domenica 31 gennaio 2021

Ti aspetta



In un momento di pausa dell'Assemblea lascio lo schermo del computer, la stanza, e muovo due passi nella grande hall del Centro Mariapoli. Non è affollata come quando si tenevano convegni con 2000 persone. Adesso sono solo, perso in questi grandi spazi.

Dalla cappella esce la sagrestana. Piccolina, anziana, intabarrata, aiutata dal bastone, avanza lentamente nella sala. Quando giunge vicino si ferma, mi guarda negli occhi, si volge verso la porta della cappella, l’indica con la mano, e mi sussurra: “Ti aspetta”.

sabato 30 gennaio 2021

Una parola che fa

La sinagoga di Cafarnao

 

Quanti discorsi di Gesù ha registrato Matteo nel suo Vangelo… Marco no. Non riporta le cose che dice, ma soltanto che parla. E parla con autorità. Ossia le sue parole che operano, come quelle di Dio che dice e tutto è fatto: “Sia la luce. E la luce fu…”.

Gesù dice e il diavolo fugge, dice e la tempesta è sedata, dice e l’ammalato è guarito, dice e i morti risuscitano… Le sue parole di salvezza compiono la salvezza.

Ecco perché “erano stupiti del suo insegnamento”. Non proclamava una dottrina, comunicava una vita. Non c’è dicotomia tra dire e fare.

Se siamo discepoli di tale Maestro, anche la nostra vita dovrebbe parlare.

venerdì 29 gennaio 2021

Carisma in divenire

 


Mentre pensavo a quanto è interessante vedere in diretta il passaggio dal carisma degli inizi alla sua attuazione nella successiva generazione, uno del gruppo nel quale lavoro afferma: “Sarebbe bene interpellare qualche istituzione carismatica antica per conoscere le modalità che hanno utilizzato per la trasmissione del carisma”. Coincidenza di pensiero speculare.

Un’esperienza di dialogo a tutto campo, quella che stiamo vivendo in questi giorni di Assemblea. Vengono affrontati tutti gli argomenti, con molta apertura e sincerità, in un dialogo pieno di carità, con gruppi sventagliati nei cinque continenti: il mondo in una stanza.

Ho sempre insegnato che il carisma è una realtà viva, incarnata nel presente, in un corpo attuale e me lo vedo attorno a me. Ho sempre insegnato le dinamiche della trasmissione e dell’attualizzazione del carisma, ed eccolo svolgersi sotto i miei occhi. Esperienza d’unità, frutto dell’amore reciproco.

giovedì 28 gennaio 2021

Madre della Chiesa - CM Castelgandolfo



Ho questa foto sul desktop del computer. Per quasi vent’anni ogni mattina sono stato davanti a questa scultura: seria, quasi severa, composta, conscia del suo ruolo…

Oggi mi sono fermato ancora una volta davanti a Lei. M’è parsa diversa. Come mi sorridesse, sorella e madre, complice con me. Connessa con le figure da cui è circondata, in un disegno compatto, armonioso: Maria fatta popolo, Chiesa, umanità. Mi sono sentito avvolto e coinvolto. E mi sorrideva, sorella e madre, complice con me.

mercoledì 27 gennaio 2021

Ritiro dell'Assemblea: quanta diversità! quanta unità!

 


I tre giorni di ritiro con i quali si è aperta l’Assemblea sono terminati. Quanta ricchezza! I comunicati stampa ufficiali hanno già detto tanto. A me sembra si sia delineato il profilo, il disegno di Maria, una Maria “mistica”, costituita da tanti, da tutti, ognuno insostituibile, unico, irrepetibile, capaci, insieme e uniti - come è stata capace Maria di Nazareth da sola -, di accogliere il dono di Dio, di generare l’Emmanuele, il Dio tra noi, il Santo, e di donarlo al mondo di oggi, condividendo dolori, sofferenze, assurdità.

La modalità – lo zoom mondiale – ne è stata una manifestazione: i due moderatori, giovani, guidavano uno dal Libano, l’altra dall'Angola; la preghiera era condotta da cattolici, riformati, ortodossi; le meditazioni e le testimonianze sono state donate da cristiani e membri di altre religioni, persone senza riferimento religiosi; la composizione dei membri rispecchia tutte le vocazioni, le diverse generazioni e culture; siamo entrati nelle case gli uni degli altri, nei cinque continenti; abbiamo ascoltate molte lingue: quanta diversità, quanta unità!

È la bellezza del popolo di Dio, riflesso della vita della Santissima Trinità: un invito ad avere occhi nuovi per guardare gli altri così come Dio li guarda, per cogliere il progetto che egli ha disegnato su ognuno di loro.

martedì 26 gennaio 2021

Hikikomori e gli altri

 


Ebbene sì, lo confesso, ogni giorno leggo l’Osservatore Romano. Se ascolto le notizie dei nostri giornali, telegiornali, giornali radio, so solo della crisi di governo, del virus, dei vaccini… e ne abbiamo già abbastanza. Se leggo l’Osservatore Romano (quello di ieri, ad esempio), so della morte per assideramento di Edwin nei pressi di piazza san Pietro (notizia da prima pagina!), del Mozambico devastato dal ciclone, dei 19 migranti uccisi e bruciati in Messico, dove ogni giorno vengono uccisi 100 persone dalle bande dei narcotrafficanti, del massacro in Colombia, del sacerdote ucciso a Mindanao nelle Filippine… tutte notizie che non trovo altrove.

Leggo anche fatti di vita, eroici e belli, come quello (sempre ieri) del maestro elementare Ranjit che ha promosso l’istruzione delle bambine nel suo villaggio, contro ogni discriminazione. Per non parlare degli articoli culturali…

Gli orizzonti vasti che il giornale mi apre ogni giorno mi aiutano ad avere il cuore aperto sul mondo e a vivere con maggiore intensità il presente nel mio piccolo mondo.

Nell’edizione di ieri mi ha sorpreso l’articolo su gli Hikikomori. Non immaginavo che i ragazzi e le ragazze che non escono più di stanza in Italia sono 100.000. È come se tutti gli abitanti di una città come Ferrara si chiudessero ermeticamente in casa per anni e anni… sarebbe una città fantasma. Ho saputo anche di ragazzi delle medie, completamente sconvolti dalla situazione che si è creata con la pandemia, che non vogliono più andare a scuola o si auto mutilano.

Questa nostra umanità mi entra in casa ogni giorno, mi interpella… E io mi trovo impotente, posso solo accoglierla con cuore aperto, sentirla mia, amarla, pregare, accettare la mia impotenza, sperare, credere nella sua risurrezione.

Quando vedo questa nostra umanità, con le sue tragedie, so che lì Gesù è già arrivato, devo solo riconoscerlo. Perché è questa l’umanità che Dio ha amato e per la quale è venuto sulla terra, è questa che ha preso sulle sue spalle, è per questa che ha dato la vita. S’è fatto impotente (con me!)… ed è solo così che diventa il Redentore.

lunedì 25 gennaio 2021

Una preghiera che travalica ogni confine



È iniziato il ritiro che per tre giorni accompagnerà l’Assemblea generale dell’Opera di Maria verso l’elezione della nuova Presidente. Ed è iniziato con una preghiera ecumenica presentata da partecipanti di diverse Chiese, poiché a questa Assemblea partecipano, in qualità di invitati, anche persone di diverse Chiese e di diverse religioni. 

A me la gioia di aprire con la prima meditazione presentando l’attualità di quel patto d’unità stretto tra Chiara e Igino Giordani il 16 luglio nel 1949 in montagna, sulle Dolomiti. Ne ho già scritto tante volte, anche su questo blog:

https://fabiociardi.blogspot.com/2018/01/sai-dove-siamo-viaggiando-il-paradiso-2.html

Non ne ho parlato però come di un evento del passato, pur di straordinario valore storico, ma come di una chiamata rivolta a noi oggi a vivere l’uno per l’altro, in un dono totale di sé reciproco. A un certo momento mi sono interrotto e ho invitato, chi ne sentisse la necessità, a mettersi subito in contatto via WhatsApp con qualche partecipante con cui desiderasse eventualmente riconciliarsi… Come si può fare il patto d’unità se non ci perdoniamo fino in fondo, tenendosi dentro anche un minimo rancore verso l’altro? Come fare il patto d’unità se non viviamo tra di noi un sincero amore reciproco?

Così, al termine della meditazione, abbiamo potuto formulare il patto d’unità tutti insieme, al alta voce, con i microfoni accesi. Da ogni parte del mondo, per via telematica, si è levata una potente preghiera, pronunciata da ognuno nella propria lingua: mi è sembrato di assistere una nuova Pentecoste.

 

domenica 24 gennaio 2021

Un'Assemblea on line, sfida mozzafiato



La preparazione è stata coinvolgente e partecipativa con migliaia di proposte. Ed eccoci finalmente all’apertura dell’Assemblea generale del Movimento dei Focolari che dovrà eleggere la nuova presidente, il nuovo consiglio, prendere decisioni e orientamenti per il futuro… Farà quello che è chiamata a fare ogni Assemblea del genere, solo che questa volta si svolge in maniera atipica: è composta da ben 362 persone di tutti i continenti che non possono incontrarsi fisicamente a causa della pandemia. Un’Assemblea in line? Sì, una sfida mozzafiato, assolutamente inedita, con procedure complesse, programmi sofisticati...


Ci sono dentro anch’io. Vi partecipo di diritto in quanto responsabile del Centro Studi “Scuola Abbà”. Domani avvierò il ritiro, che durerà tre giorni, con una meditazione sul patto dell’amore reciproco che siamo chiamati a fare e rinnovare tra tutti. Per motivi di sicurezza sono in isolamento fiduciario. Detterò il mio tema con altre due persone, che da luoghi diversi, si alterneranno con me per leggere a più voci il testo che ho preparato. Ci vuole un supplemento di Spirito Santo… E anche questa disgrazia può rivelarsi una opportunità.

sabato 23 gennaio 2021

Giornata della Parola


Delhi, dicembre 2006. Era la prima volta che entravo in un tempio sikh, un mondo che m’era completamente sconosciuto. Rimasi colpito dalla devozione, dall’accoglienza sincera che mi fu riservata… 

Vastissimo l’ambiente sul quale sorgeva il tempio. Tutto in marmo bianco. Una grande piscina attorniata da un porticato per i bagni di purificazione, con una zona riservata alle donne. All’interno del tempio il grande Granth, il libro sacro, circondato da venerazione e rispetto, con incenso e gesti rituali. Tre uomini, accompagnandosi con gli strumenti, cantano il testo sacro, un canto che prosegue ininterrotto giorno e notte. La gente si prostra, offre fiori, poi si siede per terra, sui tappeti per ascoltare le parole del libro e meditare.

All’uscita un pugno di cibo, come segno di partecipazione e di ringraziamento. Più lontano una grande tettoia dove si cucina il cibo ventiquattro ore su ventiquattro e dove tutti i pellegrini possono mangiare insieme alle stesse tavole, rompendo ogni distinzione di casta. Mi fermo a guardare le donne che impastano la farina, le donne e gli uomini che preparano le focacce che cuociono sulle piastre, altri rigirano le lenticchie che cuociono in grandi pentoloni di rame. Mi invitano a far saltare sulle piastre i chiapati – il pane tipico – e a rimestare le pentole con un enorme ramaiolo… Tante delle persone che lavorano sono volontari, e per un momento lo sono stato anch’io…

Pochi giorni prima, a Mombai, ero stato nella villa del dottor Somaiya. Una decina di guardiani, altrettanti camerieri, opere d’arte a non finire, con tutte le divinità possibili e immaginabili…

Dopo il ricevimento mi porta ai piani superiori, nelle sale segrete che compongono il tempio familiare. Ancora opere d’arte, ma soprattutto il grande reliquiario con la Bhagavadgita, la scrittura sacra per eccellenza degli Indù.

Potrei continuare con i ricordi, e rivedo il Tipitaka dei monaci Buddhisti della Thailandia, il Saddharma Pundarika (il Sutra del Loto) e il Sukhavati–vyuha dei Buddhisti del Giappone... oppure il rispetto che ho visto per il Corano in Pakistan…

Mi basta chiudere gli occhi e rivedo amici delle più varie religioni con in mano i loro libri. Sento ancora la cantilena dolce di Uppadhyaya e della moglie che mi cantano la Bhagavadgita…


Il professor Ashok Vohra, del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Delhi, mi raccontava che, come ogni devoto, dedica mezz’ora, tre quarti d’ora al giorno alla lettura della Bhagavadgita. Ne legge un capitolo, a volte appena una frase, quanto basta per nutrire la sua giornata. «La lettura della Scrittura – mi spiegava – è fondamentale per la mia vita. Mi ricorda costantemente il volere di Dio e mi pone davanti ai grandi valori della vita. So perché vivo e perché muoio. È come se ogni volta i testi acquistassero una nuova giovinezza. È il contesto sempre diverso del mio vivere che dà significati sempre nuovi alla Scrittura e nello stesso tempo la Scrittura dà luce agli avvenimenti di ogni giorno».

 

III domenica dell’anno: Papa Francesco l’ha dichiarata “Giornata della Parola di Dio”. Potremmo fare a gara con i nostri amici delle altre religioni nella passione per il nostro testo sacro, il Vangelo. Per noi la Parola di Dio è una persona, Gesù, che nel racconto di questa domenica, ci invita a seguirlo, per stare con lui per sempre e condividere con tutti quello che egli ci rivela.

venerdì 22 gennaio 2021

I santi quotidiani


E' stato uno zoom simpatico... con la tematica annunciata ieri: 
http://fabiociardi.blogspot.com/2021/01/i-santi-della-carita-della-porta-accanto.htmlcon 

Più di 100 visualizzazione e circa 300 presenze. Le prime timide impressioni: - È stato un bel momento di condivisione. - Ero molto stanca stasera , ma ho ascoltato con una gioia profondissima.  Finalmente fatti e non teorie . Da domani voglio diventare anch'io quella della porta accanto. - Sentire i racconti delle persone che hanno trascorso dei momenti con queste persone che presto saranno Santi mi ha riempito il cuore di gioia.

Peccato che la modalità sia quella che mostra i partecipanti e non quella che mette in primo piano chi parla: ci accontentiamo dell'audio. Per rivederlo (oriascoltarlo):

https://www.youtube.com/watch?v=lRov7yt24do&feature=share&fbclid=IwAR3IFgiMSgomFUYZQ6FnepC0SsWxhLcz9QaKCpAdoVMWeYGiMLtw48JXnPw


giovedì 21 gennaio 2021

I santi della carità della porta accanto

Al termine dell’enciclica sull’amor di Dio scritta 15 anni fa, Benedetto XVI portava l’esempio dei tani santi che “hanno esercitato in modo esemplare la carità”. Nominava per primo Martino di Tours († 397) e ricordava che fece a metà del suo mantello con un povero: “Gesù stesso, nella notte, gli appare in sogno rivestito di quel mantello, a confermare la validità perenne della parola evangelica: « Ero nudo e mi avete vestito ... Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me »”.

Il Papa ricorda poi i grandi monaci dell’antichità e “le grandi strutture di accoglienza, di ricovero e di cura sorte accanto ai monasteri”. Ricorda le figure di santi come Francesco d'Assisi, Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, Vincenzo de’ Paoli, Luisa de Marillac, Giuseppe B. Cottolengo, Giovanni Bosco, Luigi Orione, Teresa di Calcutta…

Mi hanno chiesto di guidare un breve incontro – via zoom – sui santi della carità. Potrei seguire la traccia indicatami dal Papa. Ho invece pensato di parlare di “santi” contemporanei, a partire dal sindaco di Rocca di Papa uno che ci ha lasciato l’anno scorso, e altri come Giorgio La Pira, Chiara Luce Badano… Persone vicino a noi, che possiamo aver conosciuto… a testimonianza che la carità non è un ideale lontano, irraggiungibile… È vissuto anche dai santi “della porta accanto”.

A venerdì sera, 22 gennaio, ore 21:

https://us02web.zoom.us/j/81480442303?pwd=b1F6TW5QVjRQVDY0MVYvdDhDbEpDUT09



mercoledì 20 gennaio 2021

Post numero 4.000

Siamo al post numero 4.000... Tanti ne ho scritti in questi anni! 
Oggi non scrivo niente... Condivido soltanto giochi di neve disegnati dal vento, che mi giungono dal Canada, terra dei miei sogni!









martedì 19 gennaio 2021

Maria umanità nuova e la sua opera: Gesù

 


Continuo a leggere il diario di padre Santino:

10 ottobre 1973 - “Ave Maria, piena di grazia”: questa la “prima” parola da Dio detta alla “umanità nuova”. Ci ha mostrato il disegno suo su di noi: il nostro dovere essere, come lui ci vede. Ecco più chiaro perché San Paolo disse: “ci ha scelti da tutta l'eternità per essere santi e immacolati al suo cospetto…”. L'umanità nuova è Maria.

È consolante pensare che Dio ci vede così. Quanto devi amarci! Mistero insondabile! Tutto il resto, tutti gli avvenimenti, tutti i passi, tutti gli appelli sono in funzione di quella realtà: per essere “umanità realizzata”, come Maria.

Non so cosa voglia dire, ma sento che è un mistero attraente da cui sei risucchiato, ma che è “comunione” con Dio.

10 dicembre 1973 - Cosa vorrà la Madonna? Noi vogliamo essere suoi e basta; “suoi” che vuol dire appartenere a quella “schiera” di figli simile a Lei che lei si sta forgiando nella Chiesa perché, rivivendola, esprimano Gesù “vivo”: Gesù vivente e visibile oggi nei laici consacrati, nelle famiglie “nuove”, nei sacerdoti, nei figli dei Fondatori, nei giovani… Vedi un laico, vedi Gesù. Vedi una mamma, vedi Gesù. Vedi un giovane sprizzante vita, vedi Gesù. Vedi un benedettino, vedi Gesù che prega. Vedi un gesuita, vedi Gesù tutt'uno con la volontà del Padre: fino alla morte in croce. Vedi un Oblato, vedi Gesù.

Questa è l'“Opera di Maria”: Gesù. E noi, per la misericordia di Dio, siamo chiamati ad essere in “Maria”, corpo suo Mistico per quell'Opera...

lunedì 18 gennaio 2021

Tra gli zulu del Sudafrica


Anche col Covid, chi ci impedisce di viaggiare?... almeno con i ricordi! Ed ecco quanto ho pubblicato su Città Nuova

Lungo la strada mi lascio attrarre dai tetti di paglia compatta che spuntano tra l’erba alta, un piccolo villaggio zulu perduto nella savana. Lasciamo la macchina e ci inoltriamo a piedi. Davanti alla prima casa una bella signora intenta a stendere i panni. Sylvester, che mi accompagna, le spiega che vengo da Roma. Mi accoglie sorridente e mi introduce nel villaggio. Case di fango costruite e rifinite alla perfezione, con graffiti di linee geometriche sulle pareti. Donne e bambini si fanno attorno. Non scorgo nessun uomo, forse sono a lavorare nei campi. Vedono la piccola croce che porto al collo mi chiedono una benedizione. Il villaggio segue la Chiesa africana indipendente, una delle più potenti in Sud Africa, un cristianesimo che convive con le credenze tradizionali. Hanno profondo rispetto per i cattolici e mi sorprende il senso dell’accoglienza.

«Si catturano più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto – mi ricorda il vecchio missionario col quale ho intrapreso il viaggio –. Bisogna anzitutto conquistarsi il cuore di questa gente. Non si può ottenere nulla se non si conquista il loro cuore. Se riesci a farti amare, hai conquistato la persona che avvicini». Mentre ripartiamo, rivolgendosi a lui, che le donne del villaggio gli gridano: «Portaci sempre nel tuo tarì», la sciarpa di lana o la pelliccia di antilope con cui le mamme assicurano il bambino dietro le spalle. Vedono il mio vecchio missionario più come una madre che come un padre! Additandolo, dicono ancora, sottovoce: «Parla con Dio, vede Dio; ma certo non vuol dirlo. Quando prega è come se mangiasse miele. Se la preghiera fosse pane, ce la farebbe mangiare tutti i giorni».

Partiti da Durban, presto avevamo lasciato l’autostrada per costeggiare il Royal Natal Park. Proseguiamo inoltrandoci in mezzo al grande anfiteatro di montane che si fanno sempre più vicine. Saliamo al passo, 1700 metri, e ci fermiamo per guardare in dietro, da lassù, il Kwazulu, la terra degli zulu.

Il vecchio missionario che mi accompagna si confida con semplicità: «Gli Zulu sono duri e fieri, ma non mi sono mai scoraggiato. Sono contento di stare con loro. Ho sempre continuato a visitare i malati nelle capanne, a salutare tutti, a parlare con tutti, a interessarmi di tutto: il linguaggio della carità è molto più convincente del linguaggio delle labbra: va dritto al cuore».

Lasciamo la provincia del Kwazulu-Natal per entrare nel Free State. Il paesaggio cambia rapidamente. Viaggiamo su un altipiano di 2000 metri, con laghi vicini e picchi lontani. Il luogo ideale – una volta – per gazzelle, antilopi, zebre, leoni. Adesso scorgo soltanto un branco i babbuini che, immobili lungo il ciglio della strada, guardano indifferenti le rare auto che passano. In alto volteggiano le aquile.

Incontriamo piccoli rari villaggi di qualche centinaio di minuscole case costruite recentemente dal governo in sostituzione delle baracche che si ammassavano in maniera caotica senza infrastrutture. Seguiamo lungo la strada che si inoltra verso Sterkfontein Dam Nature Riserve. Lo scenario inizia a cambiare nuovamente: sempre meno boschi sempre più savana, pascoli, alberi spinosi. All’orizzonte si delinea un altro vasto anfiteatro di montagne. Sulla sinistra i picchi oltre i 3000 metri che proteggono il piccolo stato del Lesotho.

Siamo ormai nel Golden Gate Highlands National Park. Sempre nuove montagne, nuovi picchi, nuovi scenari che lasciano senza fiato. È ormai notte quando giungiamo a Bloemfontein.

Ripartiamo per Kimberly. La savana si fa sempre più selvaggia, sempre più bella, più solitaria, animata da animali di cui non conosco i nomi, difficili da avvicinare o anche solo da fotografare perché fuggono velocissimi. Soltanto un branco di antilopi si ferma un attimo, per poi sparire tra gli alberi. Una famiglia di roditori attraversa la strada. Branchi di struzzi pascolano tra l’erba alta.

Kimberley. Sono giunto nel centro geografico del Sud Africa attraversando scenari paesaggistici diversissime. A Durban ho ascoltato la lingua zulu, a Bloemfontein l’afrikaans, il sesutho e naturalmente l’inglese, qui a Kimberley il setswana… Una ricchezza di natura e di lingue che rispecchia la ricchezza umana e culturale di un grande Paese come il Sud Africa.

Il mio vecchio missionario non guarda i paesaggi, ma le rare persone che incontriamo per strada, e continua il suo mantra: «Al di là di tutti i metodi il segreto per toccare e trasformare i cuori è l’amore. Il cuore aiuta la parola. Occorre amare, amare nonostante tutto e sempre. Mi chiamano in un villaggio, in un altro… Non devo domandare chi mi chiama, perché tutti hanno diritto di chiamarmi. Dobbiamo accogliere tutti, sempre, bene».

Il mio vecchio missionario… È stato una guida speciale e un compagno dell’anima in questo viaggio. Aveva 23 anni quando nel 1853 arrivò in Sud Africa. Vi rimase 63 anni, senza mai tornare in Francia. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 15 settembre 1988: p. Giuseppe Gérard, Oblato di Maria Immacolata, padre di questa nazione.

 


domenica 17 gennaio 2021

La pandemia, una via per rigenerare un’umanità nuova?

 


Incontro con una ventina di giovani suore Salesiane. Via zoom, naturalmente, ma non meno efficace. Avevano visto il film di Chiara Lubich e si erano interrogate su come ella aveva reagito davanti alla decisione della Santa Sede di allontanarla della sua Opera.

Proporzioni fatte ognuno vive crisi simili. In questo tempo di pandemia le giovani suore si sentono “staccate” dalle loro opere, dall’oratorio, dalla scuola… Come vivere questi momenti? Abbiamo ricordato come anche a don Bosco fosse stato chiesto di “allontanarsi” dai suoi giovani, la sua opera più bella, quando gli venne proibito di confessarli. Inutilmente attese che il papa lo ricevesse per difendersi dalle accuse e poter chiarire le cose… Anche Maria Mazzarello fu allontanata dal suo paese dove aveva iniziato la sua opera…

A mia volta ho ricordato che gli Oblati, subito dopo la morte di sant’Eugenio, vennero allontanati da Marsiglia, dove il nuovo vescovo pensò bene di requisire case e beni; e fu l’inizio della grande espansione missionaria!

Sempre così, come ricorda san Paolo nella lettura di oggi: le opere di Dio vanno pagate “a caro prezzo”, e il primo a sperimentarlo è stato proprio Gesù che ha generato la sua Chiesa sulla croce, e con lui Maria, che diventa Madre della Chiesa proprio quando le è chiesto di perdere il figlio…

Che questa pandemia sia la via per rigenerare un’umanità nuova?

sabato 16 gennaio 2021

"Dove sei?". "E tu, dove sei?"


“Dove sei?”, chiese Dio ad Adamo. Adamo si nascose, non voleva farsi trovare. “Dove sei?”, chiedono i discepoli a Gesù. Gesù li invita a seguirli e li accoglie. Dio cerca l’uomo e l’uomo sfugge. L’uomo cerca Dio e Dio si fa trovare. È un rincorrersi, un cercarsi. Bella questa reciprocità tra Dio e noi, noi e Dio.

Gesù sa comunque quanto è ambigua la nostra ricerca, per questo la domanda: “Che cosa cercate?”. Già, varrebbe davvero la pena chiederci con sincerità: Che cosa sto cercando davvero? Cosa desidera il mio cuore? Qual è la sete che mi porto dentro? Cosa mi appassiona? Cosa mi muove?

Ricordo ancora quello che scrissi qualche anno fa, “parlando” con Gesù:

I discepoli chiedono allora “dove abiti?”. Non cercano evidentemente un luogo fisico — Gesù era in realtà un “senza fissa dimora” — ma, piuttosto, gli chiedono: dove sei? Dove possiamo trovarti per saziare e dissetare questa nostra ricerca? E Gesù propone loro un’esperienza, un incontro, uno “stare ” con Lui che è un “rimanere ” nel suo amore: venite e vedrete. Vanno e si fermano presso di Lui. Poi, lo annunciano ad altri discepoli. Così, il Vangelo c

Avrei voluto essere il terzo discepolo a seguirti in quel pomeriggio assolato. Dove ti eri accampato, là vicino alle rive del Giordano, quando eri andato per farti battezzare? Una capanna, una grotta? Non importa dove abiti, tu che non hai una pietra dove posare il capo. Fosse una reggia o un rifugio di frasche, quel che rimase indelebile negli occhi e nel cuore di quei primi discepoli fosti tu. Cercavano te. Oppure eri tu che cercavi loro?

Fino a quel momento silenziosi, i due giovani sono provocati dalla tua domanda – «Che cosa cercate?» – che li guida verso una consapevolezza più esplicita della motivazione che li ha messi sulle tue tracce: «Rabbì, dove dimori?». Non ti chiedono semplicemente dove abiti, ma dove “dimori”, con quel ricco vocabolo che troveremo lungo tutto il Vangelo di Giovanni. Vogliono conoscere la tua vita, il tuo modo di esistere, il mistero della tua persona. Chi sei in realtà tu, che Giovanni ha indicato come l’agnello di Dio?

La tua risposta è sorprendente: non dici la tua identità, li inviti piuttosto a fare un’esperienza, a stare con te, semplicemente.

Ed ecco un crescendo progressivo affidato a tre verbi: “andarono”, “videro”, “rimasero”.

“Andarono”. È la risposta al tuo invito: “Venite”. Per conoscerti occorre seguirti, accogliere la tua parola e aderivi, fidarsi di te, qualunque cosa tu ci chieda, ovunque tu ci conduca.

“Videro”: è l’illuminazione, frutto della sequela, fino alla scoperta di chi sei veramente.

“Rimasero”, a indicare una relazione stabile, una profonda comunione di vita e di destino. Ti cercano e ti trovano, ti seguono e si fermano, itinerario di ogni vocazione e suo approdo sicuro. Chi ci separerà da te?

Il paradosso è che l’esperienza del “rimanere” si trasforma in quella dell’“andare”. Quel pomeriggio si è impresso indelebilmente nella memoria dei due, eppure non si sono fermati con te. Troppo impellente l’urgenza di condividere l’esperienza vissuta, la scoperta della pienezza di vita: «Abbiamo trovato», e conducono altri a te, in una catena ininterrotta. Iniziata con l’a­nello che congiunge Andrea a Simone, la sequenza dell’annuncio passa di bocca in bocca lungo i secoli, fino a noi.

Sono il terzo discepolo, accanto a quei primi due: anche a me hai chiesto di seguirti, di vedere dove dimori; ti ho conosciuto e sono rimasto con te… chissà se saprò andare e annunciarti e portare a te quanti incontro.

venerdì 15 gennaio 2021

Giorgio La Pira, ovvero la santità quotidiana


Lavora da noi da pochi giorni e ci conosciamo appena. Nella pausa caffè (caffè… si fa per dire: una specie di caffè) scambiamo due parole. Le chiedo quanti sono in casa e lei mi domanda da dove vengo. Dopo 50 anni a Roma la parlata mi tradisce ancora! Così lei mi racconta di quando, ragazzina, andò per la prima volta a Firenze, assieme ai genitori, con la Fiat 850.

Parcheggiano in una piazza del centro (cose di allora) e cominciano la visita da Piazza del Duomo. La mamma compra una piccola guida e davanti al Battistero comincia a leggere. A un certo punto esclama: “Ma io non ci capisco niente”. La sente un signore che sta passando di lì. “Se vuole le spiego io qualcosa, è semplice”. Parla loro delle porte del Battistero e avanti, avanti... Li accompagna lungo la via che conduce a Piazza della Signoria continuando a illustrare monumenti e storia di Firenze. Giunti in piazza si congeda: “Scusate, sono arrivato, devo andare in ufficio”. Pensando che fosse una guida di professione gli chiedono quando devono dargli. Al suo diniego lo invitano a prendere almeno un caffè. “Grazie, ma purtroppo sono un po’ in ritardo, il lavoro mi aspetta”, si congeda ed entra nel Palazzo della Signoria.

Due anni più tardi alla televisione vedono il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira: era l’ometto che aveva fatto loro da guida. Forse qualcun altro al suo posto avrebbe tirato dritto mormorando: Ma guarda questi romani ignoranti... Si fermò invece a parlare con loro, come fece con me quella volta per strada... ma questa è un'altra storia.

giovedì 14 gennaio 2021

L'Oblato? Tutto a tutti

 


L’Oblato? “… capace di essere tutto a tutti. È chiamato a rendersi presente ad ogni bisogno dell’umanità e dei suoi fratelli, gli uomini. Poiché ama i poveri e vede in essi Nostro Signore, l’Oblato è capace di abbracciare col suo amore tutti gli uomini. Egli sente di essere fratello di tutti. Si fa costruttore di pace, di concordia, di intesa, di perdono, come diceva una volta il giovane sacerdote de Mazenod: “C’è solo amore nel mio cuore”. […]

Ed è ancora questo amore che rende l’Oblato perfettamente evangelico, perfettamente apostolico. Il Vangelo è il libro di vita, di amore per l’Oblato. Poiché amiamo Cristo, normalmente, noi l’amiamo ugualmente in tutto ciò che Egli ci chiede nel Vangelo. L’Oblato, come S. Paolo, è un consacrato di Dio per la predicazione del Vangelo.

Spiritualmente non lavora mai da solo. La sua vita è essenzialmente comunitaria. Può vivere solo e nello stesso tempo estremamente e intimamente unito alla sua comunità locale, provinciale, comunitaria. Non si capisce l’Oblato senza questa vita comunitaria. Anche se per il ministero occorre sacrificare la vita comunitaria fisica o materiale, come per esempio nelle missioni la comunità oblata, secondo la mistica mazenodiana, è l’anticamera del cielo, è il focolare immediato dell’amore di Dio e del prossimo”.

Così scriveva p. Léo Deschâtelets il 15 marzo 1973 ai novizi di Marino. Da pochi mesi aveva lasciato Roma per tornare in Canada, dopo essere stato superiore generale per 25 anni.

Piccole perle che estraggo dai nostri tesori durante le mie lezioni sugli studi riguardanti la spiritualità oblata: oggi l’elaborazione dottrinale durante gli anni Cinquanta e Sessanta…

mercoledì 13 gennaio 2021

Per amare tutti, devi iniziare amando qualcuno


 

Nella Lettera Fratelli tutti papa Francesco ricorda che Charles de Foucauld, “a partire dalla sua intensa esperienza di Dio, ha compiuto un cammino di trasformazione fino a sentirsi fratello di tutti”. Anche Paolo Vi nella Populorum progressio gli riconosceva il titolo di “fratello universale”. Adesso L’Osservatore Romano mi ricorda che “per amare tutti, devi iniziare amando qualcuno; per diventare il fratello di tutti, devi essere il fratello di qualcuno”.

Poco prima di morire, Charles de Foucauld, che presto sarà proclamato santo, riassumeva così il suo stile di vita: “Amore fraterno per tutti gli uomini... vedere in ogni uomo un figlio del Padre che è nei cieli: essere caritatevole, pacifico, umile, coraggioso con tutti, per pregare per tutti, per tutti gli esseri umani, per offrire le proprie sofferenze per tutti”.

martedì 12 gennaio 2021

Un anno di ritiro


 

“L’intera vita dei membri della Società dovrà essere un continuo raccoglimento”. Così la Regola degli Oblati, fin dalla prima stesura nel 1818.

Anche Maria custodiva nel suo cuore parole e avvenimenti, in un perenne raccoglimento.

Perché allora non fare di tutto il 2021 un anno di “ritiro”?

Non occorrono  cose straordinarie. Basterà essere attenti, momento per momento, alla volontà di Dio e insaporire ogni azione con il sale dell’amore.

lunedì 11 gennaio 2021

Padre Santino uomo di comunità


 

P. Santino Bisignano è stato un uomo di comunità e della comunità aveva una visione “mistica”. Così appare anche da una pagina di diario scritta il 28 luglio 1973, ad un mese appena dalla nascita della comunità di Vermicino:

Mi domando quale sia la ragione intrinseca e la più profonda della vita di comunità nella vita religiosa. Molte ragioni addotte, specie quelle legate alla dimensione apostolica e all’efficacia operativa o anche alla “mutua edificazione” mi paiono più conseguenze e motivi che stanno alla base della necessità e della validità della vita comunitaria.

Da quale angolatura bisogna partire per penetrare nel “mistero” della vita comunitaria? Dalla vita della Trinità, dal perenne mutuo dono di sé tra le persone della Santissima Trinità che sono l’“imago” secondo cui il mondo è stato creato e il termine della vita dell’uomo chiamato, in Cristo, a partecipare della vita della famiglia divina in cui Maria è la prima creatura ad essere pienamente partecipe.

La vita religiosa, in mezzo all’umanità e in seno alla Chiesa, è segno ed immagine incarnata di quella realtà. Anzi, per la natura del dono della vita religiosa, forse un vivere già su questa terra, nella condizione umana, la realtà del regno dei cieli come sarà alla consumazione dei tempi.

Per questo mi viene da pensare che la vita di comunità - con Dio e con i fratelli per vocazioni - sia carità consumata e che nell’ordine dell’incarnazione si possa dire della comunità religiosa quello che Paolo dice della carità nel capitolo XIII della prima ai Corinti. Per cui se non c’è questa carità consumata tutte le realtà che costituiscono o scaturiscono dalla vita religiosa sono o possono essere cembalo risonante, anche i voti (l’aver dato tutto ai poveri...).

La comunione è una realtà di tutto il popolo di Dio. Ma nella vita religiosa c’è anche l’aspetto di “segno” nel realizzare la sequela di Cristo, un segno all’interno del popolo di Dio e, in quanto carisma, per il bene di tutto il popolo di Dio. Un segno della sua realtà futura, quando Dio è tutto in tutti e Cristo Signore ha riconsegnato al Padre l’universo, quando l’unità, che Gesù ha chiesto al Padre, sarà realtà piena nella comunione con le persone divine.

Tutto questo va approfondito, ma per quel poco che si può intuire - è qui le parole sono del tutto inadeguate a quanto si sente e si vede dentro - la vita religiosa acquista una luce e un “sapore” nuovo e tutto in lei una logica divina nata non dalla intelligenza dell’uomo, ma dallo Spirito.

I voti ad esempio: la loro stessa dimensione ascetica, come l’aver l’amore come sorgente e fine, ti “piantano” in quel modo di essere che è la vita nei cieli nuovi e nelle terre nuove, perché ti fanno possessore del regno dei cieli, perché povero e quindi signore come lui e con lui dell’universo: “possessore” ma come sposa del Verbo per seguire il quale tutto hai lasciato ed hai voluto amare lui solo – castità - e la cui volontà ti è nutrimento e legge, ristoro e luce – l’obbedienza -.

E allora la Chiesa, Maria, ogni aspetto della vita del popolo di Dio e dell’uomo acquisterà un significato come se li gustassi e li conoscessi dal di dentro, non realtà e persone che appartengono ad un altro mondo, ma tu sei della loro casa.

Siccome noi siamo umanità, parte dell’umanità ma solidali con tutti gli uomini, un atto di bontà, un atto di giustizia che compio fa crescere - di poco sia pure - tutta l’umanità, le fa fare un passetto avanti.

Ringrazio il Signore di avermi chiamato alla vita religiosa ed affido a Maria ogni cosa perché mi sia madre e maestra e mi conceda di riviverla per essere anch’io come lei parola di Dio vissuta e trasparenza del Figlio.

domenica 10 gennaio 2021

Ancora sul film di Chiara Lubich...



1700 visualizzazioni, da Karachi a Recife, da Melbourne a Canicattì… E davanti ad ogni schermo spesso c’erano più persone. Intanto su youtube continuano a guardare la registrazione: oggi più di 12.000.

https://m.youtube.com/watch?v=aXm0onnlqtE

Mi trovo sempre un po’ a disagio davanti allo schermo, ho sempre evitato sia di andare in tv che di parlare in radio: sono impreciso, non trovo le parole giuste... Tuttavia i messaggi che continuano ad arrivare, a centinaia, dicono che lo zoom che abbiamo fatto sabato sera a commento del film su Chiara Lubich ha suscitato molto interesse. Forse, proprio in questo momento così difficile, c’è bisogno di cose vere.

Ecco alcuni dei messaggi ricevuti:

Lucia e P Fabio. Sono stati veramente la luce dietro i retroscena nei tanti momenti del film. Prezioso il contributo di Lucia Abignente sulla ricerca, mentre P. Fabio che ha lavorato con Chiara ha dato un’immagine molto chiara del ruolo della Chiesa in quel periodo. Mi è anche piaciuto la precisione di Saverio d’Ercole sugli abusi segnalati sulla Corriera della Sera. È importante separare l’Opera di Dio dalle persone che lo vivono. Non sai quanto mi tira su questa trasmissione. Mi aiuta a stare puntata su Gesù Aabbandonato. Qui la situazione sta peggiorando. Mi sono svegliata con un messaggio di lockdown soprattutto per chi vive attorno a scuola. Credo che non torneremo più a scuola ed insegneremo da casa. Sarà molto triste e problematico, visto che l’internet di casa non è sempre attendibile. Grazie per quello che fatte perché si possa raggiungere il desiderio di Gesù e di Chiara: Che tutti siano una cosa sola!

Ho appena finito di vedere in differita lo zoom sulla fiction di Chiara. Per chi non lo avesse già fatto, consiglio di vederlo, perché mi è sembrato il degno corollario al film e un approfondimento necessario per capire i meccanismi che hanno portato alle scelte effettuate dal regista e dai produttori. Molto puntuale e preciso l’apporto dato da Lucia Abignente per far capire la "storicità", la veridicità dei fatti raccontati, nonostante si sia trattato di una fiction e non di un documentario sulla vita di Chiara. Due ulteriori elementi positivi vorrei comunicarvi. Il primo è lo straordinario paragone che Fabio Ciardi ha fatto quando ha detto che Chiara ha generato il movimento e lo ha offerto alla Chiesa e al mondo, nel momento in cui ha dovuto lasciare la guida dello stesso, perché così le è stato chiesto dalla gerarchia. E la sua sofferenza è stata come un parto, come quella di una madre che dà alla luce il figlio.  E questo fa solo intuire quale possa essere stata l'esperienza che per tanti anni Chiara ha dovuto vivere quando era sotto esame. Il secondo non è legato al film, nel senso che è una situazione che vado scoprendo e maturando da un po' di tempo e che è stata espressa nella fiction quale realtà reale (scusate il gioco di parole) dalla figura di Ines, che rappresenta tutte quelle persone che, come me, avendo conosciuto il Movimento, poi se ne sono allontanate per le diverse scelte di vita. E questo personaggio mi rappresenta appieno. Devo dire che ho sempre conservato in fondo al cuore il fatto di aver lasciato come una specie di rammarico, di fastidio, di sconfitta che generava sofferenza e inquietudine, perché lo vivevo come un tradimento da parte mia. Questo perché mi rendevo conto della grandezza dell'Ideale che avevo conosciuto e del fatto che io non ero stato capace di seguirlo.... In quest'ultimo periodo, ho fatto pace con me stesso, nel senso che ho capito che quella realtà dell'unità che tanto mi aveva preso e affascinato nei miei anni giovanili, è ritornata nella mia vita in maniera prepotente e con una forza inattesa.  Ho capito che l'ut omnes è per me, è per tutti quelli che lo vogliono, non conosce steccati e barriere e travolge gli schemi e le strutture mentali. È come un fiume in piena. È come se Dio mi avesse di nuovo dato un bacio sulla fronte e mi avesse di nuovo preso per mano e attirato a sé.  Ed eccomi qua.

Anche io sono stato molto colpito dalla scena delle scarpe nel film... e aggiungerei, che Chiara va dalla povera senza scarpe, anche lei scalza, quasi si fosse fatta povera come la povera... per incontrarla "nella" sua condizione e non "dalla" sua posizione... 

È stato splendido sembrava davvero di essere insieme in una sala... potenza dell'unità! Mi è molto piaciuto molto il contestualizzare dal punto di vista storico da parte di Lucia. Papà ha conosciuto l'Ideale nel 67 e io con lui ero piccola ma ricordo ancora i momenti di dolore che Chiara ha vissuto ma è stato bello che Lucia abbia fatto trasparire l'amore che Chiara ha sempre avuto per la Chiesa... Grazie anche padre Fabio. Sono felice... abbiamo ricevuto un grande dono, spero di esserne degna!

Bellissime tutte le risposte, anche alle critiche o “errori” che avevo sentito. È stato un incontro molto molto importante! Molto chiarificatrice anche la risposta sugli articoli degli abusi che sono girate nel web. Tutti gli interventi fatti da persone decisamente del Movimento sono apparsi completamente televisivi e completamente nel mondo, e hanno spiegato con un linguaggio universale e libero.

Magistrale. Proprio ci voleva per penetrare ancor di più nel Carisma e conoscere Chiara.

Come giustamente ha detto Fabio Ciardi il vero protagonista della storia è il Vangelo, vissuto nella realtà tragica della guerra. Il film ha messo in luce l’oscurantismo della Chiesa preconciliare e il coraggio di Chiara a continuare la sua opera riformatrice.

È stato molto forte! Un bellissimo momento di approfondimento sul film. In realtà è stato un modo per stare con Chiara più da vicino, per comprendere meglio il nostro presente attingendo all'inesauribile tesoro delle origini... e per costruire una rete sempre più vasta e sempre più solida.

Ho seguito con molto interesse l’incontro trasmesso su YouTube questa sera. Grazie per gli innumerevoli approfondimenti che hanno messo ancora di più in luce la radicalità della scelta di Chiara e del popolo che è nato da lei. La realizzazione del film mi è sembrata una trovata che Qualcuno lassù ha inventato per fare entrare Chiara nelle case di milioni di persone, visto che la visita in presenza, dove erano organizzate mostre e momenti celebrativi, non si potevano svolgere. Grazie per tutte le conoscenze donate sugli inizi del movimento.

Grazie per quello che stai dicendo, Fabio. Anche per me il film ha fatto capire la centralità del Vangelo nell’esperienza di Chiara. Forse talvolta dimentichiamo che il vero protagonista è il Vangelo...

La ringrazio con tutto il cuore per il suo intervento nella bellissima trasmissione di ieri su storia e fiction nel film dedicato a Chiara, che ho potuto vedere solo oggi. Davvero utilissimo e luminoso.

Sui miei blog in merito:

Un grazie profondo per i commenti che stai producendo nei confronti di alcune scene del film su Chiara Lubich. Sono un aiuto speciale e nello stesso tempo semplice (è nel tuo stile!) per capire o interpretare alcuni passaggi del film che cercano di rappresentare gioie e difficoltà di Chiara Lubich. Sono un ottimo contributo per accostarsi in modo più realistico, direi, a questo tratto di vita di Chiara Lubich.

sabato 9 gennaio 2021

Lo squarcio

 


«Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63, 19).

L’attesa dei secoli oggi, nel battesimo di Gesù, si avvera: i cieli si squarciano, non velano più l’Inaccessibile, lo svelano.

Appena uscito dall’acqua, proprio nel momento del suo più profondo abbassamento, della piena solidarietà con noi peccatori, appare la sua identità di Figlio di Dio e il rapporto che lo lega al Padre e allo Spirito Santo. 

Alla fine del Vangelo, subito dopo la morte sul Golgota, è il velo del tempio a squarciar­si. Forse non è casuale l’impiego dello stesso verbo. All’inizio il battesimo dell’acqua, alla fine quello del sangue: la missione, inaugurata al Giordano, si compie sul Golgota.

Quel velo che nasconde il Santo dei Santi, ora non c’è più e la presenza di Dio, lì racchiusa, può uscire e invadere la terra: tutto è trasformato in tempio di Dio. Gesù, tempio spalancato,  fa di tutti noi il tempio di Dio.

venerdì 8 gennaio 2021

La Chiesa e le gerarchie: il film su Chiara Lubich / 3



Il gerarca fascista Sartori e i monsignori del Vaticano hanno in comune il titolo: gerarca, gerarchia. Accostamento odioso e blasfemo, ma facile da raggiungere. La parola indica, nella sua etimologia un presiedere sacro.

Il gerarca Sartori del film su Chiara Lubich è un’invenzione del regista: ipostatizza il regime fascista, così come la figlia Irene, altrettanto inventata, ipostatizza le persone che, in quell’inizio magmatico del Movimento, aderivano, si allontanavano, tornavano…. (Mentre è storico che il fratello Gino, su richiesta di Chiara, abbia aiutato un fascista a fuggire sulle montagne…).

Altrettanto romanzato è il tribunale della gerarchia ecclesiastica. Reale e drammatico il lungo processo a cui Chiara è stata sottoposta nelle sale del Sant’Offizio in Vaticano, senza tuttavia quella meravigliosa scenografia cinematografica che ha reso molto bene la perplessità della Chiesa davanti alle novità suscitate da questa donna.

Ho sentito da più di un telespettatore critiche sull’operato di quel tribunale, almeno come viene presentato nel film. A parte le maniere, rimane vero che la “Gerarchia ecclesiastica” ha il carisma di discernere i carismi. Non è altrettanto vero che ci lamentiamo quando veniamo a sapere che essa non ha compiuto fino in fondo il suo discernimento e ha approvato l’opera di persone che poi si sono rivelate indegne e che la Chiesa ha dovuto successivamente riprovare e condannare? E qui vengono alla mente casi recenti purtroppo noti e tristi… Ben venga dunque il discernimento da parte della Chiesa che, anche in quei giorni, Chiara continuava a sentire e ad amare come Madre.

Stupenda la risposta del cardinale che presiede il tribunale alla domanda di Chiara sul perché lei viene dimessa dalla guida della sua opera: “Per essere certi che il Movimento dei focolari sia opera di Dio e non solo di Chiara Lubich”.

Chiara l’ha sempre saputo: “Quando Dio prende in mano una creatura per far sorgere nella Chiesa qualche sua opera, la persona non sa quello che dovrà fare. È uno strumento. Gli strumenti di Dio in genere hanno una caratteristica: la piccolezza, la debolezza… “. Tuttavia in quel momento non poteva non chiedere “Perché? Perché?”. È bello che abbiano posto sulle sue labbra lo stesso perché di Gesù sulla croce. Nel film la tensione è tale che Chiara spezza la corona che ha in mano e poi, sulla piazza san Pietro, cade in terra affranta… Non si poteva rendere meglio lo strazio interiore nel vedersi privare della propria creatura. Anche Francesco d’Assisi gridò quando durante il Capitolo delle stuoie volevano manipolare la sua opera. Anche Camillo de Lellis, una volta dimesso dalla guida del suo Ordine, rivendicava il suo esserne fondatore… Ma prima di loro è stato Gesù stesso a gridare quando si è visto estromettere dal cielo e dalla terra…

La grazia è sempre a caro prezzo.

giovedì 7 gennaio 2021

Le parole e i fatti: il film su Chiara Lubich / 2

 


Una delle scene del film su Chiara Lubich che più mi ha colpito è quando si toglie le scarpe per darle a una donna povera, con i piedi avvolti in pezze.

Innanzitutto lo sguardo: è in mezzo ai suoi bambini di scuola eppure è capace di vedere oltre e di scorgere un bisogno. Ha l’occhio puro.

Non basta. Ecco la risposta: si toglie le scarpe per darle alla donna.

Non basta ancora. Avrebbe potuto chiedere ad una bambina o a un bambino di portarle alla donna. Va lei, senza interposta persona, con gesto silenzioso e sincero.

Chiara ha scritto tanto, ha lasciato tante conversazioni, video, messaggi. Per noi è facile elaborare la sua spiritualità a partire dai suoi scritti.

Ma più parla la vita, parlano i fatti: “Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,18).

La biografia è un autentico “locus theologicus”. L’ortodossia trova nell’ortoprassi la prima e più sicura verifica, come ricorda nel film il vescovo di Trento, citando il vangelo: “Dai frutti si riconosce l’albero”. 

Mi giungono intanto reazioni al blog di ieri. Tra le altre:

- Carissimo, sono contento di quanto hai scritto a proposito del film su Chiara. Ti posso assicurare che ho vissuto, in qualche modo, la tua stessa esperienza. Parlavi anche di commozione... È difficile che io mi commuova davanti a delle scene toccanti. Eppure il film ha prodotto in me una commozione profonda, continua, non semplicemente di ordine emotivo, quanto spirituale. Sentivo che toccava le fibre più profonde del mio essere e io mi ritrovavo fino in fondo nell'esperienza di Chiara (e delle prime compagne), forse perché "parlava di me", di noi che "viviamo Chiara", il suo carisma. Ciao e grazie.

- Tutti compresi nel sogno di Chiara, in questo film intelligente: è il nuovo linguaggio con il quale Chiara parla veramente a tutti!

- Certo che anche i Magi hanno fatto una forte esperienza di fede … Come loro Chiara aveva la potenza del cuore, della stella, che la spingeva a fare quello che ha fatto. Al cuore non si può comandare, bisogna seguirlo, come i Magi hanno seguito la stella. Si è come ipnotizzati. Se non si segue il cuore, per tutta la vita rimarremo insoddisfatti. Se io non avessi seguito il cuore semplicemente senza complicarmi la vita, non sarei felice dal di dentro come mi sento tantissime volte soprattutto nelle bufere della vita. La forza che dava la stella ai Magi è così convincente che non consente di mettersi a fare calcoli: fa fare le pazzie più pazze per seguire l'Amato...