lunedì 14 luglio 2025

Quel giardino è sempre magnifico!!!

Il libro “Un magnifico giardino” è ormai nelle librerie. Mi giungono alcuni echi:

Grazie per il nuovo libro "Un magnifico giardino". Sarà un respirare l'aria pura dei primi tempi. Rivitalizzante! Ma anche una spinta potente a vivere la purezza dell'Ideale delle origini.

Grazie del tuo preziosissimo libro che ci rimanda alle origini dei nostri rapporti con l'ideale. È sempre bello riossigenarci. teniamo Gesù in mezzo e sarà il nostro Quotidiano respirò....

Mi ha scritto anche Gabri Fallacara:

Ho visto il bel libro – suo e di Elena Del Nero - “Un magnifico giardino” e ho incominciato a leggerlo. Veramente lo ritengo molto importante perché i Religiosi hanno una storia viva per tutti noi. E qui ci sarebbe tantissimo da dire.

Io vorrei parlare di padre Minimo che ho saputo, con dolore, ci ha lasciato l’aprile scorso. Lo ricordo tanto! Era una persona piena di vita. Ha dato, su richiesta di Chiara, un significativo aiuto al Centro “Uno”, come presenza sacerdotale. Interveniva soprattutto nei convegni e negli incontri ecumenici del Centro “Uno” al largo, negli Anni ’80-‘90. Personalmente ho tanta gratitudine per lui. Non lo troviamo nominato nelle sintesi storiche dell’ecumenismo fin qui pubblicate forse perché era un aiuto interno e saltuario.

Ho avuto anche tanti contatti con padre Giuseppe Savastano, sia per la coltivazione delle anime, negli Anni ’70-’80, sia perché nella zona di Roma era ritenuto un “sanatotum”. La parrocchia “Regina Apostolorum” in cui stava, era proprio vicino al focolare di via Monte Santo 25.

https://edizionicittanuova.it/prodotto/un-magnifico-giardino/?utm_source=brevo&utm_campaign=New%20editor%20NEWSL%20LETTORI%20LUGLIO&utm_medium=email

sabato 12 luglio 2025

Fatima, un annuncio di pace

«Partimmo in aereo sorvolando l'Italia, la Francia, la Spagna, di cui ammirammo nella notte, come un gioiello appuntato in un abito nero, la vezzosa Madrid, dai variopinti colori. Finalmente a notte inoltrata si atterrò a Lisbona». Inizia così l’articolo di Paola Romana, sulla rivista “Città Nuova”. La pubblicazione è del 14 febbraio 1958, ma sta narrando un viaggio avvenuto qualche anno prima, nel settembre 1955. «Il mattino dopo – continua lo scritto – una lunga macchina nera ci condusse in poche ora a Coimbra».

Nel frattempo si dicevano: «Stavolta abbiamo la gioia di visitare uno strumento di cui Dio si è servito. Pur non essendo di fede le rivelazioni di Fatima, qui non ci sono dubbi. Roma ha confermato le apparizioni e le parole di tre bambini hanno suscitato nella Chiesa una ricchezza mirabile, una nuovissima devozione. E anche il Papa Pio XII ha consacrato il mondo e la Russia al Cuora Immacolato di Maria».

Giunti a Coimbra «cercammo il monastero dove Suor Lucia vive in clausura. Fummo condotti in un parlatorio. Un sacerdote ci avverti di non far domande alla suora, perché aveva l'obbligo di non rispondere. S'aprì una tenda di là d'una grata e finalmente comparvero due suore: la Superiore e Suor Lucia. Di statura piccola, un visetto tondo, occhi grandi neri, una faccia spugnola, che ricordava la piccola Lucia apparsa nel film americano “Nostra Signora di Fatima”. Sorrideva così come si sorride alla buona, senza posa alcuna, colla semplicità d'una bambina. Per toglierla dall'imbarazzo del suo silenzio, parlammo noi». Il tema della conversazione, o meglio la narrazione di Paola Romana, perché Suor Lucia non può parlare, verte sull’unità, sull’amore reciproco tra cristiani, sui frutti che la vita evangelica iniziata a Trento sta portando tra tanti…

«Suor Lucia ci seguiva attenta e interessata. Ma un punto ci sembrò la interessasse in modo tutto particolare. Fu quando accennammo che i marxisti non rimanevano indifferente al fascino dell’unità cristiana. Al termine del colloquio, Lucia ci salutò carne una sorellina, promise di pregare per noi, per il nostro lavoro e ci segui con lo sguardo finché scomparimmo».

La Paola Romana che scrive è Chiara Lubich: in quel periodo, essendo ancora sotto inchiesta da parte del Sant’Uffizio, il tribunale ecclesiastico della Santa Sede, non le è consentito esporsi in pubblico. Era andata a Fatima su invito della marchesa Pacelli Rossignani, sorella di Pio XII, che le aveva chiesto di accompagnarla nel suo pellegrinaggio.

Di quel viaggio qualcosa ancora ha lasciato scritto Igino Giordani nel suo diario: «Poi parlò Chiara. Sul principio la Priora faceva da interprete: ma, poi, sentendo narrare la storia dell’Ideale e del Movimento, Suor Lucia disse che capiva da sé e partecipò con gesti vivi d’assenso alla narrazione, integrandola lei stessa col suo intervento: – Ci sono anche laici... Persone di ogni stato!... – Lei non poteva parlare, per divieto del S[santo] O[ffizio]. E la Superiora intervenne, quasi dura…».

Oltre a quel articolo non risulta che Chiara abbia mai parlato di quel viaggio. Si trova solo un accenno nel diario del 11 maggio 1991, quando di Giovanni Paolo II si recò a Fatima: «Sono riandata col pensiero al mio viaggio lì». Rilegge allora i quasi quarant’anni del suo cammino alla luce di Fatima: ha trovato Maria nella Mariapoli; nel 1959 ha consacrato assieme a tutto il Movimento i popoli al suo Cuore Immacolato; molte persone hanno offerto la vita come una “rata” da pagare per l’unità del mondo; ha lavorato per la Chiesa d’oltre cortina… «Siamo anche noi, dunque, collegati con Fatima», conclude.

Ma una parola soprattutto le si era impressa in cuore già da molto tempo. Nel gennaio 1957, mentre cercava un libro per la meditazione, le capitò tra mano la storia delle apparizioni: Le meraviglie di Fatima. Lesse quello che Maria avrebbe detto ai tre bambini: “alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”; lesse del miracolo del sole, del manifestarsi dei colori nel cielo… Chiara “si riconosce” in quelle parole e in quelle immagini, quasi che la sua Opera fosse dentro il mistero di Fatima. Anche suor Lucia sembra averlo intuito. «S’ebbe l’impressione – scrisse Giordani nel suo diario – che avesse riconosciuto Chiara».

In questi tempi di guerre vorremmo riconoscerci tutti nell’annuncio di pace che Maria rivelò a Fatima.

(Città Nuova, 2025/7, p. 68-69)

venerdì 11 luglio 2025

Il Papa in Perù

Il documentario “León de Perù” sugli anni del Papa in Perù è un autentico capolavoro. Non avrei mai immaginato una tale vicinanza con la gente. Adesso capisco perché papa Francesco l’aveva chiamato a Roma e perché lo Spirito Santo l’ha chiamato ad essere papa.

Vale la pena vederlo e farlo conoscere:

https://youtu.be/Rzc0PnbSGb0

giovedì 10 luglio 2025

Grande Alfredo!

Sull’ultimo numero di Città Nuova una straordinaria intervista a p. Alfredo Feretti, che una ampia visione sui problema della famiglia, dei giovani, degli adolescenti. Cercate il numero della rivista perché vale la pena leggere l’intervista. Qui solo le prime battute che ambientano la persona:

Padre Alfredo Feretti è un oblato di Maria Immacolata. Originario di Brescia, vive ormai da decenni a Roma. Nel suo consultorio molto frequentato, a via della Pigna 13/a, nel centro di Roma, si svolgono ogni anno circa 3 mila colloqui con persone, coppie e famiglie, con le quali viene avviato un percorso professionale di accompagnamento e consulenza familiare. Altre mille si svolgono nei piccoli centri in periferia, a Tor Bella Monaca, nella zona Est, vicino ai salesiani, e in zona Casilina, Prenestina, viale della primavera, sempre a Roma. Il servizio è gratuito. Chiunque entra è accolto così com'è. Chi vuole può lasciare un'offerta libera.

Chi è padre Alfredo?

Faccio il prete perché da giovane mi sono innamorato di cose belle... e non mi sono ancora stancato. Per 30 anni ho lavorato nella pastorale giovanile: sono stato a Lourdes, a Loreto, organizzando tante attività con i ragazzi. Poi mi hanno chiesto se volevo immergermi nel mondo delle famiglie. E a 50 anni mi sono rimesso a fare esami di specializzazione. Un altro mondo, ma mi piace sempre tutto.

mercoledì 9 luglio 2025

Il culmine dell'amore

Alla rivista Città Nuova è arrivata questa domanda:

Leggo nell'allegato a CN di aprile che Chiara Amirante è colpita dal grido di Gesù sulla Croce, perché «quello è stato il culmine del suo immenso amore per l'umanità». Il grido di abbandono perché è letto come culmine di amore?

Ed ecco la mia risposta:

Il Vangelo di Giovanni offre la chiave di lettura della passione e morte di Gesù: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (13, 1). Sono le parole con le quali si apre il racconto dell'ultima cena. Gesù ha amato tutta la vita, ed ora ama fino all'ultimo momento, senza tirarsi indietro, anche quando il cammino si fa difficile, e giunge a pregare il Padre che allontani da lui il “calice” (bere il calice è un'immagine che indica fare la volontà di Dio, che ora appare a Gesù troppo dura). Fino in fondo indica anche l'intensità massima: più di così non poteva amare. Tutta la sua passione e morte è dunque espressione del suo amore infinito. Vi è una gradualità nel suo “dare la vita", nel suo patire: l'angoscia nell'orto degli ulivi, il tradimento, l'abbandono dei discepoli, la flagellazione, la coronazione di spine, l'umiliazione, la condanna a morte, la crocifissione... Il culmine del suo patire è forse quando ha l'impressione che anche il Padre lo abbia abbandonato, lasciandolo in balia della morte: non lo sente più vicino. Poteva esserci un dolore più grande per il Figlio di Dio? I Vangeli di Marco e Matteo riportano il grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Sì, quello è stato certamente il dolore più grande. Lo ha sofferto per noi. Uno dopo l'altro ha preso su di sé tutti i peccati del mondo, tutte le sofferenze umane: «Ecco l'agnello di Dio, che si è caricato su di sé tutto il male del mondo». L'ha preso su di sé per toglierlo a noi, per liberarci e darci la vita. Non è questa l'espressione massima dell'amore? Sa che il male più grande è la separazione da Dio; allora egli lo prende su di sé, prova questa separazione, per ridonare a noi la comunione con Dio e farcelo sentire nuovamente come Padre. È il suo più grande dolore, più della flagellazione, dei chiodi, e lo fa per noi: è allora la sua più alta dimostrazione d'amore per noi.

martedì 8 luglio 2025

Tonadico continua

L’esperienza di Tonadico sembra abbia lasciato una forte impronta. Così dai numerosi messaggi che continuano ad arrivare. Eccone alcuni, tralasciando gli apprezzamenti e i ringraziamenti personali.

- Durante questo meraviglioso “Progetto Tonadico”, abbiamo vissuto giorni straordinari. Per me è stato davvero un ritorno in Galilea, un ritrovare l'ardore e l'incanto dell'incontro con l'Ideale, della chiamata, pur con il fardello dei tanti anni passati, delle gioie, ma anche dei fallimenti, tradimenti, prove... ma tutto si è ricomposto nell'Amore di Dio. E mi sono ritrovata figlia di Chiara in modo totalmente nuovo, vitale, e io stessa opera di Dio, cioè frutto dell'Amore di Dio: voglio stare al Suo gioco! E poi è stato bellissimo e fondamentale vivere queste grazie come focolare. Mi sembra di poter dire che abbiamo messo un punto a capo per ricominciare una vita nuova e portare questa luce alle pope che non erano presenti. Tra tutte le realtà così importanti mi è rimasto particolarmente nel cuore il Patto, che ora mi sembra molto più vitale e concreto, riempito dell'umanità di ciascuna. E poi... ci sarebbero milioni di altre cose da dire, ma vi dico solo che mi tuffo con voi in ciò che Dio mi chiede ora, cercando di portare questa luce e questa vita all'umanità...

- Un grazie anche da parte mia per i giorni vissuti insieme, così rigeneranti. Ho trovato e costruito con gioia rapporti veri, nella verità di me e di noi… Il risultato è stato una nuova consapevolezza in me e un’unità ritrovata in una misura più profonda e vera.

- Dobbiamo essere orgogliosi di far parte di questa grande famiglia che ha come scopo specifico la realizzazione della fraternità universale!!!

- Il bellissimo "Progetto Tonadico" davvero risponde ad un bisogno dell'anima. Tonadico è dentro di me con il suo cielo, i suoi prati e corsi d'acqua vitali. Abbiamo vissuto un'esperienza di Focolare indelebile: silenzi e poi comunioni emozionanti, autentiche. Ci siamo conosciuti di più veramente, ci siamo riconosciuti nella chiamata e nel mandato finale, un riappropriarsi del passato per vivere il presente... Esperienza stupenda.

- Grazie è la parola che sgorga dal cuore dopo questi giorni di luce vissuti insieme a Tonadico. Per me è stato come ricevere il Battesimo nell’Opera di Maria. Sono entrata pienamente nella famiglia di Chiara: ho conosciuto la mamma, colei che ci ha dato la vita, che ha sofferto l'indicibile per generarci all'Opera e alla Chiesa, ho conosciuto la Casa, dove la mamma ci ha portati, ho conosciuto i fratelli e le sorelle, ciascuno un altro me, ho conosciuto Maria, modello perfetto della vita nuova che ci è stata donata non per merito ma perché su di noi Dio ha posato il suo sguardo d’amore.

- Anch'io voglio dirvi il mio GRAZIE per la profonda, nuova e bellissima esperienza vissuta. Grazie a ciascuno di voi per essersi messo in gioco, per aver costruito insieme una realtà che rimarrà nei nostri cuori ma che possiamo testimoniare e trasmettere. Sono tornata con le pope, nel caldo torrido di Pescara con tanta gioia e tutto sembra nuovo, luminoso. È stata davvero un’esperienza unica, diversa da tutte le altre, che ci ha fatto vivere la bellezza e la grandezza del Focolare insieme popi/e, popi sposati, un potenziale enorme ancora, penso, da scoprire di più con la vita. Spero che prima o poi tutti i focolari possano partecipare al "progetto Tonadico"!

- Anch'io voglio dirvi "GRAZIE", non un grazie formale, ma commosso, perché l'esperienza vissuta a Tonadico è andata ben oltre le parole e i gesti. Mi sono riportata l'amore concreto ricevuto e dato, insieme alla bellezza della natura che mi ha fatto sentire molto forte la presenza di Dio, in me e fra noi, una carezza che consola e fuoco che accende. Ognuno di voi ha lasciato un'impronta nel mio cuore, a messa, nel Patto, vi ritroverò, "Un cuor solo ed un'anima sola" in Chiara e in Gesù.