sabato 31 luglio 2021

Cerca ciò che rimane


Le ultime parole del Vangelo di questa domenica bastano da sole per riempire cuore e mente: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

Eppure per capirle davvero devo fermarmi ad un’altra parola che la precede e che oggi mi ha particolarmente colpito: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà”.

Come duemila anni fa Gesù continua a rivolgerci le stesse parole, lo stesso accorato invito: “Non fermarti ai doni che ti elargisco per le necessità quotidiane, non cercare le cose che passano, le emozioni effimere, le soddisfazioni terrene. Sì, sei umano e anche di questo hai bisogno, ma sei fatto per cose più grandi, più vere, quelle che rimarranno in eterno perché realtà di cielo. Quelle cerca, quelle brama”.

Parafrasando Ignazio di Antiochia anch’io vorrei poter dire: “So cosa dà veramente la vita: la tua parola, il tuo volere, il tuo pane eucaristico. Tu solo dai la vita vera. Voglio te e mangio il tuo pane; voglio te e accolgo la tua parola; voglio te e compio ciò che mi chiedi in ogni momento”. Ed ecco la preghiera che scrissi già anni fa e che ripeto anch’oggi:

Pane di vita disceso dal cielo,
pane di Dio per noi,
offerto ogni giorno sull’altare del mondo,
sazia la nostra fame e sete di vita e di gioia
e lasciaci sempre affamati e assetati di te,
perché non ci stanchiamo mai di cercarti ancora e di seguirti.
Fino al momento in cui la fede sarà ardente e pura,
e verremo a te,
e non avremo più fame né sete,
perché la tua Vita sarà la nostra vita,
la vita del mondo intero.

venerdì 30 luglio 2021

Com’era lo sguardo di Gesù?


Il nostro incontro a Roveré si fa sempre più concreto. Ci lasciamo interpellare dalla società nella quale siamo immersi e per la quale Dio ha suscitato i nostri carismi. Come guardare questo nostro mondo, come rispondere ai suoi gridi di dolore? A me il compito di avviare la giornata ed ho cercato di entrare un po’ nello sguardo di Gesù, così che diventi il nostro sguardo. Un breve accenno…

«Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea… Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello…» (Mc 1, 16-20). Il suo non è uno sguardo da turista o da curioso. È uno sguardo che penetra nel cuore, vi coglie il disegno di Dio e lo fa emergere, lo attualizza: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini…».

Quando a Cafarnao passò davanti al banco dell’esattore delle tasse «vide un pubblicano di nome Levi…» (Lc 5, 27). Il verbo greco indica un guardare con attenzione. Lo sguardo di Gesù non è mai superficiale. Vede in profondità nel cuore di Levi. Non si ferma all’esterno, alla sua attività peccaminosa – riscuote le tasse per conto dei romani. Non lo giudica dall’apparenza, ma scorge in lui la possibilità di una vita nuova. Lo chiama e lo fa nuovo.

Lo stesso quando passò da Gerico: «alzò lo sguardo» e vide Zaccheo (Lc 19, 5). Anche in questo caso va oltre l’apparenza, guarda “in alto” (alza lo sguardo, guarda in alto!), lo vede nel disegno di Dio. Ancora una volta il suo sguardo converte.

Andiamo ora a Gerusalemme. Gesù attraversò il cortile del sommo sacerdote e «fissò lo sguardo su Pietro» che l’aveva appena rinnegato tre volte (Lc 22, 61). Non è un rimprovero, non è una condanna. A differenza dell’incontro con Levi e Zaccheo questa volta Gesù non dice una parola, guarda soltanto. Ma quello sguardo guarisce Pietro.

Cosa aveva di così speciale lo sguardo di Gesù da cambiare le persone? Il segreto ce lo dice il Vangelo di Marco, quando racconta l’incontro con un uomo ricco che gli chiede cosa fare per avere la vita eterna. Gesù «fissò lo sguardo su di lui e l’amò» (10, 20). Il suo è uno sguardo d’amore, attraverso lo sguardo passa tutto l’amore di Dio.

Gesù affinava, se così si può dire, il suo sguardo la notte, quando si ritirava da solo per tornare “a casa”, nell’intimità con il Padre e lo Spirito, con gli angeli e i santi… Lì coglieva il disegno sulle folle e trovava la forza per andare verso di loro.

Così noi:

- prima di tutto occorre uno sguardo realista della realtà che ci circonda. Non possiamo ignorare com’è la società nella quale siamo immersi, dobbiamo essere consapevoli di quanto ci accade attorno, con gli occhi ben aperti;

- poi rientrare dentro di noi secondo per ritrovare in noi la realtà del Cielo; passaggio dall’esteriorità all’interiorità, dalla terra al cielo, perché senza contemplazione, senza preghiera, senza l’unità tra di noi – Gesù in mezzo è il nostro Cielo –, non si acquista lo sguardo di Dio. È proprio Gesù fra noi che dà il suo sguardo, che infonde la sapienza, la capacità di lettura dei segni dei tempi, di cogliere i disegni di Dio, e che apre le vie per la loro attuazione;

- Infine gli occhi devono tornare ad aprirsi nuovamente sul di fuori, sulla realtà attorno, spesso difficile, ora vista in maniera diversa da prima, con lo sguardo che viene dalla luce del Cielo, di Dio; quella luce che si è accesa dentro di noi, in mezzo a noi.

Guardare con l'occhio di Dio, guardare come egli vede, cogliere il suo disegno sulle singole persone e sulla storia, leggere fatti e situazioni con la luce dall’Alto.

Questo non basta. Non basta vedere, occorre lasciarsi muovere e rispondere. Viene subito alla mente l’analogia con lo sguardo di Dio nel libro dell’Esodo. «Dio guardò la condizione degli Israeliti. Dio se ne diede pensiero» (Es 2, 25). Il gemito degli Israeliti è un gemito e basta, non è una invocazione rivolta a Dio, eppure la loro situazione per Dio costituisce un appello al quale egli non può non rispondere. Dio non è indifferente al dolore dell’uomo o di un popolo. E interviene.

Possiamo imparare da Dio a cogliere il grido dell’umanità, comunque si esprime, a farlo nostro, e a rispondervi. Come ha imparato, ad esempio, Pietro quando, salendo al tempio a pregare, passa accanto a uno storpio che chiede l’elemosina: «Fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: “Guarda verso di noi”» (Atti 3, 4). Non getta uno sguardo di commiserazione, non passa lontano come il sacerdote e il levita nella parabola del buon Samaritano. Si ferma, si fa attento, e la situazione del povero gli diventa un appello. E lo guarisce.

giovedì 29 luglio 2021

Carismi in unità


 

Il parco è circondato da una tale varietà di alberi da restare incantati. Alcuni li riconosco, ma altri… Per fortuna, grazie a una piccola applicazione di Google, basta fotografarne le foglie che subito sul telefonino appare il nome della pianta. Per me, che in quanto a tecnologia sono all’età della pietra, è una piacevole scoperta.

Mi domando se c’è un’applicazione che permette di fotografare una persona e che mostra il suo carisma di appartenenza. Forse non n’è bisogno, basta un po’ di comunione tra di noi, come facciamo qui a Roveré, per veder la meravigliosa varietà dei doni Dio che, come arricchisce la terra di tante piante, così arricchisce la Chiesa di tante grazie.



Quando Chiara guardava la natura, vedeva tutte le cose “collegate fra loro dall’amore, tutte - per così dire – l’una dell’altra innamorate”. Quello che vale per la natura vale anche per le realtà divine e spero che qualcuno, guardando dal di fuori questo nostro incontro, possa dire ugualmente che tutti i carismi sono collegati fra loro dall’amore, tutti - per così dire – l’uno dell’altro innamorati.




Qual è il contributo tipico che la spiritualità dell’unità può dare ai carismi nella Chiesa? Proprio quelli di metterli tutti in comunione, così che ognuno potenzi la comprensione del dono ricevuto, e lo metta pienamente a servizio di tutti. E qual è il contributo dei carismi alla spiritualità dell’unità? Aiutarla ad essere sempre se stessa, a non perdere mia la sua intensità spirituale.

mercoledì 28 luglio 2021

Imago animi sermo est

 


Brillano al sole le goccioline d’acque sui petali della rosa dopo la pioggia violenta e il ritrovato silenzio nella pace dell’ultimo tramonto. Così mi accoglie Roveré.

Da cinquant’anni l’estate ci raduna insieme, prima nel Trentino, poi nell’Alto Adige, in Svizzera, in Slovenia… Finalmente dal 2014, con gli amici religiosi, siamo approdati su queste colline veronesi.

Quest’anno all’appello manca Camillo Bianchin, partito improvvisamente qualche mese fa, senza disturbare nessuno, come nel suo stile discreto. Era sempre immancabilmente presente. Lo è ancora, in altro modo…

Come al solito dovrò tenere le mie conversazioni a tutti, ogni giorno. Il buon vecchio Seneca mi ammonisce: "Imago animi sermo est: qualis vita talis oratio”, che in volgare significa: “La parola è immagine dell’anima: quale è la vita tale è il discorso”.

Intanto s’è fatto notte e nel cielo di montagna le stelle splendono d’una luminosità che a Roma m’è ignota. Anch’esse mi ripetono: sia la vita a parlare e le parole siano vita.

martedì 27 luglio 2021

Un seme e una punta di lievito

 



Ho letto le due brevi parabole di Gesù sul chicco di senape che diventa albero e sul lievito che fermenta la pasta. Le ho lette davanti a lei che giace immobile nel letto d’ospedale.

Mi sembrava seminato lì quel seme che ramifica al punto che gli uccelli vi fanno il nido, lì deporto quel lievito che fa montare la pasta. 

Che mistero di fecondità una vita che si dona mentre si affievolisce.

lunedì 26 luglio 2021

Un libro da piscina


Un grande autore mi scrive che è finalmente in vacanze in Puglia per qualche giorno. Buon per lui. Comunque se le sta rovinando leggendo “Dio si compromette” (Con tanto di documentazione fotografica! che accludo qui accanto). Ed ecco che subito mi rivolge domande del tipo: “Come mai fra i tanti "Seguimi" del Vangelo hai scelto proprio Gv 21,22 (p. 13)? Le 10 parole per il Santo Viaggio (di cui scrivi) sono in realtà 11 oppure ho contato male io? È forse un "trabocchetto" che si svela in itinere proseguendo la lettura?”. Conclude dicendo: “...comunque ogni riga andrebbe meditata giornate intere, altro che proseguire la lettura... Grazie, grazie, grazie per aver creduto e corrisposto alla promessa di Dio su di te!”.

Naturalmente gli devo una risposta e la prima è che il mio ultimo libro risale al 2019: “Il cenacolo, la nostra casa”. Dopo di quello non ho scritto e non scriverò più libri, per il semplice motivo che non ho più niente da dire, mi sono ripetuto già abbastanza. I tre  libri che sono veduti dopo: “Viaggiando il Paradiso. L’esperienza di luce nel Paradiso’49” (2019); “Condividere i doni. Laici e consacrati insieme per la missione”(2020); e naturalmente “Condividere i doni” (2021), così come  il quarto che uscirà a ottobre: “Le ultime parole di Gesù”, sono frutto di materiale di riporto, cose di provenienza e natura molto varia, spesso occasionali. Per me, basta con i libri.

Perché la chiamata di Gv 21,22? Perché è l’ultima, quella definitiva. E soprattutto perché è preceduta da un “Tu” – Tu seguimi! – che mi ha sempre colpito, perché non consente alibi. Ne ho parlato diffusamente nel libro che uscirà a ottobre. Riguardo a quante sono le parole per il Santo Viaggio che ho elencato: non mi sono messo a contarle. Sono 9, 10, 11? Non sono cose da poeti…

domenica 25 luglio 2021

Preghiera alla Madonna de' noantri

 


Madonna fiumarola
sei tornata a score longo er Tevere: che incanto!
Me pari ‘na reggina incoronata,
che ci aricopri tutti cor tu’ manto.
Su li ponti e a le sponne arrampicata,
la gente te se strigne sempre accanto.
Mentre le barche t’hanno circonnata,
dar fiume sale ‘na preghiera e un canto.
Ariccoji ner Fiume a tutte l’ora,
le pene, li penzieri disperati:
Tu senti tutti, ricchi e chi è in malora.
Quanno che passi tu semo incantati:
er core sembra guasi sortì fora,
mentre che l’occhi resteno ‘nzuppati.
Madonna de’ noantri,
che drento ar Fiume t’hanno aripescata,
dacce ‘na mano a noi e puro all’antri!




Per la prima volta ho partecipato alla festa della Madonna Fiumarola, a Trastevere, la festa de’ noantri. L’ho vista arrivata sulla barca, lungo il Tevere, scortata dai canottieri, accolta dalla banda, dai fuochi d’artificio e da tanta folla in festa. Le restrizioni della pandemia non hanno consentito la piena partecipazione, eppure è sempre commovente vedere l’incontro di Maria con il suo popolo.

sabato 24 luglio 2021

Cinque pani e due pesci

Una sera Andrea venne a trovarmi a casa. “Domani partiamo di nuovo. Questa volta vieni anche tu” e si volse a guardare mio padre e mia madre per carpirne il consenso. “Sta venendo molta gente, da tutta la Galilea, e anche da Tiro e Sidone, dalla Decapoli, dalla Giudea… Non possiamo incontrarla qui. Lui predilige i luoghi ampi, aperti e silenziosi. Potrai sentirlo parlare, direttamente, senza bisogno che sia io a raccontarti”. Mentre usciva si volse, mi strizzò l’occhio e aggiunse: “Mi raccomando, porta qualcosa con te, con la fame che ti ritrovi mangeresti anche i sassi”.

Restammo fuori tre giorni. E la gente arrivava, e arrivava, e arrivava… Non avevo mai visto tanta gente. Uomini e donne, signori e poveri, sani e ammalati… Tutti volevano vederlo, tutti volevano toccarlo, tutti volevano ascoltarlo.

Egli, vedendo la molta folla, si commosse. Sentì compassione per quella gente che veniva a Lui affamata e assetata di verità, in cerca di una speranza. Gli pareva un gregge sbandato, lasciato a se stesso, senza più pastore. Avvertiva in sé quello che passava nel cuore di quanti accorrevano a Lui. A me appariva una folla anonima, senza volto, per Lui erano persone, persone singole, che pareva conoscere ad una ad una. Provava i loro stessi sentimenti di dolore, di disperazione, di angoscia, di insicurezza. Condivideva con ognuno la sospensione, la ricerca, l’insoddisfazione, il dubbio, l’indifferenza. Sentiva quello che essi sentivano. (…)

“Sono in pena per loro”, disse infine il Maestro. Pastore buono e bello doveva nutrire il suo gregge. Prese a insegnare e a guarire. E infine ristette: aveva sfamato con le sue parabole, con le sue parole di vita, poiché sapeva bene che non basta il pane per vivere: occorre nutrire il cuore di speranza.

Ma dopo tre giorni la gente aveva fame anche di pane. Se ne erano bene accorti i discepoli, che presero a dire: “Maestro, è tempo che tu congeda la folla, che vadano nei villaggi a comprarsi da mangiare, altrimenti ci muoiono di fame”.

Gesù si guardò attorno, ancora una volta: “No, non voglio mandarli via affamati, temo che possano venire meno per strada. Pensate voi a sfamare il mio gregge”.

“Noi?”, presero a dire e si guardarono increduli. Filippo fece presto i calcoli: “Non ci basterebbero neppure duecento denari. E chi possiede una somma simile? E dove andare a comprare il pane in questo luogo deserto?”.

Andrea mi guardò interrogativo. “Io ho tutto con me”, e gli mostrai la sacca che la mamma mi aveva preparato: rimanevano cinque pani e due pesci. “Che dici, li diamo al Maestro? Così almeno Lui ha da mangiare”. E mi portò da Lui.

Ancora il suo sguardo, ancora il cuore che prese a battere a mille. Gli mostrai la bisaccia.

- Me lo doni il tuo cibo?

- È poco. È un dono piccolo.

- Ciò che è donato non è mai piccolo.

- È tutto quello che ho. Non mi è rimasto altro.

- Poco o tanto non conta. A me basta il tuo tutto. Perché è tutto, ce ne sarà per tutti. Il tuo dono farà miracoli. Ho bisogno del tuo dono, ho bisogno di te.

Prese i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiarono e si sfamarono, e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

- Come Mosè, esclamai ricordando i racconti della manna e del viaggio dei nostri padri nel deserto.

- No, ribatté Andrea, come lo stesso Signore, che ha nutrito il suo popolo con fior di frumento, che ha dato il pane dal cielo. È Lui stesso, Gesù, il pane vivo disceso dal cielo.

Tornai a casa con la sacca piena di pani e di pesci e con il cuore sazio di luce e di vita.

(F. Ciardi, Parlaci di Lui. I racconti di Cafarnao) 

venerdì 23 luglio 2021

Leggerezza... o lievità



“Sii felice, fa’ del bene e lascia cantar le passere!”. Chissà se questa è davvero una frase di don Bosco... Mi è venuta in mente quando una persona ieri mi ha detto, preoccupata, che è stata invitata a far parte di un organismo serio, che tratta problemi seri, in maniera molto seria…

Le cose serie vanno trattare con serietà. Eppure in tutto occorre un tocco di leggerezza, consapevoli che siamo pur figli di Dio!

Anche Gesù ha parlato dei passeri: ci ha detto che il Padre, che forse ha ben altre cose più importanti cui pensare, pensa anche a loro! Figuriamoci se non pensa anche a noi. E se lui pensa a noi… forse possiamo permetterci di essere un po’ spensierati. Che non vuol dire essere incoscienti, ma coscienti di essere nelle mani di Dio e che Dio pensa a noi e ha più cura delle nostre cose di quanta possiamo averne noi. Affidati a Dio e fidati di Dio!

Se dovessi entrare a far parte di un gruppo importante, vorrei portarvi innanzitutto un po’ di lievità (suona meglio di leggerezza?).

giovedì 22 luglio 2021

Luci e ombre


Riguardo al post di tre giorni fa
http://fabiociardi.blogspot.com/2021/07/scopro-il-mio-ideale-di-vita-sempre-piu.html
mi è giunta una lunga lettera nella quale tra l’altro leggo: “Mi rallegro che tu abbia anche menzionato - e speso qualche riga - su ricordi di persone con le quali ci sono stati dei problemi, situazioni difficili, ombre… È molto più vero, più realistico, il menzionare chiaramente le ombre che ci sono in ogni “incarnazione” di un carisma di Dio. A volte alcune delle biografie, sono troppo in funzione del carisma, un po’ “agiografiche”, edulcorate, senza mettere in evidenza luci ed ombre personali e di gruppi. I veri drammi  - quelli davvero belli - hanno contrasti, luci ed ombre, debolezze e fortezze...”.

È così. In ogni storia ci sono luci e ombre. È proprio questo, tra l’altro, “luci e ombre“, il titolo di un capitolo magistrale della grande biografia di de Mazenod che Leflon scrisse negli anni Sessanta del secolo scorso. Se in una storia non ci fossero luci e ombre non sarebbe una storia umana. A volte le ombre… “finiscono nell’ombra” perché il tempo purifica tante cose e conserva ciò che veramente rimane, la luce, il positivo. Ma si sa che ogni alba nasce dopo una notte e che dopo il giorno torna la notte, e poi di nuovo la luce…

Il passare degli anni insegna a guardare il passato con uno sguardo di misericordia, che non è negazione della verità, ma il suo compimento.


mercoledì 21 luglio 2021

Maria Maddalena, apostola degli apostoli



Quattro anni fa, per volere di papa Francesco, la memoria liturgica di Maria Maddalena è stata elevata a ruolo di festa, come per gli apostoli. “Apostolorum Apostola” l’ha infatti chiamata san Tommaso d’Aquino. La motivazione del passaggio da memoria a festa è stata motivata «per significare la rilevanza di questa donna che mostrò un grande amore a Cristo e fu da Cristo tanto amata». 

La tradizione latina, a cominciare da san Gregorio Magno, ha identificato in una sola persona la donna peccatrice che nella casa di Simone unse i piedi di Gesù e li lavò con le sue lacrime, Maria di Betania e Maria di Magdala. Tre donne che nei Vangeli appaiono ben distinte l’una dall’altra.
Di Maria di Magdala sappiano soltanto che, guarita da una grave malattia, ritenuta opera dei demoni, aveva preso a seguire Gesù, assieme ad altre donne. Benché esse fossero numerose, lungo i Vangeli la Maddalena è quasi sempre nominata per prima, come fosse alla testa di quel gruppo, leader indiscusso.
Maria è dunque una discepola, grata a Gesù per l’amore che le aveva dimostrata guarendola dal male. 

Abitualmente i maestri di allora avevano soltanto discepoli uomini al loro seguito. Gesù invece ammette nella sua cerchia anche le donne, operando un autentico cambiamento di mentalità. Esse lo seguono al pari degli apostoli e degli altri discepoli, ascoltano le sue parole, condividono con lui e con gli altri i propri beni, fanno parte in tutto della nuova famiglia, del nuovo popolo di Dio che Gesù è venuto a formare.
Gesù non ha preclusioni, tutti possono seguirlo ed entrare a far parte della sua famiglia, anche i pubblicani e i peccatori (cfr. Mt 9, 10-13). Ormai non conta più essere d’un popolo o di un altro, schiavo o libero, uomo o donna; Gesù ci ha resi tutti uno in lui (cfr. Gal 3, 28). 
Le donne hanno contraccambiato la sua fiducia nei loro confronti. A differenza degli uomini lo hanno seguito fino ai piedi della croce, accompagnandolo nella sepoltura e incamminandosi di nuovo per andare a visitarne la tomba. 
Che cosa le ha motivate? Certamente l’amore: la consapevolezza dell’immenso amore di Gesù per loro e la risposta generosa del loro amore verso di lui.

Maria di Magdala ne è il modello perfetto. Gesù le ha mostrato il suo amore guarendola e lei lo ha riamato fino alla fine: Matteo e Marco la nominano per prima fra le donne che sono ai piedi della croce. Ma a lei non basta vederlo morire, vuole prendersi cura anche del suo corpo sepolto. Non trovandolo più nella tomba va a riferirlo a Pietro, senza rassegnarsi alla sua scomparsa. Torna verso la tomba e continua disperatamente nella ricerca.

È l’icona della sposa del Cantico dei Cantici che, una volta smarrito l’amato, si mette alla sua ricerca: «Mi alzerò e perlustrerò la città, i vicoli, le piazze, ricercherò colui che amo con tutta l’anima… voglio cercare l’amore dell’anima mia». Non lo trova, eppure non si dà pace e continua nella ricerca: «Mi incontrarono i vigili di ronda in città: “Avete visto colui che amo con tutta l’anima?”».
Come quello della sposa del Cantico anche l’amore di Maria è un amore appassionato, perseverante e, proprio per questo, è presto ricompensato.
“Maria”! Si sente chiamare per nome. È Gesù che la chiama per nome. Sì, Gesù la conosce per nome, mostrando così un amore tutto personale. Per Gesù non esiste la gente, conosce ognuno per nome, conosce anche ognuno di noi, personalmente.
Papa Francesco commentava così l’incontro del Maestro con Maria di Magdala: “Com’è bello pensare che la prima apparizione del Risorto – secondo i vangeli – sia avvenuta in un modo così personale! Che c’è qualcuno che ci conosce, che vede la nostra sofferenza e delusione, e che si commuove per noi, e ci chiama per nome. È una legge che troviamo scolpita in molte pagine del vangelo. Intorno a Gesù ci sono tante persone che cercano Dio; ma la realtà più prodigiosa è che, molto prima, c’è anzitutto Dio che si preoccupa per la nostra vita, che la vuole risollevare, e per fare questo ci chiama per nome, riconoscendo il volto personale di ciascuno. Ogni uomo è una storia di amore che Dio scrive su questa terra. Ognuno di noi è una storia di amore di Dio. Ognuno di noi Dio chiama con il proprio nome: ci conosce per nome, ci guarda, ci aspetta, ci perdona, ha pazienza con noi. È vero o non è vero? Ognuno di noi fa questa esperienza” (17 maggio 2017).

Sì, in questa pagina di Vangelo tutti noi possiamo specchiarci e riconoscerci. Non siamo anche noi alla ricerca di Gesù? Non vogliamo anche noi incontrarlo? Tanti l’abbiamo già trovato, siamo già suoi discepoli. Eppure a volte lo smarriamo, o lo sentiamo lontano. Abbiano l’impressione che ci abbia abbandonato, che non ascolti più la nostra preghiera. Altre volte siamo noi ad abbandonarlo con i nostri peccati, con scelte sbagliate o semplicemente con il sopraggiungere di una qualche indifferenza o stanchezza.
Che tristezza se ci lasciassimo scoraggiare, se non confidassimo nella sua misericordia, se non si risvegliasse in noi il desiderio di cercarlo, di incontrarlo ancora, di ricominciare un rapporto nuovo, più profondo. L’amore non si rassegna mai alla perdita dell’amato.
Quando Maria Maddalena, dopo lo smarrimento, ha ritrovato il Signore, ha provato una gioia mai provata prima ed è nato un legame così profondo che niente ha più potuto spezzare, neppure la morte. 
Così per noi. Un amore ritrovato dopo la prova, anche dopo il tradimento, può essere ancora più bello, purificato, tutto intriso di misericordia. Basta non arrendersi, perseverare nella ricerca, come ci insegna Maria di Magdala. (

martedì 20 luglio 2021

Il carisma è vivo

 


Eccoci davanti a santa Maria in Campitelli, uno dei luoghi più amati dagli Oblati per l’esperienza che qui ha vissuto sant’Eugenio il 15 febbraio 1826. Naturalmente ho guidato il gruppo dei formatori in altri luoghi a noi cari, nel nostro pellegrinaggio romano. E così, ancora una volta, mi trovo a raccontare la storia antica e sempre nuova delle nostre origini.

Oltre a quelli presenti al convegno di Roma, altri, impossibilitati a venire per le note ragioni, seguono via internet, così che insieme possiamo rivivere l’incanto degli inizi. Chi però è lontano non può “toccare” i documenti d’archivio che amo presentare. Sì, i documenti vanno toccati, sfogliati (anche se a volta con i guanti per non rovinare le antiche carte). Così come i luoghi delle origini vanno visitati, percorsi, vissuti, siano Aix, Venezia, Palermo, Marsiglia… Perché un carisma non è un’idea, ma una vita, un’esperienza, con una storia concreta fatta di luoghi e di tempi. Non mi stanco di raccontare le solite cose, anche perché per tanti di loro… sono nuove! Così la vita continua...

lunedì 19 luglio 2021

Scopro il mio ideale di vita sempre più entusiasmante


Ho terminato di leggere il libro di Serenella. 

https://fabiociardi.blogspot.com/2021/06/un-buono-che-e-bello.html

Ho visto passare davanti a me tante persone che ho conosciuto. A mano a mano che apparivano quelle che sono già in Paradiso, me le sono viste vicine come mai prima, ho ricordato i momenti vissuto assieme… Con alcune ci sono state anche delle incomprensioni. Mi ha fatto bene incontrare di nuovo quelle persone nel loro contesto di vita, perché mi ha dato modo di veder sparire ogni ombra di negativo, come riassorbita dall’amore grande nel quale ora esse si trovano, e nascere un’unità più profonda, più sincera con ognuna di esse, come quella che vivremo quando saremo di nuovo insieme. Anzi, siamo già insieme nella novità di vita del Risorto. Mi sembra quasi di sperimentare la vita del Paradiso…

Nel libro ho incontrato anche persone ancora viventi: ho visto nascere la loro vocazione, il loro coinvolgimento nella vita dell’Opera. Così ho scritto ad alcune di loro ringraziandole della fedeltà, del dono della loro vita.

Che bello scorrere una biografia attraverso la quale appare il cammino di un’opera di Dio, capace di coinvolgere tante persone. Chissà quanti sbagli ci sono stati, quante pagine oscure… ma tutto concorre al bene e il Regno di Dio avanza comunque. Il libro è incentrato soprattutto sul Nord America, ma attraverso un particolare si respira il mondo intero!

Mi sono sentito pienamente convolto, anche se non sono presente in quelle pagine, perché mi considero parte di quel progetto di Dio, di cui la storia di Serenella è una tra le tante testimonianze. Al termine della lettura posso fare mie le parole che ella scrive al termine della visita di Chiara alla Mariapoli Luminosa: “Scopro il mio ideale di vita sempre più entusiasmante”.

domenica 18 luglio 2021

Sant’Eugenio parla tedesco e ceco

 


Il libro che scrissi tempo fa su sant’Eugenio è stato tradotto in tedesco e in ceco. Athanasius von Wedon lo presenta così:

Molti hanno cercato di avvicinarsi a Sant'Eugenio di Mazenod come figura centrale del fondamentale mandato missionario della Chiesa da varie prospettive: storica, biografico-psicologica, pastorale, spirituale, e così via. A metà degli anni '90, Fabio Ciardi OMI - esperto di movimenti carismatici all'interno della Chiesa - ha presentato uno studio in cui ha tracciato lo sviluppo dei vari elementi del carisma del fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. L'opera è ora disponibile in tedesco e in ceco. Fabio Ciardi scrive nella prefazione del suo libro che nel mistero sacramentale di salvezza della Chiesa "Eugenio di Mazenod appare come una persona che, lasciandosi condurre docilmente dallo Spirito, è divenuta un suo strumento per suscitare una nuova esperienza di vita carismatica per l'evangelizzazione dei poveri.... Il disegno che Dio ha pensato su di lui si rende comprensibile a mano a mano che lo si vede dispiegarsi". Vale la pena leggere il libro. Se non altro perché illustra come la prospettiva escatologica dell'azione umana ha preso forma in modo efficace nel carisma dato da Dio a S. Eugenio.

sabato 17 luglio 2021

Raccontare


 

“Gli raccontarono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato”. È bello vedere i discepoli che tornano dopo essere stati inviati da Gesù e che “gli raccontano tutto”. Nel “discorso di missione” Gesù aveva spiegato come dovevano andare, cosa dovevano fare, cosa dovevano dire… Non basta: occorre raccontare com’è andata! La condivisione dell’esperienza è parte integrante della missione.

Sto continuando la lettura della storia di Serenella Silvi, un libro fantastico come contenuto e come scrittura. Regalandomelo mi ha raccontato che qualcuno l’aveva sconsigliata di scriverlo e soprattutto di pubblicarlo, perché sarebbe stato un indebito mettersi in mostra. Si vede che chi l’aveva consigliata non aveva letto il Vangelo di questa domenica. Non raccontiamo noi stessi ma il lavoro di Dio in noi.

Sto scrivendo la biografia di Giovanni Santolini. Per fortuna ho tante sue lettere e scritti personali, così posso raccontare quello che Dio ha fatto in lui.

Gesù si mostra contento di quanto i suoi discepoli, di ritorno dalla missione, condividono con lui e tra di loro. È l’invito a comunicare, con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, le cose belle che Dio opera.

venerdì 16 luglio 2021

Cos’è la mistica


Un libro scorrevolissimo, leggero, nonostante il tema poderoso. L’ho letto d’un soffio. Lascia il desiderio di scoprire la presenza di Dio che è già lì, nel più intimo di noi. Lascia il desiderio che questa scoperta “assuma il carattere di un incontro, di un abbraccio, di una prese di possesso”.

Si tratta di una raccolta di testi di mistici e di autori che hanno studiato la mistica, esposti in maniera discorsiva, così da aiutare il lettore a percorre un itinerario verso la scoperta di questo mondo affascinante.

Gli autori, ad eccezione di Agostino e lo Pseudo Dionigi, sono tutti del secondo millennio, con una certa preferenza al mondo ignaziano e al Seicento e Settecento francesi. La scelta rimane comunque molto ampia.

Nella postfazione Antonino Raspanti si pone la domanda su come integrare maggiormente l’esperienza dei mistici nella vita ecclesiale, nell’ordinaria vita ecclesiale. Il loro vissuto va conosciuto maggiormente, così che diventi un appello a una intensità di vita sempre più profonda: è un’autentica profezia.

L’attenzione è portata soprattutto sulla preghiera, sulla vita “interiore” a cui conduce e da cui parte la mistica. Eppure esempi come quelli, più volte citati, di Maria dell’Incarnazione che conduce un’esperienza mistica in pieno inserimento nella vita quotidiana e lavorativa, potrebbe portare a riflessioni più avanzate su una mistica che matura nel tessuto sociale, nei rapporti fraterni e nel dono di sé, e sui riflessi che essa può avere nel campo dell’economia, del lavoro, della famiglia…

Un libro che invita alla riflessione, che interroga, soprattutto che domanda di restare aperti a Dio che chiama costantemente a un rapporto sempre più profondo con lui.

Max Huot de Longchamp, con Antonino Raspanti, Cos’è la mistica, Città Nuova, Roma 2021, 160 p.

giovedì 15 luglio 2021

Un libro per l’estate: Dio si compromette


Dal sito di Città Nuova:

“Dio si compromette” è il titolo che hai pensato per il tuo nuovo libro. In che senso Dio si “compromette” e “come si compromette”?

“Dio si compromette” ha inizio da una convinzione. “Ogni promessa è un debito”, dice il proverbio. Quelle che fa Dio nella Bibbia, soprattutto quelle di Gesù nei Vangeli, sono di una portata così grande che Dio si gioca il tutto per tutto per mantenerle, ne va delle sua parola. Non promette mai a cuor leggero e per mantenerle è pronto a rimetterci di persona, rischia il tutto per tutto, ne va del suo onore, della sua reputazione. Nella parola “promettere” c’è un prefisso, “pro”: promettere è “mittere-pro”, mettere sotto gli occhi dell’altro, e quindi rassicurare, dare la parola.

Quando ci si compromette si aggiunge un altro suffisso “con”: il “com-promesso” è, in certo senso, una promessa fatta insieme. Promettendo, Dio chiede una relazione di impegno reciproco, anche se non c’è confronto fra il suo impegno (è Dio!) e il nostro, sempre così fragile, soggetto all’umore, al tradimento.

“Dio si compromette” ripercorre l’Antico e Nuovo Testamento rileggendo e commentando alcuni passi che raccontano le promesse di Dio all’uomo. C’è una promessa tra le tante che commenti che senti fortemente, ha “lasciato il segno nel tuo cuore”?

L’ultima, quella che Gesù ci ha lasciato subito prima di salire al cielo: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. È una promessa della quale non si può dubitare. Non viene qualche volta, quando magari ne abbiamo più bisogno. È una presenza stabile, senza limite di tempo. Possiamo avvertirla oppure no; c’è comunque. Con un Dio che sta dalla nostra parte che possiamo temere? Egli è per noi, mai contro di noi.

Mi piace anche quel “con voi”, che richiama la realtà di un Dio che si rende presente nei luoghi più laici e più impensati. Il futuro della Chiesa è nelle piccole comunità, come le chiese domestiche dei primi cristiani, piccole e diffuse ovunque, con Gesù presente e vivo. La sua promessa è per queste piccole cellule di vita, non per restarvi chiuso lì dentro, ma per dilatarsi e abbracciare il mondo intero.

Un posto speciale nel libro lo dedichi alle Beatitudini… perché? Quale messaggio ci comunicano?

A volte le beatitudini promettono, ad esempio, il regno dei cieli ai poveri. Il più delle volte non sembrano una promessa perché apparentemente non promettono niente. Invece la promessa sta proprio nella beatitudine. Quella situazione dà gioia, ed è la ricompensa più bella. Nell’Antico Testamento sono 60, nel Nuovo 43. Non rimandano mai a un futuro lontano. Si è beati oggi, perché Dio è presente oggi, qui, pronto a investire con il dono della sua gioia, con la pienezza della vita. È Gesù stesso che si cala e si rende presente in quella concreta situazione di dolore, di sofferenza, di bisogno, e la fa sua: assieme a lui giunge il Regno di Dio. Le beatitudini sono l’antidoto al malessere diffuso, l’annuncio di una vita diversa, più umana e vera. Sono, come ha ricordato papa Francesco, “la carta d’identità del cristiano” (Gaudete et exultate, 63), chiamato a mostrare la gioia e la bellezza del Vangelo.

Il libro è disponibile in libreria e sul sito di Città Nuova, dove si può acquistare col 5% di sconto.


mercoledì 14 luglio 2021

Un ponte di buon vicinato

 


Lasciando alle spalle il Massiccio della Certosa verso Lione da dove prenderò l’aereo per tornare a Roma, passo per Le Pont-de-Beauvoisin nel dipartimento dell’Isière. Il fiume Guiers lo divide dall’altro paese: Pont-de-Beauvoisin (stesso nome, senza “Le”), in Savoia.

Quando la Savoia non era Francia i due paesi erano uniti dal “ponte del buon vicino”. Un confine che non è una barriera ma un ponte, e un vicino che non è un nemico, ma un “buon vicino”.

È l’esperienza vissuta questi giorni a Saint-Pierre de Chartreuse con le famiglie.

Solo alcune impressione, soprattutto riguardanti la preghiera:



L’amore di Dio è così meraviglioso! Sapere che Dio è vicino a me mi dà una grande gioia.
I miei tempi di preghiera servono per pensare a quello che ho fatto durante la giornata, per chiedere perdono.
Percepisco l’amore di Dio nell’incontro fraterno con persone con le quali l’amore è reciproco.
Quando Gesù ti guarda, ti dà coraggio! Sono felice che Dio mi ami! Grazie per gli amici. Grazie per i genitori.
Quando apro la porta della stanza interna, Gesù mi ringrazia.
Sono felice di avere Gesù come amico, di affidargli tutto, di fidarmi di lui, sono felice di saperlo vicino a me, di poterlo ricevere, di ricevere il suo corpo, il suo perdono, di poterlo servire.
Dio mi ama sempre. Grazie per le cose positive della giornata. Grazie per la mia famiglia, grazie per i miei amici.
Prendo tempo per stare nella mia stanza interiore ogni giorno.
Accogliere ogni giorno Gesù nella nostra famiglia
Preghiera in famiglia per i nemici e una situazione difficile. Parlo con Dio quando sono triste Pregando davanti al tabernacolo, ho sentito l’amore immenso, traboccante di Dio per me.  
È difficile parlare con Dio, ma ho capito che potevo dirgli qualsiasi cosa senza che lui mi giudicasse o mi brontolasse.
Quando diciamo la preghiera della sera in famiglia, ognuno di noi inizia dicendo grazie per le cose belle della giornata.
Mi sento amata nei momenti di complicità con gli amici, la mia famiglia. Mi sono sentita amata in questi ultimi giorni trascorsi da sola con i miei genitori, senza i miei fratelli e le mie sorelle.
La confessione può essere il modo per preparare e pulire la camera interiore. Voglio provare a pregare di più.
Ho sentito un amore molto forte durante la gravidanza di ciascuno dei bambini: facevo così poco ed una nuova vita si stava tessendo in maniera meravigliosa e perfetta nel mio cuore: sentivo di essere co-creatore con Dio.
Percepisco l’amore di Dio nella bellezza della natura.
Sento l’amore di Dio quando viviamo l’armonia in famiglia.

martedì 13 luglio 2021

Giorni di contemplazione


 

Sono giorni di contemplazione. Vedere babbi e mamme tutti dedicati ai bambini è un’autentica contemplazione. Con quanta cura hanno preparato questa settimana, in tutti i dettagli. Non si sa più chi è figlio di chi, tanto si vive in unità fra tutti; salvo i momenti nei quali la famiglia intera si ritrova per scoprire le caratteristiche proprie, i passi in avanti da fare insieme...

Durante la giornata le attività le più varie: dalla costruzione della diga sul torrente alla scoperta delle emozioni; dalla preparazione dei biscotti per le famiglie in difficoltà alla creazione di origami; dal teatro al disegno; dallo studio sui cambiamenti climatici alla musica; perfino una fabbrica di occhiali (per guardare il mondo con occhi nuovi!). Ma anche una notte sul prato col sacco a pelo per guardare le stelle, o la preparazione di una serata di festa...



E la generosità dei ragazzi? Dai piccoli che condividono il loro pezzo di cioccolata e che preparano il pane con la marmellata per il vicino di tavola; dai più grandi che non si spazientiscono nel far divertire i più piccoli. Nessuno di accaparra i pupazzetti che utilizzo per parlare con loro, ma se li passano l'un l'altro, favorendo i più piccoli, per poi restituirmeli con distacco. Sentono la presenza di Gesù...

Proprio delle Vacanze in Paradiso.

 

lunedì 12 luglio 2021

Di cielo in cielo

 


La cosa che più mi impressiona è vedere la serenità dei bambini, di quelli più piccoli, allattati nei momenti più impensati, di quelli più grandini che ciucciano ancora il pollice e si fanno accompagnare per mano, di quelli delle medie che fanno finta di essere indifferenti e indipendenti… Un universo vario. Ed ecco i più grandi che fanno giocare i più piccoli, che li aiutano nei 

giochi e a mangiare… Non li ho mai visti litigare tra di loro. È sicuramente il riflesso del clima che si vive tra i genitori. Davvero una Vacanza in Paradiso!




Dopo la mia conversazione, tutti su in montagna, sopra i duemila metri, con pranzo a sacco, in una giornata piena di sole e di vento. Tutte le “presenze” di Dio sono entrate in azione: nella creazione – uno spettacolo d’incanto, con orizzonti infiniti; in ognuno di noi; nell’altro…







La giornata era iniziata infatti con una frase di papa Francesco: “Chi entra davvero nella cella interiore, sa chiuderne la porta e vi trova il Signore, quando esce per andare verso gli altri, incontra lo stesso Signore. Vidisti fratrem? Vidisti Dominum tuum! Quando incontri un fratello, incontri il tuo Signore”. Dalla scoperta di Dio in noi alla scoperta di Dio nell’altro… Così la nostra “Vacanza in Paradiso” avanza, di scoperta in scoperta…

domenica 11 luglio 2021

Sono una reggia!

 


Dopo la presenza di Dio nella creazione, sotto tutte le cose, ecco oggi Dio nel capolavoro della sua creazione: l’uomo e la donna. Se ieri siamo andati nel bosco per scoprire le sue tracce, oggi abbiamo cercato di scoprirlo presente in noi. Dio in noi! Ognuno di noi oggetto d’amore di Dio, ognuno di noi unico, irrepetibile, con tanti laboratori.

Ho raccontato la storia di quando, all’Isola d’Elba, mi trovai davanti alla casetta sulla montagna dove Napoleone aveva trascorso tre giorni. Una lapide ricorda: “Napoleone I... in questo ermo per lui trasformato in reggia abitava...”. Già! è bastata la presenza dell’imperatore per conferire un significato nuovo a quella casetta. Dove mette piede il re, anche una bicocca diventa una reggia! Il giorno seguente, domenica, il parroco mi aveva invitato a celebrare la messa nella chiesa di Marciana. Parlo di Napoleone, naturalmente, e della lapide che avevo letto.  Mi viene spontaneo ricordare che durante la messa arriverà qualcuno che è ben più di Napoleone! Viene Dio stesso a prendere dimora dentro di noi! E se viene lui, la nostra povera dimora è tramutata in una reggia. Alla fine della messa, salutando, aggiungo che ognuno potrebbe portarsi dietro una targa con su scritto press’a poco così: “Oggi il Re dei re e il Signore dei signori è venuto ad abitare in questa umile dimora per lui trasformata in reggia...”. Più tardi scendo al mare. Mentre nuoto ecco una bambina di 11-12 anni venire a nuoto veloce verso di me. Mi aveva riconosciuto. Felice mi grida: “Sono una reggia!”.





Oggi ho parlato anche della stanza segreta che Dio ha creato nella nostra reggia. Una stanza della quale noi soli abbiamo la chiave e nella quale nessuno può entrare senza il nostro permesso, nemmeno Gesù! Eppure egli ci ha creati proprio per venire ad abitare con noi in quella stanza segreta, perché ama stare con noi. Però è discreto, bussa e aspetta che gli apriamo la porta: rispetta la nostra libertà. Ma se gli apriamo… Così abbiamo parlato anche della preghiera…

Poi ogni famiglia si è incontrata per parlare di queste cose, alla scoperta del valore di ognuno dei suoi membri: siamo o no capolavori di Dio? Siamo attrezzati contro ogni senso di inferiorità, contro ogni forma di bullismo… Ma bisogna coltivare il rapporto con Gesù nella nostra stanza segreta… È stato bello vedere i genitori lavorare e giocare con i figli.

La messa in montagna ha coronato la giornata: un momento di Dio. 






sabato 10 luglio 2021

A due a due


 


Anch’io compio la mia missione qui in Francia con Catherine: a due a due! In un coinvolgimento totale delle famiglie. Parliamo insieme a genitori, bambini, ragazzi, con lo stesso linguaggio. Le attività sono in comune, con la partecipazione di tutti. Vi sono anche brevi momenti di dialogo all’interno di ogni famiglia per vedere come si vive e come migliorare… Altro che a due a due! È una condivisione piena del Vangelo.

Sono tutti molto contenti perché normalmente la formazione, anche quella catechistica e ecclesiale, è fatta in maniera settoriale. Qui c'è una piena condivisione 

Ho poi visto il nome di questo centro: Centro Mariapoli Popolo di Dio. Non poteva esserci nome più adatto. È proprio l’esperienza del popolo di Dio, della Chiesa domestica.




Viviamo anche l’altra caratteristica dell’invio dei discepoli da parte di Gesù di cui parla il Vangelo di questa domenica: la leggerezza, la semplicità: “non prendete per il viaggio nient’altro che un bastone… e i sandali”. Li manda alla conquista del mondo senza un’adeguata attrezzatura. O forse l’attrezzatura più adatta è quella di avere il Maestro in mezzo a noi: solo lui può dire: “Io ho vinto il mondo”.