ma una parola soprattutto le si era impressa in cuore già da
molto tempo. Nel gennaio 1957, mentre cercava un libro per la meditazione, le
capitò tra mano la storia delle apparizioni: Le meraviglie di Fatima. Lesse quello
che Maria avrebbe detto ai tre bambini: “alla fine il mio Cuore Immacolato
trionferà”; lesse del miracolo del sole, del manifestarsi dei colori nel cielo…
Chiara “si riconosce” in quelle parole e in quelle immagini, quasi che la sua
Opera fosse dentro il mistero di Fatima. Anche suor Lucia sembra averlo
intuito. «S’ebbe l’impressione – scrisse Giordani nel suo diario – che avesse riconosciuto
Chiara».
In questi tempi di guerre vorremmo riconoscerci tutti
nell’annuncio di pace che Maria rivelò a Fatima.
(Città Nuova, 2025/7, p. 68-69)