“Dove sei?”, chiese
Dio ad Adamo. Adamo si nascose, non voleva farsi trovare. “Dove sei?”, chiedono
i discepoli a Gesù. Gesù li invita a seguirli e li accoglie. Dio cerca l’uomo e
l’uomo sfugge. L’uomo cerca Dio e Dio si fa trovare. È un rincorrersi, un
cercarsi. Bella questa reciprocità tra Dio e noi, noi e Dio.
Gesù sa comunque
quanto è ambigua la nostra ricerca, per questo la domanda: “Che cosa cercate?”.
Già, varrebbe davvero la pena chiederci con sincerità: Che cosa sto cercando
davvero? Cosa desidera il mio cuore? Qual è la sete che mi porto dentro? Cosa mi
appassiona? Cosa mi muove?
Ricordo ancora quello
che scrissi qualche anno fa, “parlando” con Gesù:
I discepoli chiedono allora “dove abiti?”. Non cercano evidentemente un luogo fisico — Gesù era in realtà un “senza fissa dimora” — ma, piuttosto, gli chiedono: dove sei? Dove possiamo trovarti per saziare e dissetare questa nostra ricerca? E Gesù propone loro un’esperienza, un incontro, uno “stare ” con Lui che è un “rimanere ” nel suo amore: venite e vedrete. Vanno e si fermano presso di Lui. Poi, lo annunciano ad altri discepoli. Così, il Vangelo c
Avrei voluto essere il terzo discepolo a seguirti in quel pomeriggio assolato. Dove ti eri accampato, là vicino alle rive del Giordano, quando eri andato per farti battezzare? Una capanna, una grotta? Non importa dove abiti, tu che non hai una pietra dove posare il capo. Fosse una reggia o un rifugio di frasche, quel che rimase indelebile negli occhi e nel cuore di quei primi discepoli fosti tu. Cercavano te. Oppure eri tu che cercavi loro?
Fino a quel momento
silenziosi, i due giovani sono provocati dalla tua domanda – «Che cosa
cercate?» – che li guida verso una consapevolezza più esplicita della
motivazione che li ha messi sulle tue tracce: «Rabbì, dove dimori?». Non ti
chiedono semplicemente dove abiti, ma dove “dimori”, con quel ricco vocabolo
che troveremo lungo tutto il Vangelo di Giovanni. Vogliono conoscere la tua
vita, il tuo modo di esistere, il mistero della tua persona. Chi sei in realtà
tu, che Giovanni ha indicato come l’agnello di Dio?
La tua risposta è
sorprendente: non dici la tua identità, li inviti piuttosto a fare un’esperienza,
a stare con te, semplicemente.
Ed ecco un crescendo
progressivo affidato a tre verbi: “andarono”, “videro”, “rimasero”.
“Andarono”. È la
risposta al tuo invito: “Venite”. Per conoscerti occorre seguirti, accogliere
la tua parola e aderivi, fidarsi di te, qualunque cosa tu ci chieda, ovunque tu
ci conduca.
“Videro”: è
l’illuminazione, frutto della sequela, fino alla scoperta di chi sei veramente.
“Rimasero”, a
indicare una relazione stabile, una profonda comunione di vita e di destino. Ti
cercano e ti trovano, ti seguono e si fermano, itinerario di ogni vocazione e
suo approdo sicuro. Chi ci separerà da te?
Il paradosso è che
l’esperienza del “rimanere” si trasforma in quella dell’“andare”. Quel
pomeriggio si è impresso indelebilmente nella memoria dei due, eppure non si
sono fermati con te. Troppo impellente l’urgenza di condividere l’esperienza
vissuta, la scoperta della pienezza di vita: «Abbiamo trovato», e conducono
altri a te, in una catena ininterrotta. Iniziata con l’anello che congiunge
Andrea a Simone, la sequenza dell’annuncio passa di bocca in bocca lungo i
secoli, fino a noi.
Sono il terzo
discepolo, accanto a quei primi due: anche a me hai chiesto di seguirti, di
vedere dove dimori; ti ho conosciuto e sono rimasto con te… chissà se saprò andare
e annunciarti e portare a te quanti incontro.
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