venerdì 31 dicembre 2021

2022: un santo viaggio

Ancora in dono un nuovo anno! Lo accogliamo direttamente dalle Sue mani, come sarà, sapendo che i Suoi sono soltanto doni buoni.

Un nuovo inizio, come rimettersi in viaggio, col desiderio che sia un “santo viaggio”: ci porta verso la mèta, sempre più vicina.

Sto leggendo la prima lettera di san Pietro, che invita a imitare Gesù seguendo le sue orme. Non è l’idea di un santo viaggio? Tanto più che ci ricorda che siamo “stranieri e pellegrini”, dunque in cammino.

Ho ancora in mente l’invito di san Paolo, nella lettera ai Filippesi, ad avere gli stessi “sentimenti” di Gesù quindi, come Pietro, a imitare Gesù seguendone le orme.

Ambedue centrano la loro attenzione su delle orme particolari, su particolari sentimenti di Gesù: nel momento in cui dà la sua vita per noi, con quello che comporta: mettersi all’ultimo posto, fare proprio il progetto del Padre, affidarsi totalmente a lui, fino a morire perché noi avessimo la vita…

Quello di Gesù è stato un “viaggio” che l’ha portato a vivere accanto a noi, con noi, facendosi uno di noi, per condurci con sé a Dio. “Per noi uomini e per la nostra salvezza…”. Un “santo viaggio” dunque a servizio degli altri, per il bene degli altri… come vorremmo fosse il nostro santo viaggio in questo nuovo anno.

... e un posto per Maria

 


Prima san Giuseppe, adesso Maria. Anche lei, come lui, ha in braccio il Bambino; si vede che si alternano. Come abbiamo restaurato la statua di san Giuseppe abbiamo restaurato anche la statua di Maria, che sta proprio all’ingresso di casa, per accogliere ognuno di noi quando torna e quanti vengono a visitarci.

Sta anche sulla soglia del nuovo anno: Madre di Dio! pronta ad accompagnarci in questo ulteriore tratto del nostro santo viaggio. Ci tiene in braccio con premura come tiene in braccio il Bambino. Chissà cosa ci attende in questo nuovo anno: cose brutte, cose belle… le prendiamo tutte dalla mano di Dio e ci lasciamo prendere in mano da Maria, sicuri che saprà accompagnarci giorno per giorno. Buon viaggio!

giovedì 30 dicembre 2021

Un posto anche per san Giuseppe



Terminato l’anno dedicato da papa Francesco a san Giuseppe, ci siamo decisi a restaurare la sua statua e la nicchia nella quale è posta. Era di un indefinito colore nocciola che rendeva il luogo un po’ triste. Ora è tutto lucente (anche se la mia foto non rende).

Ha in braccio il suo bambino. È una figura straordinaria, di una forza e di una tenacia uniche. In silenzio porta avanti la sua missione così come Dio gliela rivela momento per momento. Con fedeltà, senza pretese, senza mettersi in primo piano. Eppure c’è e assicura che tutto si compia nel verso giusto: prende con sé Maria, la porta in casa sua e la protegge, prende con sé la mamma e il bambino e li salva emigrando in Egitto, li prende di nuovo e li riporta in patria, fa loro evitare la regione del re pericoloso e li conduce a Nazareth. Gesù sarà per tutti semplicemente il figlio di Giuseppe il falegname, segno che quest’uomo si era conquistato reputazione e rispetto… Speriamo che si senta bene a casa nostra.



mercoledì 29 dicembre 2021

Il fiore di Angelella


In un suo articolo, La cultura del dare, Vera Araujo racconta l’episodio di Angelella che donò un fiore: “Per coglierlo e darmelo aveva messo tutta sé, aveva annientato tutta sé in quel dono che divenne lei stessa: (…) Angelella fatta fiore”.

Anche a me capita che, con il passare degli anni, di una persona rimanga un episodio, un momento, fino a identificarla con esso.

Lia mi si sovrappone al castagnaccio che mi donò una volta. Come faceva a sapere, lei che da tanti anni abitava in Argentina, che mi piaceva il castagnaccio, forse per il semplice fatto che sono toscano? Sta di fatto che non ho mai mangiato un castagnaccio buono come quello di Lia. Non era non soltanto il dono di Lia: era Lia! E Lia per me rimane in quel dono.

Di Daniela, tra i tanti ricordi, uno sovrasta tutti e si identifica con lei. Fu durante il mio viaggio in Pakistan: un viaggio difficile e duro. Una sera, al termine di una giornata impegnativa, ero distrutto e avrei dovuto condividere con un centinaio di persone un cibo impossibile in quelle condizioni. Daniela mi porto in una stanzetta e tirò fuori un termos che aveva portato con sé con un passato di verdure caldo e mi rimise in sesto. Come posso dimenticare quella piccola attenzione per me che, in quella circostanza, mi sembrò un dono inestimabile?  Daniela nella mia mente si identifica con quel dono. Daniela è il suo dono.

Angelella, Lia, Daniela. Questa mattina mi sono venute improvvisamente venute alla mente, insieme, durante la messa. E ho visto, come mai avevo pensato prima di allora, Gesù identificarsi con il dono di sé nel pane e nel vino: davvero sono lui, che si identifica col dono come nessun altro! L’Eucaristia è il suo “memoriale”, eternizza quel dono e lo rende attuale, vivo e reale. Gesù è tutto nell'Eucaristia, l'Eucaristia è tutto Gesù.

Questa sera sono tornato a rileggermi il testo su Angelella, e con mia sorpresa trovo parole che non ricordavo. Il testo completo dice: “aveva annientato tutta sé in quel dono che divenne lei stessa: Eucaristia di Angelella; Angelella fatta fiore”. Eucaristia di Angelella!!!

martedì 28 dicembre 2021

Pastori

 

Gesù bambino è ben circondato: la Chiesa gli ha posto accanto Stefano il primo martire, Giovanni il discepolo amato, lo stuolo dei santi Innocenti.

Piacerebbe anche a me essere nel presepe accanto a Gesù, ma non ho né il martirio né la santità né l’innocenza di questa bella compagnia.

Per fortuna ci sono i pastori, povera gente, peccatori, di poco valore. Eppure sono stati i primi ad adorare Gesù. In loro almeno mi posso rispecchiare e trovare il mio
posto nel presepe.

lunedì 27 dicembre 2021

Chi è il discepolo amato?


Festa di san Giovanni, collocata proprio a ridosso del Natale: dopo santo Stefano, primo martire, tocca a lui il posto vicino a Gesù.

Storici e biblisti discutono su chi sia questo misterioso anonimo discepolo “amato dal Signore”. Era proprio Giovanni l’apostolo, come vuole la tradizione, che pure era un intransigente e collerico “figlio del tuono”? Le due figure, quella del pescatore apostolo di Galilea e quella del fine discepolo di Gerusalemme, sembra facciano fatica a combaciare. Lasciamo agli specialisti…

Di fatto è bello che il “discepolo amato dal Signore”, quello che posa la testa sul petto di Gesù, quello che corre e arriva per primo al sepolcro, quello che crede per primo, quello che per primo lo riconosce sul lago - “È il Signore!” -, sia anonimo - a prescindere dal fatto che sia o non sia Giovanni -, così possiamo tutti riconoscerci in lui, possiamo dargli il nostro nome!

Così ci riscopriremo, ognuno di noi, unico, il “discepolo amato”, quello preferito, a cui è concesso stare accanto a Gesù…

domenica 26 dicembre 2021

Smarrimento e ritrovamento

 

“Non lo trovarono”. Avevano perduto Gesù. Quante volte succede anche a noi…

Subentra l’angoscia: “Angosciati, tuo padre e io ti cercavamo”.

Come i Magi, che avevano perduto la stella. Avevano perduto l’orientamento. Non sapevano più dove andare. L’aver sognato, lessersi messi in cammino, la strada percorsa… niente aveva più senso.

Come Maria Maddalena. Aveva perduto il suo Gesù e non sapeva dove l’avessero posto.

Come la sposa del Cantico dei Cantici. Aveva perduto lo sposo.

“Si misero a cercarlo”. Angoscia e desiderio.

Si tenta di tutto, ci si affida a chiunque pur di ritrovare chi si è perduto, se davvero lo si ama. È umiltà e anche disperazione cercare aiuto, è riconoscere la propria incapacità di ritrovare chi si è perduto. Ho bisogno degli altri.

I Magi si affidano alla persona meno affidabile, il re Erode. Hanno sbagliato perché vuole ingannarli. Eppure ci si rivolge a chiunque quando si è perduti.

Maria Maddalena si affida a quello che pensa essere l’ortolano. Ci si rivolge anche a una persona ignota.

La sposa del Cantico alle amiche, che pure non sanno niente; alle guardie, che la denudano e la percuotono: non erano affidabili.

Quanto dura la ricerca? Tre giorni. Un tempo indeterminato. Breve? Troppo lungo? Tre giorni: quanti quelli della morte di Gesù, devono passare tutti prima della risurrezione. Tre volte la sposa del Cantico perde lo sposo.

La durata è misurata dall’intensità della passione. E dalla tenacia: Maria e Giuseppe battono a tappeto la città; Maria Maddalena non si schioda del sepolcro, anche quando le altre donne se ne vanno; la sposa del Cantico “fa il giro della città per le strade e per le piazze”.

Il ritrovamento richiede ricerca, desiderio, tenacia, prevede l’angoscia… Ma in definitiva è lo smarrito che si lascia ritrovare. Gesù sta nel luogo giusto, nel tempio. La stella riappare improvvisa, quando i Magi non se l’aspettano più. È il Risorto che si svela a Maria chiamandola per nome.

La gioia del ritrovamento non è comparabile all’angoscia dello smarrimento. I Magi “gioirono nel rivedere la stella”, che all’improvviso compare di nuovo. Maria Maddalena grida: “Rabbunì” e lo abbraccia stretto per non perderlo mai più. La sposa del Cantico lo stringe forte e non lo lascia finché non l’ha condotto nell’intimità della casa. Maria e Giuseppe portano a casa Gesù “e stava loro sottomesso”.

Dopo lo smarrimento, il ritrovamento.

Ma non è più come prima. La stella lascia il posto al bambino. Il Risorto non è più il “Rabbunì” di prima e Maria Maddalena dovrò trovare un rapporto nuovo con lui. Per Maria e Giuseppe Gesù non è più il bambino di prima, ma il Figlio del Padre e il rapporto con lui cambia.

Non un distanziamento, ma una più profonda vicinanza, un’intimità non sperimentata prima. Il dopo è migliore del prima.

I Magi si prostrano e adorano. Maria Maddalena trova nel Maestro il Signore. La sposa del Cantico al termine dell’interminabile avventura esclama: “Il sono del mio amato e il mio amato è mio”.

E Maria e Giuseppe? Gesù “stava loro sottomesso”. È un’espressione cara ai mistici. Essa faceva dire a santa Caterina: “Io voglio…”; sapeva che Gesù le stava “sottomesso” e lei poteva “comandare” a lui ed egli “obbediva” a lei. Anche Maria e Giuseppe possono dire: “Il sono del mio amato e il mio amato è mio”. Sanno chi è il ragazzo che si vedono crescere in casa, giorno dopo giorno, “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. “Custodiscono” in cuore il mistero e lasciano che si compia la missione che il Padre gli ha affidato, condividendola, facendola propria. Lo lasciano vivere e crescere e operare in loro.

Non è la parabola della nostra vita?

sabato 25 dicembre 2021

Quella famiglia così comune e così speciale

12 anni: l’età nella quale i bambini ebrei, terminati i primi due cicli di istruzione, raggiungevano l’età della maturità, diventavano partecipi della vita della comunità ed erano responsabili personalmente dei riti, dell’osservanza dei precetti, della tradizione. Eccolo Gesù dodicenne, nel tempio, consapevole di aver raggiunto l’età della maturità…

Le parole che pronuncia piombano improvvise, con una violenza inattesa: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Dopo queste parole la famiglia di Nazareth non è più quella di prima. Un altro, pur sempre presente fin dall’inizio, entra ora con forza tra i tre: Dio, il Padre. Anziché unire, questa presenza sembra dividere. « Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? – dirai Gesù più tardi alle folle – No, io vi dico, ma divisione (...) padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre» (Lc 12, 51-52).

Giuseppe sapeva che un altro era il Padre e che prima o poi Gesù lo avrebbe lasciato per seguire il Padre vero. Ma sentirselo svelare in quel modo l’avrà profondamente colpito nel suo affetto autentico di padre. Maria era la madre naturale. Eppure, anche a lei quelle parole non risparmiano la lacerazione, sono come una spada che le trapassa l’anima. È questo quanto intendeva il vecchio Simeone dodici anni prima, proprio lì, nello stesso tempio? Allora Maria non aveva certo immaginato che il colpo di spada glielo avrebbe inflitto proprio il figlio. In effetti essi non capirono...

Perché la famiglia più unita della terra subisce una divisione così intima e profonda? È forse il segno di come devono essere i rapporti autentici in famiglia e in ogni comunità cristiana: trasfigurati dall’amore divino, dove l’amore umano è portato a compimento in una dimensione nuova: il volere del Padre, nel rispetto del progetto che egli ha su ogni membro della famiglia. 

I tre tornano a Nazareth più uniti di prima, in un amore reciproco purificato, che ha il timbro autentico della Trinità. Non capirono eppure accolgono il volere di Dio e si lasciano modellare lentamente da esso.

La famiglia di Nazareth rimane ideale di comunione per ogni famiglia. Non ci è dato di entrare in questa casa, di contemplare l’intimità che vi regnava, l’armonia con la quale ci si muoveva, la semplicità e la profondità dei rapporti. Il Vangelo, nella sua sobrietà, ci parla soltanto di Gesù che, sottomesso a Giuseppe e Maria, cresceva in età sapienza e grazia, e di Maria che custodiva in cuore i fatti e le parole del figlio. Anche Giuseppe sapeva che nella sua famiglia si celava un mistero.

Cosa si saranno detti tra loro? Venendo dal Cielo, Gesù ha certamente portato in casa la vita e l'atmosfera di Lassù. Nella sua famiglia l’appartenenza reciproca e il reciproco amore appaiono un riflesso perfetto e una piena partecipazione delle relazioni che si vivono in Cielo, nella Trinità.

Portaci sempre nel soprannaturale, Gesù,
strappaci da ogni attaccamento,
anche se bello e puro,
per seguire con più libertà
il volere del Padre tuo e nostro.
Rendi vero il nostro amore,
purificalo dal desiderio del possesso e dell’esclusività.
Porta nelle nostre case l’armonia della tua casa
e crea tra noi quella vita di paradiso
che hai costruito con la tua famiglia
a Nazaret.

venerdì 24 dicembre 2021

Nella stalla

 

Che bello la notte di Natale raccontare la storia della nascita di Gesù, come è stato fatto per generazioni e generazioni. È soprattutto la poesia e la fantasia che vengono incontro e colorano il presepe.

Ma sono arrivati proprio all’ultimo minuto, proprio mentre il bambino stava per nascere? E bisognava trovare un alloggio comunque e subito… Non saranno stati mica così imprudenti questi due amabili genitori.  Ci hanno pensato per tempo, saranno arrivati qualche settimana prima: "Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto". Saranno stati da parenti e chissà che festa gli hanno fatto vedendo Maria incinta.

“Non c’era posto per loro…”. Dove non c’era posto? Nel katályma. Questa è la parola greca. È un albergo, una locanda?  No, perché per l’albergo, nella parabola del Buon Samaritano, il Vangelo di Luca usa un altro vocabolo: pandochéion. Anche il cenacolo, la “stanza al piano superiore” nella quale Gesù fece l’ultima cena, viene chiamato katályma e non era né una locanda né un albergo.

Cos’è allora il katályma? La stanza dove si accolgono gli ospiti, la stanza principale della casa. Non era certo il luogo più adatto per partorire, in presenza di altri. Perché allora non andare nella grotta più interna alla casa? La stalla. Certamente non era il meglio. Ma come non ricordare che fino a metà Novecento la stalla era il luogo dove d’inverno la famiglia si ritrovava a veglia la sera, spesso con i vicini?

Poi quei gesti semplici e belli di Maria: avvolge Gesù in fasce e lo depone in una cavità scavata nella roccia; proprio come farà Giuseppe d’Arimatea per la sua sepoltura. Gesù nasce come muore: è la profezia di tutta la sua vita: “Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce”. “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo…”.

Anche quel "non c'era posto per loro..." è un anticipo del venerdì santo, quando Gesù verrà estromesso dalla città santa per essere crocifisso in un luogo non sacro. Il Vangelo di Giovanni dirà che "venne tra i suoi e i suoi non l'hanno accolto". Noi vorremmo essere tra quelli che lo accolgono e perciò vengono annoverati tra i figli di Dio.   

Intanto restiamo in quell’angolino caldo, appartato, dove avviene l’incredibile.

giovedì 23 dicembre 2021

Gli stessi sentimenti di Cristo

 


La settimana scorsa al Claretianum si è tenuto il convegno annuale, il 46°, che aveva come tema l’esortazione apostolica Vita consecrata a 25 anni dalla sua promulgazione. Quattro giorni di grande ricchezza. Tra l’altro mi ha colpito il riferimento fatto da più parti a una frase dell’esortazione: “In Cristo Signore religiosi e religiose devono continuare a specchiarsi in ogni epoca, alimentando nella preghiera una profonda comunione di sentimenti con Lui (cfr Fil 2, 5-11)» (n. 8). Si faceva notare come, accanto a tante altre descrizioni o definizioni della vita consacrata, questa punti alla comunione con i sentimenti di Cristo.  La persona consacrata dovrebbe possedere il sentire di Cristo. Questo legame intrinseco con i “sentimenti” di Cristo ha colpito relatori e ascoltatori.

Sono allora andato in cerca di altri riferimenti ai “sentimenti” di Cristo presenti in Vita consecrata. Eccoli: L’aspirazione del religioso «è di immedesimarsi con Lui [Gesù], assumendone i sentimenti e la forma di vita» (n. 18); la formazione consiste in «un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo verso il Padre» (n. 65); la formazione «è dunque partecipazione all'azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio» (n. 66), conducendo «progressivamente chi aspira a consacrarsi ad assumere i sentimenti di Cristo Signore» (n. 68). Lo stesso vale per tutto il resto della vita, per la formazione continua: «la persona consacrata non potrà mai ritenere di aver completato la gestazione di quell'uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Cristo» (n. 69).

Questa mattina, nella mia quotidiana lettura e rilettura dell’edizione critica del libro Meditazioni - https://fabiociardi.blogspot.com/2021/04/meditazioni-un-classico.html - mi sono imbattuto in una variante del testo “Vigilate”, composto il 3 agosto 1950; una frase che non è stata accolta nell’edizione critica, che mette a testo la versione del 1959. La frase omessa, particolarmente preziosa nell’originale, suona così: “Perché Gesù è uomo oltre che Dio ed in tutte le sue sfumature”. Mi ha colpito la parola “sfumature”: l’umanità di Gesù con tutte le sfumature tipiche della nostra umanità, che prova tutto quello che proviamo anche noi.

Vale la pena addentrarsi nelle emozioni, negli affetti,  nei sentimenti di Gesù. Tante volte i Vangeli annotano la sua “compassione”, un verbo che ricorda sentimenti viscerali di chi fa proprie le gioie e le sofferenze dell’altro fino a immedesimarsi nel suo stato d’animo. Prova compassione delle singole persone come delle folle. Si sa che “ama”, ma anche che si indigna, si stupisce, si meraviglia, sospira, si sdegna, piange, prova paura e angoscia, è triste da morire, gioisce, esulta…

Sono i nostri stessi sentimenti. Assumendoli Gesù li ha pienamente condivisi con noi e nello stesso tempo li ha purificati, liberati, indirizzati. Il cammino di una vita è entrare in Gesù, conoscerlo, e lasciare che i  nostri sentimenti si plasmino sui suoi. Piuttosto che reprimerli vanno “evangelizzati”: il cammino di una vita, appunto.

In questo tempo natalizio potremmo cominciare proprio dalla prima ricorrenza, quella di Filippesi, che addita come “sentimenti” di Cristo da avere in noi, quelli che lo hanno portato a “svuotare se stesso assumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini” (2, 5-7). Guardando Gesù Bambino nel presepe vedremo lo svuotarsi dell’eterno Figlio di Dio per farsi uno di noi, per stare vicino a noi, per condividere tutti  nostri sentimenti… Chissà quanto potremmo imparare…

mercoledì 22 dicembre 2021

Auguri: di cosa?

 


Arrivano gli auguri di Natale. Via email, WhatsApp, per telefono… Perfino qualche raro biglietto via posta normale, sopravvivenza d’altri tempi… Sempre graditissimi, sempre segno di affetto, di un ricordo, anche quando non sono proprio personali.

A volte però mi dispiace vedermi arrivare auguri cumulativi, in serie, oppure col copia e incolla, con un allegato anonimo. Sembrano fatti perché si devono fare. Sicuramente dietro c’è un gesto d’amore, ma non sempre si vede e rimangono freddi, non dicono nulla.

Un augurio è sempre un incontro, un a tu per tu che ravviva un’amicizia, un legame, o lo invoca. Non una formalità, ma un appuntamento desiderato e gioioso.

Sembra che la parola “auguri” rimandi alle previsioni del futuro che si facevano in base al volo degli uccelli. A me piace un’altra interpretazione etimologica, meno accreditata ma più gentile, che la fa derivare dal verbo latino augère = crescere, abbondare, prosperare.

Cosa ti auguro quando faccio un augurio? Che tu cresca! Non è bello?

martedì 21 dicembre 2021

... è anche un sentimento


 

È vero, Natale non è solo sentimento.
Ma è anche sentimento. Chi ha paura dei sentimenti?

Sono stato nella chiesa di santa Dorotea a Trastevere, ad un concerto di zampogne e cornamuse, mondi lontani eppure ancora capaci di toccare le fibre del cuore.
Natale è anche questo, un cuore che vibra.

lunedì 20 dicembre 2021

E quest’anno dove nascerà Gesù Bambino?



“Non c’era posto per loro…”. Dove troverà posto quest’anno?

Questa sera sono stato alla parrocchia del SS. Crocifisso per le confessioni. Erano presenti un centinaio di persone. La cosa che più mi ha colpito è che erano tutti nuclei familiari di due, tre, quattro persone… Sono venuti a confessarsi insieme, per prepararsi insieme al Natale.

La sacra famiglia cercava una “casa”. Quale casa migliore di una famiglia? Mi pare che il luogo più adatto per accogliere Gesù che viene sia propria la famiglia; una famiglia che sia “casa” e che faccia da “casa”.

domenica 19 dicembre 2021

Presepe

 

Per i bambini? Sì, il presepe è per i bambini. Basterebbe questo per allestirlo, per far contenti i bambini. Ma quando san Francesco lo preparò a Greccio, nel Natale del 1223, lo fece per i grandi, perché si stupissero davanti al mistero di un Dio che ama l’umanità al punto da farsi non soltanto uomo, ma addirittura bambino, inerme, bisognoso di tutto! «Perché il presepe suscita tanto stupore e ci commuove? – si è chiesto papa Francesco, che al presepe ha dedicato addirittura una Lettera apostolica: Admirabile signum. Anzitutto perché manifesta la tenerezza di Dio. Lui, il Creatore dell’universo, si abbassa alla nostra piccolezza. (…) Sembra impossibile, eppure è così: in Gesù Dio è stato bambino e in questa condizione ha voluto rivelare la grandezza del suo amore, che si manifesta in un sorriso e nel tendere le sue mani verso chiunque. (…) Che sorpresa vedere Dio che assume i nostri stessi comportamenti: dorme, prende il latte dalla mamma, piange e gioca come tutti i bambini! Come sempre, Dio sconcerta, è imprevedibile, continuamente fuori dai nostri schemi».

Il presepe è un Vangelo vivo, che smitizza certe immagini che ci siamo fatti di Dio, l’Assoluto, temibile, o comunque lontano, assente. Eccolo lì, con la mamma che lo avvolge in fasce, come si faceva una volta, come ha fatto mia mamma con me (ma non più con le mie sorelle venute dopo di me!). I Padri della Chiesa vi hanno visto il segno di Maria che rivestiva d’umanità la divinità, rendendo accessibile, toccabile il Dio invisibile. L’ha adagiato in una mangiatoria (= presepe), proprio all’ultimo posto, perché potesse essere vicino a tutti, anche ai più umili. Facciamo nostro l’augurio di papa Francesco: che «possiamo diventare un po’ bambini rimanendo a contemplare la scena della Natività», lasciando «che rinasca in noi lo stupore per il modo “meraviglioso” in cui Dio ha voluto venire nel mondo (…) per incontrarlo, per avvicinarci a Lui, per avvicinarci a tutti noi. Questo farà rinascere in noi la tenerezza (…) per essere vicini, per essere umani» (23 dicembre 2020).

sabato 18 dicembre 2021

Beata tu che hai creduto


Maria ed Elisabetta si incontrano. Due mamme. La più anziana parla per prima e rivolge alla giovane una benedizione e una beatitudine.

La benedizione: è il riconoscimento di quanto Dio ha operato in Maria. Ogni maternità è una benedizione di Dio e Dio continua a benedire anche oggi, nonostante la denatalità: Dio è sempre generoso, va riconosciuta la sua presenza, la sua azione. Dio continua a operare. Occorre l’occhio puro di Elisabetta per saperlo riconoscere all’opera in noi e tra noi. Abbiamo più di quanto ci manca e Dio va benedetto e ringraziato.

La beatitudine: Maria ha creduto al progetto di Dio su di lei, un progetto che la supera infinitamente: lei una piccola giovanissima ragazza che Dio chiama ad essere “Madre di Dio”. Anche con ognuno di noi Dio vuole fare grandi cose, ma spesso non ci crediamo. Ci sentiamo troppo piccoli, peccatori, poveri, incapaci… eppure ad ognuno di noi egli affida una missione, ci chiama a collaborare con lui. Conoscendoci ci sembra impossibile e come Maria chiediamo: “Com’è possibile?”. E anche a noi viene risposto: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio: tutto è possibile a Dio”.

Forse impiegheremo tutta la vita per capire il disegno di Dio su di noi, la “parola” che egli ha pronunciato su noi quando ci ha creati. Ma anche Maria “non capiva”, eppure aderiva con prontezza: “Si compia in me secondo la tua parola”. Per questo è beata, perché ha creduto alla missione che il Signore le affidava. Gesù glielo confermerà tanti anni più tardi: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”. Conferma la beatitudine pronunciata da Elisabetta.

Elisabetta continua a rivolgersi a ognuno di noi: “Benedetto sei tu, perché amato Dio, chiamato da lui e da lui colmato di doni. Benedetto per tutto ciò che egli compie nella tua vita, in te e attorno a te. Beato sei tu perché hai creduto a quando Dio ha sognato su di te quando ti ha creato. Beato perché metti a sua disposizione la vita che egli ti ha donato così che si compia la missione che egli ti ha affidato”.

Allora ognuno di noi potrà sciogliere, come Maria, il suo magnificat perché riconosciamo che anche in noi l’Onnipotente ha compiuto grandi cose.

giovedì 16 dicembre 2021

Novena di Natale: corsa verso Gesù che viene

 

Anche quest’anno l’arrivo della novena di Natale mi trova impreparato: già Natale? Mi sembra impossibile. La novena dovrebbe iniziare oggi, 16 dicembre, ma le “grandi antifone O” che la liturgia ci dona al Vespro – e che caratterizzano questa preparazione immediata – vanno dal 17 al 23: O Sapienza, O Signore, O Radice di Iesse, O Chiave di David, O Astro che sorgi, O Re delle genti, O Emmanuele.

Sembra che la novena del Natale sia piuttosto “recente”; sarebbe stata celebrala per la prima volta in una casa di missionari vincenziani di Torino nel Natale del 1720, nella chiesa dell'Immacolata.

Su questo blog ho celebrato più volte, negli anni passati, la novena. Sul motore di ricerca che c’è all’inizio del blog ho scritto “Novena di Natale” e ho rivisto tanti momenti vissuti con gioia… E quest’anno?

Questa mattina presto, prima dell’inizio della scuola, anche i bambini della mia parrocchia di origine, san Paolo a Prato, hanno celebrata la novena, e al termine si sono cementati in una corsa… verso Gesù che viene… L’ho preso come un invito a correre anch’io verso Gesù che viene.

mercoledì 15 dicembre 2021

Misteri della resurrezione / 2

 

Nel secondo mistero della resurrezione si contempla Gesù che incontra i due discepoli sulla strada di Emmaus.
«Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. (…) Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24, 15.30-31).
Il buon pastore va in cerca della pecora smarrita e la trova su una strada di periferia, verso Emmaus. Entra nel mondo dei due, tristi e delusi, e con la sua vicinanza ridona speranza e fa ardere il loro cuore.
Chiediamo a Maria che tutte le persone triste e deluse possano incontrare il Signore risorto e trovare la gioia.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:

1. che si avvicina e cammina con i due discepoli diretti a Emmaus (Lc 24, 15)
2. che si interessa e noi e intra nella nostra tristezza (Lc 24, 16-19)
3. potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo (Lc 24, 19)
4. consegnato per essere condannato a morte e ucciso (Lc 24, 20)
5. che ci rimprovera per la nostra stoltezza e durezza di cuore (Lc 24, 25)
6. che ci spiega le Scritture (Lc 24, 27)
7. che vogliamo resti sempre con noi (Lc 24, 29)
8. che spezza il pane per noi (Lc 24, 30-31)
9. che fa ardere i nostri cuori (Lc 24, 32)
10. che anche quando sparisce dalla nostra vita rimane in mezzo a noi (Lc 24, 31)

martedì 14 dicembre 2021

Il vero maestro...

 

“Il vero maestro mostra con l'esempio ciò che afferma con le labbra. Il sapere fa il maestro, ma è l'esempio che conferisce l'autorità. (...) Insegnare attraverso le azioni è l’unica regola di chi vuole istruire. L’istruzione con le parole è il sapere; ma quando passa attraverso le azioni, diviene virtù. Quindi il sapere è autentico se unito alla virtù: solo quest’ultima è divina e non umana”.  Così il grande san Pietro Crisologo (Discorsi, 167; CCL 248, 1025).

Ora che non sono più professore dovrò tenere conto di queste parole.

lunedì 13 dicembre 2021

Ultima lezione

 


L’ultima lectio l’ho data il 14 dicembre 2018. Un momento solenne, nell’Aula dell’Università Urbaniana gremita, con tanto di Laudatio. Diventavo professore emerito. Oggi, più semplicemente, ho dato la mia ultima lezione e sono uscito chiudendo la porta.

Dopo quasi 45 anni lascio il Claretianum in punta di piedi, con la serena gioia di aver compiuto una missione. Ho insegnato nella facoltà di teologia della Lateranense, all’Università Salesiana, all’Auxilium, allo Studium della CIVCSVA… Ma il Claretianum, dove ho lavorato con ininterrotta continuità, ha segnato il mio insegnamento. Avrò modo di dire qualcosa in proposito il 13 gennaio prossimo, in occasione dei 50 anni dell’Istituto.

Ho concluso la mia ultima lezione dicendo: Lo Spirito Santo, origine del carisma, resta la guida ultima dei membri dell’Istituto, così lo è stato per Gesù, come lo è stato per i fondatori e le fondatrici, come lo è per ogni cristiano. Ogni ulteriore regola è valida soltanto se a servizio di questa libertà, se segna una traccia che apre la strada alla guida interiore dello Spirito Santo. La Regola segna i punti di riferimento per un cammino in linea con il carisma. L’orizzonte è già tracciato dallo Spirito nel dono del carisma e la Regola lo richiama, ma le modalità per raggiungerlo restano aperte ai suggerimenti dello Spirito. Mentre “custodisce” il patrimonio dell’Istituto, e quindi guarda al suo passato, alla sua storia, alla sua esperienza carismatica, la Regola apre al futuro, invitando non ad una osservanza pedissequa e ripetitiva ma a una a nuova creatività, in continuità con la creatività iniziale. La Regola dunque non chiude, ma apre, indica la direzione di un cammino che ognuno deve percorrere nella libertà-docilità dello Spirito. Rimane a servizio della Parola di Dio, aiuta ad attuarla in pienezza.

Senza mai dimenticare che pienezza della legge è l’amore e che lo Spirito Santo è Amore e amore il frutto della sua azione. La Regola ha valore se è a servizio della carità e la promuove, se indica i luoghi dove essa può essere alimentata, se appiana la strada per il suo esercizio.

domenica 12 dicembre 2021

Amabilità

 


In mezzo al duplice messaggio di Paolo di questa domenica: “Siate lieti… ve lo ripeto, siate lieti”, c’è un altro suo invito: “La vostra amabilità sia nota a tutti”.

Il termine amabilità (in greco tò epieikés) comprende uno spettro semantico abbastanza esteso. Ha in sé l’idea della magnanimità, generosità, cortesia, mitezza, clemenza, amabilità, comprensione, mansuetudine, arrendevolezza, accondiscendenza, tolleranza.

All’estremo opposto stanno i concetti contrari di grettezza spirituale e intellettuale, ristrettezza di mente, piccolezza d’animo, ottusità, pignoleria, meschinità, adesione cieca ai valori astratti di principio, che conduce alla pratica incapacità di comprendere il punto di vista altrui.

La gioia che si ha dentro deve trasparire fuori e trasformarsi in amabilità. Papa Francesco ripete che un cristiano triste è un triste cristiano. Non basta essere nella gioia, occorrerebbe infondere gioia attorno. Non basta amare, si dovrebbe arrivare a diventare amabili, desiderabili. Amare al punto che l’altro senta simpatia verso chi lo ama. Che brutto essere odiosi, scostanti, antipatici. Che bello quando una persona è ricercata perché accogliente, perché in sua compagnia si sta bene… E' il primo passo verso l'evangelizzazione, che si fa proprio grazie alla testimonianza, per attrazione.

sabato 11 dicembre 2021

Il segreto della gioia

 

La terza domenica di Avvento viene chiamata “Gaudete” dall’antifona dell’ingresso della Messa: “Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto: rallegratevi”. Parole della lettera di Paolo ai Filippesi che poi leggiamo durante la messa. Il tema della gioia nella lettera ai Filippesi è insistente, ritorna 5 volte come sostantivo (1, 4.25; 2, 2.29; 4, 1) e 7 volte come verbo (1, 18; 2, 17.18.28; 3, 1; 4, 4.10). Eppure a parlare è un uomo incarcerato e si rivolge a una comunità che presenta al suo interno delle crepe!

Il grande Romano Penna commenta: «la gioia è sottintesa come un fattore importante non soltanto per un individuale equilibrio interiore quanto soprattutto per l’armonia interna alla comunità nel suo insieme, quale motivo di superamento sia delle immancabili sofferenze sia delle più minute meschinità quotidiane, e quindi anche come salutare antidoto a eventuali dissapori vicendevoli».

Papa Francesco non è da meno di Paolo. Dà come titolo alla sua “prima” esortazione apostolica: Evangelii gaudium, ed esordisce con queste parole: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù». La gioia cristiana non è frutto di incoscienza o superficialità, ma dell’incontro con Gesù. Si può essere nella prova, nel dolore, nella disperazione… e proprio in queste situazioni Gesù si fa prossimo e salva. «Coloro che si lasciano salvare da Lui – continua il Papa nelle prime righe del suo scritto – sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia».

Un’altra esortazione apostolica di papa Francesca è intonata ancora alla gioia: Gaudete et exultate. Vi si legge: «Essere cristiani è “gioia nello Spirito Santo" (Rm 14,17), perché “all’amore di carità segue necessariamente la gioia. Poiché chi ama gode sempre dell’unione con l’amato […]. Per cui alla carità segue la gioia” (San Tommaso d’Aquino). (…) Se lasciamo che il Signore ci faccia uscire dal nostro guscio e ci cambi la vita, allora potremo realizzare ciò che chiedeva san Paolo: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti” (Fil 4,4)» (n. 122).

Lasciarsi amare e “uscire dal guscio” per amare: questa l’origine e la causa della gioia cristiana.

venerdì 10 dicembre 2021

Misteri della Resurrezione / 1

Primo mistero: Gesù incontra Maria di Magdala nel giardino

«Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì” che significa “Maestro mio!”» (Gv 20, 16). Il pastore conosce le sue pecore, ciascuna per nome, ed esse conoscono la sua voce (10, 3-4. 14). È bello essere chiamati per nome: dice amicizia, rapporto personale, intimità. Con quel nome, “Maria”, è come se Gesù l’abbracciasse, la prendesse dentro di sé: «Ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni» (Is 43, 1). E lei, con quel nome, “Maestro mio!”, è come se lo abbracciasse. Anzi, l’abbraccia davvero!

Chiediamo a Maria il dono di un rapporto personale e profondo con il Signore risorto.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:

1. cercato da Maria di Màgdala (Gv 20, 11)
2. oggetto del nostro desiderio (Gv 20, 13-15)
3. che si china sulle nostre lacrime (Gv 20, 13)
4. che ci chiama per nome (Gv 20, 16)
5. Rabbunì, Maestro mio (Gv 20, 16)
6. abbracciato da Maria (Gv 20, 17)
7. che ci chiama fratelli (Gv 20, 18)
8. che dona a noi il suo Padre e il suo Dio (Gv 20, 17)
9. che affida a Maria l’annuncio della sua resurrezione (Gv 20, 17-18)
10. che ci attende in Galilea per iniziare un nuovo cammino con noi (Mt 20, 7)

giovedì 9 dicembre 2021

La pastora divenuta maestra

Come re David. Anche Giuliana fu chiamata da Dio mentre stava pascolando le pecore in un paesino di montagna nel Molise: aveva 22 anni. È divenuta suora, ha studiato alle Magistrali e per il resto della vita ha fatto la maestra di scuola materna a Trevignano, sul lago di Bracciano.

Oggi il funerale. Aveva 91 anni. Eppure in paese la ricordano ancora, con affetto e venerazione: la maestra, la catechista. Al funerale erano presenti le sue ultime bambine, ora ragazze, e le mamme di altre bambini. Tra le tante testimonianze quella di una mamma: la sua bambina quando aveva la febbre faceva finta di stare bene perché aveva paura che non la mandasse a scuola: voleva proprio andare dalla sua maestra!

Suor Giuliana ha vissuti gli ultimi anni della sua vita nella comunità di suore anziane accanto a casa nostra. Lucida fino all’ultimo momento. Testimone di una vita interamente donata.

mercoledì 8 dicembre 2021

La via della bellezza


«Tutta bella sei, Maria e la macchia originale non è in te». Più che dal dogma, lasciamoci rapire dalla bellezza. L’asserto della fede: «è vero», cede il primato all’esclamazione della sorpresa: «è bello!». Anche l’imperativo morale: «essere santi come Maria, la tutta santa», verrà dopo, conseguenza dell’aver contemplato la sua bellezza.

«Che bello!», è l’esclamazione che fiorisce spontanea quando vediamo un tramonto, un cielo stellato, il gioco o il sonno di un bambino, ma anche quando ascoltiamo parole di sapienza che sentiamo vere o quando seguiamo lo svolgimento logico di una formula matematica o sentiamo narrare gesta piccole e grandi di virtù. La bellezza del vero e del bene attrae, prende, coinvolge. Senza bellezza il vero e il bene apparirebbero quasi estranei, imposti. Anche dopo che Dio ebbe creato il cielo e la terra e tutto ciò che vive in essa, gli uscì di bocca l’esclamazione: «Che bello!»: vide che tutto era bello, molto bello.

Ma il suo capolavoro è Maria. Egli non ha creato soltanto un paradiso per noi; se n’è creato uno anche per sé: Maria, cielo che lo contiene, la tutta bella, «tutta splendore». Voleva venire tra noi, ma come avremmo potuto accogliere Dio e fargli casa? Egli infinitamente grande può stare nel nostro infinitamente piccolo? «I cieli e i cieli dei cieli non ti possono contenere », come avremmo potuto contenerlo noi? Egli, il Santo, tra noi peccatori? «Allontanati da me, Signore, perché sono un peccatore », «non son degno che tu entri sotto il mio tetto». Non potevamo accoglierlo, non poteva entrare in casa da noi. L’umanità e l’intero creato erano troppo angusti e inadeguati.

Finché arriva Maria, finalmente capace di accogliere Dio, pienamente, totalmente. In lei l’amore, unico contenitore capace di Dio, è rimasto intatto: «Le acque potenti non potettero spegnere l’amore, né le fiumane travolgerlo». Non certo per merito suo, ma grazie al Figlio che l’ha salvata dal peccato, grazie all’amore di tutta intera la Trinità che l’ha creato infinita – tutta amore, come solo l’amore sa essere infinito –, così da poter abitare in lei. Ora il Verbo può farsi carne e venire a stare in mezzo a noi: ha trovato casa, c’è chi può accoglierlo adeguatamente, egli che è Dio. In Maria Immacolata l’umanità e tutto il creato siamo capaci di Dio.

Oggi la nostra comunità di via Aurelia si è trovata insieme per celebrare la festa dell’Immacolata, “Madre e Regina” della nostra Congregazione. Abbiamo ricordato i 10 giovani indiani che oggi hanno pronunciato i voti perpetui, i brasiliani e i vietnamiti che sono ordinati diaconi e sacerdoti… Maria continua a coltivare la sua famiglia!

martedì 7 dicembre 2021

Santi e immacolati nell'amore


Il Padre «ci ha scelti… per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità» (Ef 1, 3-4). È il progetto di Dio su di noi, la meta alla quale siamo chiamati.

È così che Egli ci ha desiderati da sempre. Così ci ha scelti, pensati, sognati, amati: “santi e immacolati”. Quando guarda il suo Figlio in lui vede anche noi: “in lui tutte le cose sono state fatte” (Gv 1, 3). “In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo” (Ef 1, 4). Desiderati, sognati, amati non in massa, ma personalmente, uno per uno: ognuno un "pezzo unico", un capolavoro, con un nome, un’identità, un volto, una storia, una vocazione.

Il sogno di Dio si è frantumato troppo presto...

C’è però una persona nella quale il sogno si è attuato, pienamente: Maria! Ella è davvero “santa e immacolata”. È questo il senso della festa di oggi: l’Immacolata Concezione.

E noi? Se ci mettiamo al seguito di Maria «possiamo sperare di essere totalmente purificati dal peccato e di diventare anche noi “santi” e “immacolati”», scriveva Giovanni Paolo II, continuando con una preghiera: «O Maria… insegnaci a credere nella possibilità di una piena immacolatezza».

La Chiesa intera è chiamata a rispecchiarsi in Maria. È proprio della Chiesa - e di noi in essa - che Paolo parla nelle sue lettere, quando scrive che Cristo l'ha amata e ha dato se stesso per lei così da renderla “santa e immacolata” (Ef 5, 25-26). Ha dato per noi la sua vita per renderci “santi, immacolati, irreprensibili dinanzi a lui” (Col 1, 22).

Immacolati come Maria? Sì, perché siamo stati scelti “nell’amore”, e Gesù ci ha redenti “mediante il suo sangue” (Ef 1, 7), “a caro prezzo” (1 Cor 6, 20). L’amore porta a compimento il sogno, costi quello che costi! 

«O Maria… insegnaci a credere nella possibilità di una piena immacolatezza».

domenica 5 dicembre 2021

Fammi essere Presepe

 

Giovanni Verucci mi ha regalato un suo libro di poesie: In Versi. Già i primi versi mi aiutano a preparare il Natale:

Fammi essere mangiatoia:
per accoglierTi comodo
con la mia povertà.

Fammi essere bue e asinello:
che ogni mio respiro
sia inno di lode a te.

Fammi essere pastore:
la mia povertà ti riconosca gioiosa,
portando in dono quello che sono.

Fammi essere angioletto:
Per annunziare al mondo
la gioia dell’Incarnazione.

Fammi essere Giuseppe:
giusto ti accolse;
giusto ti crebbe da padre.
Fammi essere Maria:
che, madre del sì,
vinse ogni dubbio di fede.

sabato 4 dicembre 2021

Preparare la strada

 

Insegnaci, Signore, a preparare la tua venuta,
a spostare le montagne del pregiudizio,
a rimuovere le pietre della durezza di cuore,
a colmare i vuoti dell’indifferenza.
Aiutaci ad aprire incondizionatamente
la nostra vita a te
che vieni
sempre nuovo e inatteso
qui, ora.
Proiettaci fuori di noi
verso quanti tu poni sulla strada nostra,
donaci sapienza e luce per aiutarli
a riconoscerti e ad accoglierti,
donaci occhi nuovi per vederti all’opera
in loro e in noi.
Prepara tu la via
per la tua venuta.

venerdì 3 dicembre 2021

Misteri dolorosi / 5



Nel quinto mistero doloroso si contempla la morte di Gesù in croce.

“Avendo amato i suoi li amò fino in fondo”. Solo l’infinito amore di Dio può dare ragione della morte di Gesù in croce. Si offre per tutti compiendo l’opera più grande: la salvezza del mondo. Si racconta che i santi – e loro stesso spesso l’hanno testimoniato – ad un certo momento della loro vita chiudessero tutti i libri per “leggere” soltanto il libro della croce sul quale il Salvatore del mondo parlava con le parole eloquenti del suo donarsi. Anche noi ci poniamo in contemplazione dell’amore più grande che, morendo, ci ha dato la vita.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del suo seno Gesù:

1. crocifisso tra i malfattori (Lc 23, 33)
2. che innalzato da terra attira tutti a sé (Gv 12, 32)
3. che perdona i suoi crocifissori (Lc 23, 34)
4. che promette il paradiso al buon ladrone (Lc 23, 43)
5. che ci affida a te come tuoi figli e ti affida a noi come madre (Gv 19, 25-27)
6. che prova la sete, egli che è la fonte dell’acqua viva (Gv 19, 28)
7. che prova l’abbandono del Padre (Mc 15, 34)
8. che consegna il suo spirito nelle mano del Padre (Lc 23, 46)
9. che muore sulla croce donando il suo spirito (Gv 19, 30)
10. deposto dalla croce e sepolto in un sepolcro nuovo scavato nella roccia (Mt 27, 59-60)