L’Oblato?
“… capace di essere tutto a tutti. È chiamato a rendersi presente ad ogni bisogno dell’umanità e dei suoi fratelli, gli uomini. Poiché ama i poveri e
vede in essi Nostro Signore, l’Oblato è capace di abbracciare col suo amore
tutti gli uomini. Egli sente di essere fratello di tutti. Si fa costruttore di
pace, di concordia, di intesa, di perdono, come diceva una volta il giovane
sacerdote de Mazenod: “C’è solo amore nel mio cuore”. […]
Ed è
ancora questo amore che rende l’Oblato perfettamente evangelico, perfettamente
apostolico. Il Vangelo è il libro di vita, di amore per l’Oblato. Poiché amiamo
Cristo, normalmente, noi l’amiamo ugualmente in tutto ciò che Egli ci chiede
nel Vangelo. L’Oblato, come S. Paolo, è un consacrato di Dio per la
predicazione del Vangelo.
Spiritualmente
non lavora mai da solo. La sua vita è essenzialmente comunitaria. Può vivere
solo e nello stesso tempo estremamente e intimamente unito alla sua comunità
locale, provinciale, comunitaria. Non si capisce l’Oblato senza questa vita
comunitaria. Anche se per il ministero occorre sacrificare la vita comunitaria
fisica o materiale, come per esempio nelle missioni la comunità oblata, secondo
la mistica mazenodiana, è l’anticamera del cielo, è il focolare immediato dell’amore
di Dio e del prossimo”.
Così scriveva
p. Léo Deschâtelets il 15 marzo 1973 ai novizi di Marino. Da pochi mesi aveva
lasciato Roma per tornare in Canada, dopo essere stato superiore generale per
25 anni.
Piccole
perle che estraggo dai nostri tesori durante le mie lezioni sugli studi
riguardanti la spiritualità oblata: oggi l’elaborazione dottrinale durante gli anni
Cinquanta e Sessanta…
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