lunedì 31 agosto 2020

La Santissima Icona di Spoleto


Nel duomo di Spoleto un ciclo pittorico di Filippo Lippi
mi fa sentire a casa...

Il duomo di Spoleto tra i suoi tesori custodisce la “Santissima Icona” di Maria, che  Federico Barbarossa donò alla città nel 1185 in segno di “pace e riconciliazione”.
Ricoperta con riza d’oro non si legge il cartiglio che la Vergine tiene in mano, ma riporta un dialogo commovente tra il Figlio e la Madre:
- Che cosa chiedi, o Maria?
- La salvezza dei viventi.
- Ma provocano a sdegno.
- Compatiscili, Figlio mio.
- Ma non si convertono!
- E tu salvali per grazia.

Quasi a commento, all’entrata della cappella che accoglie l’icona, un grande poster riporta alcune parole di papa Francesco:
“La Vergine Maria guarda tutti noi, ciascuno di noi. E come ci guarda? Ci guarda come Madre, con tenerezza, con misericordia, con amore. Così ha guardato il suo figlio Gesù. Quando siamo stanchi, scoraggiati, schiacciati dai problemi, guardiamo a Maria, sentiamo il suo sguardo che dice al nostro cuore: Forza, figlio, ci sono io che ti sostengo.
La Madonna ci conosce bene, è mamma, sa bene quali sono le nostre gioie e le nostre difficoltà, le nostre speranze e le nostre delusioni, Maria indica Gesù, ci invita a testimoniare Gesù, ci guida sempre al suo Figlio Gesù, perché solo in Lui c’è salvezza, solo Lui può trasformare l’acqua della solitudine, della difficoltà, del peccato, nel vino dell’incontro, della grazia, del perdono. Solo Lui”.

domenica 30 agosto 2020

Spoleto e le sue testimonianze francescane


Dopo Fonte Colombo e Greccio eccomi a Monteluco, altro luogo francescano.
Lucus, monte sacro a Giove, tra boschi di querce, aceri, faggi… Un luogo d’incanto, che i monaci provenienti dall’Oriente fin dai primi secoli del cristianesimo continuarono a mantenere nella sua originale sacralità, insediandosi nelle grotte del monte. L’eredità passò ai Benedettini e finalmente a san Francesco e ai suoi compagni che nel 1218 fondarono un conventino costruito con cannicci.
Le cellette testimoniano una vita evangelica semplice e bella, portata avanti anche oggi dalla bella comunità di frati e dai giovani postulati che ci accoglie con gioiosa fraternità.

Subito fuori Spoleto la chiesa di san Sabino, luogo di convegno, già nel primo millennio, dei soldati che andavano dal santo per chiedergli forza e coraggio…
Anche il giovane Francesco vi pernottò nel suo viaggio verso le Puglie per combattere e diventare cavaliere. Fu qui che iniziò la sua conversione.
Rileggo la Leggenda dei tre compagni:

“Mentre riposava, nel dormiveglia intese una voce interrogarlo dove fosse diretto. Francesco gli espose il suo ambizioso progetto. E quello: «Chi può esserti più utile: il padrone o il servo?» Rispose: «Il padrone». Quello riprese: «Perché dunque abbandoni il padrone per seguire il servo, e il principe per il suddito?». Allora Francesco interrogò: «Signore, che vuoi ch’io faccia?». Concluse la voce: «Ritorna nella tua città e là ti sarà detto cosa devi fare…». Attonito, pensava e ripensava così intensamente al messaggio ricevuto, che quella notte non riuscì più a chiuder occhio. Spuntato il mattino, in gran fretta dirottò il cavallo verso Assisi, lieto ed esultante. E aspettava che Dio, del quale aveva udito la voce, gli rivelasse la sua volontà, mostrandogli la via della salvezza. Ormai il suo cuore era cambiato. Non gl’importava più della spedizione in Puglia: solo bramava di conformarsi al volere divino” (6: FF 1401).

Il parroco di san Sabino è accogliente come i frati di Monteluco…

Infine nella cattedrale di Spoleto che tra i suoi mille tesori, conserva un’altra testimonianza di san Francesco, la lettera autografa indirizzata a frate Leone.  Un piccolo foglietto rettangolare di pergamena, tratta da pelle di capra, testimonia la fraterna tenerezza che Francesco ha sempre manifestato a Leone.  Il testo, in latino, dice tra l’altro: “Figlio mio, parlo a te come una madre. Tutte le parole che ci siamo scambiate per strada, le riassumo in questa parola e consiglio, anche se in avvenire avrai bisogno di tornare a chiedermi consiglio. Eccoti dunque il mio pensiero: qualunque modo di piacere a Dio e di seguire le sue orme e la sua povertà, ti sembri il migliore, ebbene, fallo con la benedizione del Signore e con la mia obbedienza. Ma se è necessario per la tua anima, per un’altra tua consolazione, e vuoi, o Leone, venire da me, vieni!”.

sabato 29 agosto 2020

Da roccia salda a pietra d’inciampo



Chiesa di san Pietro - Spoleto
Nel Vangelo di domenica scorsa Simone si era meritato il nome nuovo di Roccia. Su di lui Gesù avrebbe costruito la sua Chiesa. “Pietro”, un nome, una garanzia!
Oggi quella pietra salda, che dà sicurezza, che garantisce l’unità della costruzione, diventa “pietra d’inciampo”, sulla quale si infrange l’unità. Gesù, che proprio prima aveva chiamato Simone con il nome di Pietro, ora lo chiama con un nuovo terribile nome: “satana”, colui che divide. Com’è possibile?
A Pietro è bastato non accettare il progetto di Dio e mettere avanti le proprie idee per trovarsi non costruttore d’unità, come nella sua vocazione, ma causa di disunità, tutto il contrario della sua missione. Vuol fare di testa di sua, non riesce a entrare nella logica di Dio, non si arrende al disegno di Dio…

Lo stesso può capitare anche a noi. C’è un momento in cui ci appare chiaro qual è la nostra vocazione e missione, Dio si rivela e ci chiama. Con gioia gli andiamo dietro.
Ma andare dietro a Gesù, diventare suoi discepoli, vuol dire entrare nella sua logica, spesso diversissima dalla mentalità che ci sta intorno. “Rinnega te stesso”, ci dice Gesù. Attorno invece ci dicono: fatti valere, passa avanti agli altri, pensa a te stesso… Qualche giorno fa, per strada, ho ascoltato un tale che a voce alta diceva a telefono: “Devono piegarsi alle mie idee, devono piegarsi al mio volere…”. Mi sembrava, anche dal tono, un fare mafioso, poi ho pensato che più o meno siamo un po’ tutti così.
“Rinnega te stesso”: cerca di entrare nel mondo dell’altro, di capirlo, di venirgli incontro… Non pensare soltanto a te stesso…
“Poi prendi la tua croce”. Rinnega te stesso va bene, ma proprio prendere la croce… Si capisce la reazione di Pietro.
Essere discepoli di Gesù vuol dire vivere come lui, imparare dal Maestro, e il Maestro ha dato la vita.
Forse oggi il modo più concreto di prendere la croce è vivere per il bene comune, la cosa più inattuale che ci sia. Il progetto di Dio sull’umanità è “che tutti siano salvi”: Dio ha tanto amato il mondo che per esso ha giocato il tutto per tutto. Forse è proprio questa, in definitiva, la nostra vocazione, la stessa di quella di Gesù.

Quando Simone riconosce in Gesù il Figlio di Dio scopre anche la vera identità di se stesso: Pietro. Quando invece non riconosce l'identità profonda di Gesù smarrisce anche la propria identità ed emerge il peggio di sé.
E' così anche di noi!


venerdì 28 agosto 2020

Norcia. Soltanto il carisma rimane...


Molte case e palazzi sono lesionati dal terremoto, ma le chiese sono tutte irrimediabilmente crollate. A cominciare da quella di san Benedetto.
Non avrei mai pensato di giungere finalmente fino a Norcia. È la prima volta che entro in questa piccola città raccolta da mura di luce.

Mi torna subito alla mente il libro di Ruiz, Il filo infinito:
“Le rovine della Cattedrale… Dietro il rosone, la navata non c’era più.
Fu lì che vidi la statua… al centro della piazza. Mostrava un uomo dalla barba venerabile e dalla larga tunica, sollevava il braccio destro come per indicare qualcosa fra cielo e Terra. Era intatta in mezzo alla distruzione, e portava la scritta SAN BENEDETTO, PATRONO D’EUROPA. Fu un tuffo al cuore. Fino a quel momento non avevo minimamente pensato al Santo e al suo rapporto con Norcia, con il terremoto, con la terra madre del Continente cui appartenevo”.


Contrariamente a Rumiz per me Norcia è sempre stata san Benedetto, ma anche a me, come a lui, fa impressione l’ergersi della sua statua in mezzo alle rovine della cattedrale e della chiesa a lui dedicata.
Tutto è crollato, rimane soltanto il suo carisma.

giovedì 27 agosto 2020

Libri d’estate: I fioretti di santa Caterina da Siena


  
Dallo scempio del macero di una gloriosa biblioteca ho salvato pochi libri, tra i quali una antologia di fonti trecentesche su santa Caterina da Siena.
Un libro bello come oggetto, stampato nel 1950.
Naturalmente ancora più belli i testi che rievocano i tempi, le gesta, le parole della santa. 

Vengo così a conoscere scritti di cui ignoravo assolutamente l’esistenza, come le Memorie di Ser Gano il notaio, gli scritti di Bianco di Siena, il Canto del notaio Ser Anastagio di Montalcino, il Transito di Belduccio Canigiani…

Le pagine di Caterina rimangono comunque scritti insuperabili di passione per Cristo, la Chiesa, i peccatori, gli amici fedeli…, oltre che di una insuperabile bellezza letteraria.

Mi ha compito in modo particolare la lettera 53, indirizzata a Monna Agnese Malavolti. Mi ha colpito soprattutto il suo sguardo al Crocifisso che vede confitto in croce non dai chiodi ma dall’amore:

Io Caterina, serva e schiava de’ servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi legata nel legame della divina carità.
Il quale legame tenne confitto e crivellato Dio-e-uomo in sul legno della santissima croce; perocché ‘l chiodo non era sufficiente a tenerlo se l’amore non l’avesse tenuto.
Questo è quello dolce legame che lega l’anima con Dio e falla essere una cosa con lui; perché l’amore unisce. (…)
Trovando l’amore, e cognosciuto che voi l’averete in voi medesima, non potreste fare che voi non l’amiate. E questo sarà il segno che voi abbiate trovato e comceputo amore, quando vi legherete col legame della carità nel prossimo vostro, amandolo e servendolo caritativamente…

mercoledì 26 agosto 2020

Antiche edicole mariane



Chissà che saranno G. e A. Simoni che nel 1947 dedicarono una edicola alla Madonna in Galceti e chi sarò l’animo che, tempo prima, ne aveva dedicata un’altra, dopo distante, a Chiesa Nuova…
Testimonianza di una antica e semplice devozione mariana…

Ascolta o Santa Vergine
Chi il tuo soccorso implora,
assistici pietosa
adesso e all’ultim’ora,
tu dopo Dio se l’unica
speme del mondo inter.
G. e A. Simoni
1947

Oh prodigio d’amor mentre del Figlio
Vola gloriosa a possedere il Regno.
Dona al mortal la sua cintura in pegno
Del suo possente aiuto in quest’esiglio.

martedì 25 agosto 2020

Voglio andare in paradiso



Quando Francesco Volpintesta torna in Sicilia – e questa volta si è portato con sé tutti i novizi – lascia sempre il segno. La sua predicazione quotidiana, semplice ed efficace, viene immediatamente registrata, come queste parole che mi sono giunte come un eco:




Voglio andare in paradiso

La cosa più seria
di questa vita
è andare in Paradiso.
Il resto passa.

Affari, eventi, la gente...
tutto passa
resta il Paradiso.

È lì che devo andare,
è lì che voglio andare,
con tutti i miei fratelli
e le mie sorelle.
Insieme, per sempre,
il resto non ha la forza
dell’eternità.

lunedì 24 agosto 2020

Il crocifisso di san Bartolomeo



La chiesa di San Bartolomeo dopo il bombardamendo del 1944
La chiesa oggi
La chiesa di san Bartolomeo oggi era chiusa. Proprio nel giorno della festa dell’apostolo! Mi sarebbe piaciuto vedere ancora una volta il crocifisso ligneo del 1300 miracolosamente scampato al bombardamento del 16 febbraio 1944 che distrusse la chiesa.
In attesa della ricostruzione il crocifisso fu portato nell’oratorio di Santa Maria della Pietà, a Peretola, a una quindicina di chilometri da Prato. Quando la chiesa fu finalmente ricostruita, nel 1958, un gruppo di uomini di Azione Cattolica andò a Peretola e in processione riportò il crocifisso a Prato. Anche mio papà naturalmente vi partecipò e io, naturalmente, andai con lui.



L'oratorio di Peretola
Partii pieno di entusiasmo ma, per i miei 10 anni, gli oltre 15 chilometri furono oltremodo stancanti. All’approssimarsi della chiesa di san Bartolomeo erano sempre più numerose le persone che venivano a ingrossare la processione, fino a diventare una folla che ai miei occhi parve immensa. “Ma non sanno – mi dicevo – che io ho cominciato la processione fin da Peretola!”.
Quando arrivammo finalmente alla chiesa ero troppo stanco per entrare e seguire le varie cerimonie. Il babbo mi mise nell’auto parcheggiata poco lontano e mi addormentai…


domenica 23 agosto 2020

Con i giovani religiosi



“Cittadella Cielo”. Non poteva esserci nome più appropriato per questo angolo di paradiso calato tra le montagne bellunesi. Le antiche terme “Vena d’oro”, attorniate da prati, boschi, cascatelle e laghetti, ospitano oggi uno dei centri di “Nuovi Orizzonti” di Chiara Armirante. La gioia e il sorriso sono il biglietto da visita dei membri di questa comunità che ha aperto le porte di casa alla scuola annuale dei giovani religiosi e religiose.
L’incontro si è tenuto nonostante la pandemia, anche se con un numero molto ridotto, appena una quindicina, provenienti da Cina Myanmar, Italia, Kenya e Brasile.


A me la gioia di guidare l’ultimo giorno con le conversazioni sui carismi e l’unità. Ho letto, fra l’altro, una pagina di Chiara Lubich nella quale immagina i due patroni d’Italia, Francesco e Caterina, che in cielo si mettono d’accordo per offrire il loro contributo per la salvezza del nostro Paese.
I carismi hanno sempre contribuito in modo determinante alla costruzione della società. Perché allora non dovremmo anche noi oggi, quaggiù in terra, in quanto espressione dei vari carismi, lavorare insieme per il bene della società, come fanno i nostri santi in cielo? Lassù sono certamente concordi e uniti per la salvezza dell’Italia e del mondo; dunque, “come in cielo così in terra”.
Mi pare che questi giovani siano seriamente decisi a vivere la comunione più sincera tra di loro. È l’indispensabile punto di partenza perché Gesù vivo tra di loro faccia splendere di luce sempre nuova i carismi di cui sono partecipi e li renda operante nella Chiesa di oggi.

sabato 22 agosto 2020

Conoscere e conoscersi



Pietro riconosce in Gesù il Figlio di Dio: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.
Gesù riconosce in Simone la Pietra: “Simone, figlio di Giovanni… tu sei Pietro”.
È bello questo conoscersi e riconoscersi. È uno svelarsi l’uno all’altro.
Fin quando Simone non riconosce Gesù per quello che è realmente, neppure Gesù può svelare a Simone quello che è realmente.

Ognuno di noi ha un essere apparente, un volto esteriore e un segreto, un mistero interiore. Ognuno di noi è unico, irrepetibile. Ognuno di noi è una parola che Dio ha pronunciato creandoci e prima ancora, quando ci ha pensato. Abbiamo una vita intera perché quel nome pronunciato da tutta l’eternità possa svelarsi e possiamo passare una vita nell’apparenza, nell’esteriorità, senza che mai venga in evidenza la verità profonda di ciò che siamo realmente.

Ogni nome è una vocazione, una missione. Apparentemente quell’uomo di Bestsaida si chiamava Simone di Giovanni, ma il suo vero nome era Pietro e la sua vera identità data dalla sua vocazione e dalla sua missione, quella di essere una roccia.
Qual è il mio nome segreto? Quello legato alla mia vocazione e alla mia missione. Emergerà finalmente? Quando?
Forse nel momento in cui scopro il nome segreto di Gesù di Nazaret.


venerdì 21 agosto 2020

Maria Regina, una madre che sa e che può



“Cosa gridano là fuori?”
“Il popolo chiede il pane”.
“Perché?”
“Perché non hanno più pane”.
“Che mangino brioche”.
Chissà se questo famoso dialogo è mai avvenuto. In ogni caso la regina Maria Antonietta era molto lontana dal suo popolo. E ci rimise la testa.
Sono tanti, purtroppo, i politici che vivono lontano dal popolo, senza capirne le esigenze.
Forse per questo la festa di oggi, “Maria Regina”, non è molto sentita.
“È più madre che regina”, si ripete spesso, senza capire il significato di questo titolo.

Nell’antichità il re era colui che si prendeva cura dei poveri e difendeva la causa dei più deboli e indifesi.
Maria è una regina all’antica, di quelle che ha conosciuto da vicino tutte le miserie umane, le ha vissute in prima persona, e quindi sa capire il suo popolo. La sua regalità è il compimento di tutto il suo cammino, l'umile serva del Signore, passando per la croce, giunge alla pienezza della sua vocazione.
Quante volte è stata rappresentata in paradiso, seduta in trono e incoronata da suo Figlio, che la fa in tutto simile a sé. A cominciare dal mosaico dell’abside della prima chiesa dedicata alla Madonna, Santa Maria Maggiore a Roma.
Qualcuno, in nome di non si sa quale populismo, vorrebbe togliere la corona alla Madonna, mentre uno dei gesti più sentiti dalla pietà popolare è proprio quello di incoronare le sue immagini.

Ogni giorno, nella mia preghiera, chiedo a Gesù quello che Maria Regina chiederebbe se fosse al mio posto. Lei dall’alto vede meglio e di più, penetra nei cuori della sua gente, sa di cosa ha bisogno e intercede per noi: è una che può!
E' una madre che sa ed è una regina che può.
Mi piace avere una madre-regina, una che sa e che può.

giovedì 20 agosto 2020

Parole "estive" di san Bernardo


Oggi, festa di san Bernardo di Chiaravalle, mi vengono incontro queste sue parole “estive”:

“Troverai di più nei boschi che nei libri.
Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose
che nessun maestro ti dirà”.

Josè Damial dalla Spagna mi fa notare quanto l'antifona del Benedictus sia molto più ricca in latino che in italiano.
In italiano:
Illuminato dalla luce del Verbo, Bernardo irradia fede e sapienza in tutta la Chiesa.
In latino:
Il beato Bernardo, la cui anima fu mirabilmente illuminata dagli splendori eterni del Verbo, ha irradiato in tutta la Chiesa la luce della fede e della dottrina.

Libri d’estate: Montalbano e Camilleri


Il commissario Montalbano mi piace. Ho visto tutti gli sceneggiati, compresi “Il giovane Montalbano”. 
Nella mia recente visita a Scicli non ho potuto fare a meno di visitare il “commissariato di Vigata”. Sono entrato in quello che, in realtà, è il municipio di Scicli, e ho chiesto di vedere il luogo dove viene girato lo sceneggiato. Mi chiedono 3 euro. “Veramente non dovrei pagare – dico – perché vengo da Roma per un’ispezione”. “Ma certo”, fa la signora, spalleggiata dalle tre persone che le stanno attorno. “Sto scherzando”, ribatto. Non c’è stato nulla da fare, mi hanno preso per chissà quale personalità e mi hanno reso indietro i 3 euro. Il poliziotto che mi ha accompagnato nella visita si è mostrato molto curioso e alla fine ha concluso che ero un suo collega (ma ha fatto tutto da solo).

Di Montalbano di dà comunque fastidio il modo in cui ha trattato Lidia. Era una ragazza, bella, solare, positiva. Con il passare degli anni l’ha ridotta a una donna noiosa, infelice, insignificante, senza smalto. È stata una vigliaccata.
Per il resto mi piace il suo stile, il suo modo di rapportarsi, di affrontare le situazioni…

Mi piace meno leggere Camilleri. Del suo Montalbano ho letto soltanto “La gita a Tindari” e poi un romanzo storico, “Un filo di fumo”, e alcuni racconti.
Meno ancora mi piace Camilleri, o meglio, quell’enfasi a mio avviso un po’ esagerata sulla sua persona.


Nell'ufficio del commissario Montalbano
Sono rimasto invece preso dal libro intervista di Marcello Sorgi: La testa ci fa dire. Dialogo con Andrea Camilleri.
La vita di Camilleri e della sua famiglia scorre come un romanzo, raccontato in maniera ironica e divertente. Compare tutto il mondo letterario, dello spettacolo e dell’editoria del Novecento, assieme alle tematiche politiche e sociali. Le persone incontrare, a cominciare dai nonni fino a Berlusconi, da Pirandello a Maurizio Costanzo, sono fortemente caratterizzate e ritraggono un mondo e un’epoca.
Naturalmente gran parte dell'intervista è dedicata alla scrittura da cui, soprattutto negli ultimi anni, Camillieri è stato preso pienamente: come nasce uno scrittore, un libro, un personaggio, come si crea un proprio linguaggio…

Esprime anche la motivazione del suo scrivere e pubblicare: “Io ho sempre sentito la necessità della pubblicazione. Non per vanità personale, ma proprio sinceramente per poter raccontare la storia a qualcuno. Perché se tu sei un narratore la cosa la vuoi narrare, altrimenti ti scrivi «caro diario» e te la metti nel cassetto. Vuoi che qualcuno ti ascolti, magari cinque-dieci persone, quindi la pubblicazione è indispensabile”.
Mi viene da confrontare queste parole con quelle di Italo Svevo dovute forse anche al difficile rapporto con gli editori: “Scrivere a questo mondo bisogna ma pubblicare non occorre” (Lettera a Ferdinando Pasini, 30 agosto 1924).
Tutti e due hanno la loro parte di verità.
La scrittura è uno strumento essenziale per conoscere e riflettere su se stessi, per interiorizzare lapropria vita (non è solo questione di "caro diario"), e insieme una via per entrare in comunine con gli altri.


martedì 18 agosto 2020

Sui luoghi di Francesco: Fonte Colombo e Greccio



Amava scendere nella fenditura della roccia perché quelle fenditure gli ricordavano le piaghe di Gesù. Si credeva che fossero state prodotte dal terremoto che scosse la terra al momento della morte di Gesù.

In quella fenditura della roccia scrisse la Regola. Troppo rigida a parere di tanti discepoli dotti del suo tempo. Era impossibile viverla alla lettera, “sine glossa”, come affermava san Francesco, ma essa doveva rimanere così, per avere davanti una meta da raggiungere.
Anch’io ieri sono sceso in quella fenditura, sotto l’antico conventino francescano, già appartenuto ai monaci benedettini come punto di appoggio nei loro viaggi.
Il santuario di Fonte Colombo possiede il carisma delle origini e parla ancora.

Così come parla la grotta di Greccio dove volle allestire il primo presepe, per rivivere il mistero della nascita di Gesù. Era un innamorato dell’umanità di Cristo, della sua povertà, della sua croce e dunque anche della sua nascita.
Sono passati ottocento anni e a Natale gli abitanti di Greccio vestono i costumi dei loro antenati e come al tempo di Francesco tornano alla grotta per celebrare ancora quell’evento così come il santo l’aveva immaginato.

Francesco sapeva scegliere i suoi posti, belli oggi come allora.



lunedì 17 agosto 2020

Le mani forti della Madonna di Caravaggio


  
Nel breve viaggio in Sicilia ho avuto modo di visitare anche il museo regionale di Messina. Un cartello annunciava che l’impianto d’aria condizionata non funzionava, ma andava bene lo stesso.
Oltre alle solite cose del Sette-Ottocento il museo è ricco di autentici capolavori.
Tra gli altri, due grandissime tele di Caravaggio: una deposizione e una natività, dipinte a Messina nella sua fuga da Roma. Risentono del momento tragico che stava vivendo. Sono più buie del solito. La parte in alto e quella in basso sono addirittura completamente nere, quasi a fare da sfondo alla parte centrale, anch’essa comunque con scarsissima luce, anche se la natività, al termine della linea inclinata trasversale dei personaggi, presenta un candido bianchissimo panno, quasi la fonte della luce che illumina la scena.

Vorrei rimanere più lungo in contemplazione di queste due opere che attirano come un magnete. Purtroppo il caldo è soffocante e insopportabile non lo consente.
Non posso tuttavia non fermarmi a guardare l’abbraccio con cui Maria stringe forte a sé il bambino.
Una scena da cui non vorresti più staccarti. Tutta la composizione è incanto, armonia. Mi piacciono soprattutto le mani grandi della madre, così lontane da quelle affusolate e delicate delle Madonne del Rinascimento. Sono mani vere, di una donna di casa non di palazzo, che sorreggono con delicatezza e robustezza insieme. Il bambino si sente sicuro e guarda con soddisfazione la mamma.
Piacerebbe anche a me essere tra queste mani. Forse lo sono.

domenica 16 agosto 2020

Libri d'estate: La ragazza che sognava ad alta voce



Ho iniziato a leggerlo prima di addormentarmi. Sino arrivato a metà. Una storia bella, ma come ne abbiamo sentite tante, anche se nessuna mai si ripete perché tutte uniche come le persone che le vivono. La cosa nuova sta nella scrittura. Accidenti, mi sono detto, come scrive bene questa Elena Granata. Sì, la seguo nella penultima pagina di Città Nuova, ma questo è il primo suo libro che leggo. Scrive proprio bene.

Alle due di notte mi sveglio e riprendo la lettura. Sono sveglio o sto sognando? Quella donnetta di cui ho letto prima di addormentarmi, ha una impennata incredibile che la porta ad altezze vertiginose. Si sprigiona una creatività impensata, un coraggio folle, una forza diamantina. E me la ritrovo tra i tossici, le prostitute, i Rom, gli emigrati, in Uganda, in Perù, in Romania, in Albania... Dà vita a opere, istituzioni… e rimane se stessa, con le sue fragilità, i suoi sogni di bambina…

Assieme all’azione, straordinaria, mi colpiscono le motivazioni di un’opera così vasta, altrettanto straordinarie. Un pensiero concreto e utopico insieme, una visione del mondo di estrema apertura e nello stesso tempo china su quella persona che ha un nome, una storia.
Mi spiega cos’è l’empatia e come lei la viva, cos’è l’unità e come lei la vive, cos’è l’accoglienza e il rispetto per l’altro e come lei li vive…
E' Elena Sachsel o Elena Granata che parla? Forse si rispecchiano l'una nell'altra...

Elena Sachsel fino a stanotte era per me una sconosciuta. Adesso vorrei che tutti la conoscessero, come l’ho conosciuta io questa notte. Vorrei che tutti leggessero il libro che Elena Granata ha scritto su di lei. 150 pagine che si leggono in un soffio, in una veglia di notte e che irradiano una luce folgorante.
Questo non è un “libro d’estate”, è un libro “per tutte le stagioni”. Sconvolgente.


sabato 15 agosto 2020

I confini della fede


Era il 22 settembre 2008 quando giunsi  prima a Sidone e poi a Tiro, luoghi di grandi risonanze bibliche. I libanesi ci tengono a ricordare che quella è una terra biblica. Da lì sono partiti i cedri del Libano e i tecnici per la costruzione del tempio di Gerusalemme. Il profeta Isaia fu accolto in quella terra dalla vedova di Serepta. A Saïda, l’odierna Saïda, Gesù guarì la figlia della donna sirofenicia e sempre in Libano, a Cesarea di Filippo, identificata con l’odierna Marjaayoun, diede le chiavi a Pietro. La trasfigurazione sarebbe avvenuta sul monte Hermon. Tommaso predicò il Vangelo a Tiro. San Paolo passò una settimana a Tiro e andando verso Roma visitò i suoi amici a Sidone.

A Saïda fummo accolti nel Santuario di Maghdouché; il Santuario della Madonna di Mannara, ossia dell’attesa. Lì, secondo la tradizione, Maria attendeva l’arrivo di Gesù che andava a predicare a Saïda.

Ero in compagnia di un nutrito gruppo ecumenico di vescovi provenienti da tante parti del mondo. Ad accoglierci numerosi militari che presidiavano la chiesa e un festoso gruppo di bambini che ci regalò una simpatica coreografia. Che contrasto tra i soldati in assetti di guerra, armati fino ai denti, e i bambini armati di fiori…
Quando entrai nella grotta della Madonna dell’attesa non stetti a domandarmi se la tradizione fosse vera oppure no. Mi trovavo comunque in un luogo santo. Le chiesi di aiutarmi ad “attendere” sempre la venuta di Gesù, quella di ogni momento e quella dell’ultimo momento, così come lei lo attendeva.

Il Vangelo di oggi ci parla dello sconfinamento di Gesù dalla Terra Santa, verso una terra “pagana”. Ma dov’è il confine tra il santo e il profano? Quel che conta è la fede e Gesù nel territorio di Tiro e Sidone trova una donna con una fede grande.
Per Gesù non ci sono confini.