mercoledì 6 gennaio 2021

Il protagonista del film su Chiara Lubich / 1




Mi sembrava ci fosse troppa attesa per il film della Rai su Chiara Lubich. Forse, mi dicevo, ci sarà altrettanta delusione, per quanto ben fatto non potrà rispondere all’attesa. Non è stato così. L’ho seguito con gioia, forse anche con una punta di commozione. Mi parlavano di una persona che ho avuto la gioia di conoscere personalmente, di amare, e soprattutto da una persona che mi ha amato e ha avuto fiducia in me.

Non voglio commentare il film, la stupenda interpretazione di Cristiana Capotondi e di tutti gli altri attori e la scelta di presentare un cristianesimo bello, positivo, gioioso, senza quelle incrostature dolciastre, pietistiche o ecclesiastiche che spesso avviliscono la “buona novella”.

Comincio con una percezione che si è consolidata a mano a mano che la storia procedeva: la protagonista vera non era Chiara; ella lentamente lasciata il posto ad un altro, il Vangelo. Quel libriccino in edizione bilingue, un po’ sgualcito, con le sue parole di vita è divenuto il leitmotiv della narrazione, l’ispirazione delle scelte e dei gesti, del percorso di ognuna e di tutto il gruppo. Il Movimento è nato da quel libretto.

 

Il Concilio Vaticano II, con la costituzione dogmatica sulla Parola di Dio, Dei Verbum, ha chiesto che la vita quotidiana dei fedeli sia segnata dalla «frequente lettura delle divine scritture» (n. 25). Ma non era così ai tempi di Chiara, Ancora nel 1961 S. Marsili, poteva scrivere: «In Italia il senso e l’importanza della sacra Scrittura in genere e come parte della liturgia in specie, è un campo quasi inesplorato… Si predica molto, ma purtroppo raramente il cristiano che ascolta viene messo a contatto diretto con la sacra Scrittura».

Con l’invenzione della stampa nel 1500 la Bibbia di fatto si separò dalla liturgia e dalla predicazione. Una volta stampata ognuno avrebbe potuto leggerla personalmente, anche se le copie erano rare e costose; le persone comune ne rimanevano comunque fuori e ricevevano la Scrittura attraverso la mediazione clericale. Ne fu però favorita la Riforma protestante e questo destò la preoccupazione della Chiesa cattolica. Il Concilio di Trento nella sessione quinta, del giugno del 1546, auspica: “non venga trascurato il tesoro celeste dei libri sacri, che lo Spirito Santo ha dato agli uomini con somma liberalità”. Nello stesso tempo, proprio in seno al concilio, si agitava il problema se tradurre o meno la Bibbia in lingua volgare. C’era chi, come il cardinale spagnolo Pacheco, vedeva nelle traduzioni bibliche l’origine di ogni eresia, e chi invece, come il cardinale Madruzzo di Trento, proponeva la traduzione in tutte le lingue.

Poco dopo Pio IV, nel 1564, promulga l’Indice dei libri proibiti, in cui si legge: «In linea generale è proibita ai laici la lettura della Sacra Scrittura in traduzioni moderne. Risulta chiaramente dall’esperienza, infatti, che, se si consente a chiunque di leggere la Scrittura nelle lingue volgari, ne conseguono più danni che vantaggi, a causa della temerarietà degli esseri umani. Soltanto in casi eccezionali, precisamente regolamentati, i vescovi e gli inquisitori possono accordare delle dispense da questa norma. È prevista una sanzione anche per i tipografi». Regola inasprita da Clemente VIII nel 1596, che ritira «a vescovi, inquisitori e superiori regolari il potere di permettere di acquistare, leggere o possedere delle Bibbie in lingua volgare», riservandolo alla Santa Sede.

Nella prassi ogni parroco e confessore vigilava sulle letture dei suoi parrocchiani o dei suoi penitenti. Il messaggio biblico era sempre veicolato attraverso le vie della predicazione e del catechismo.

Come eravamo lontani dai tempi del Padri della Chiesa, quando san Giovanni Crisostomo rivendicava per tutti i laici il contatto costante con la Scrittura ed esortava i padri di famiglia: “Quando ritornate a casa dovreste prendere la Scrittura e con vostra moglie, coi vostri figli rileggere e ripetere insieme la parola ascoltata [in chiesa]”.

Agli inizi del XX secolo (1902) il vescovo di Laval, monsignor Geay, lamentava: «Ciò che oggi ci manca è il Vangelo! La nostra decadenza cristiana non ha altra causa. Non leggiamo più il Vangelo, il Vangelo non è più conosciuto [...]. Questo libro è scomparso dalle nostre mani». Chissà come sarebbe stato contento a vedere il film di Chiara…

 

6 commenti:

  1. Carissimo pe.Fabio! Grazie!
    Quanto é vero suo commentario sul fim di Chiara. C´erano tante aspettative e il risultato,la esprienza fatta é stata proprio questa.
    Faceva tempo que no entravo nel suo Blog... ho perso un poco di cose...Grazie per le sue publicazioni: belle che ci portano, nella semplicitá( nel significato piú bello della parola) del suo racconto, commento, esperienze, in Dio. Marilene ( Caracas)

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  2. Grazie don Fabio per quanto ci hai portato a conoscenza. È molto importante.

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  3. Grazie Fabio! L'ho condiviso con altri, tanto mi è sembrato bello... e "formativo" nei riguardi del nostro approccio alla Parola e l'evolversi nella nostra Chiesa dell'approccio biblico attraverso la storia. Enrique

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  4. Grazie P.Fabio! semplici e profondamente cristiano dei nostri giorni!
    Lila

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  5. Grazie Fabio, sono contento di riprendere contatto con te tramite questo mezzo. Dopo la riserva stretta fatta da Clemente VIII: come è stata l'evoluzione della permissione più ampia della Sacra Scrittura in lingue volgari? Sono nato nel 1941 e allora avevamo i nostri messalini e si studiava anche come letteratura. Auguri per la Scuola Abbà e tutto. Luis Eduardo Zaffaroni (Montevideo)fmnqn1@gmail.com

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  6. Caro P. Fabio, quanto è vero l'accento sul vero protagonista del film, che è il Vangelo. Anche durante i miei anni di Seminario nel Pontificio Seminario Minore dal '63 al '68 era vietato leggere la Bibbia da soli, e talvolta in gruppetti lo facevano di nascosto, soprattutto durante il Concilio, quando sembravano allentate le remore, mentre già da decenni gli albergatori dell' area protestante in Europa mettevano sul comodino delle camere da letto dei loro alberghi una copia della Bibbia! La preoccupazione della Chiesa cattolica è sempre stata quella della giusta interpretazione: 'et Scriptura et Traditione' è un principio giusto, ma ha finito con la 'troppa prudenza' (altra stoccata data nel film) per allontanare i fedeli dal contatto visivo con la Parola, con la passione per nutrirsene giorno dopo giorno lasciando al Maestro spirituale di spiegarla nella vita e con la vita. Che emozione per me risentire dalla bocca di Chiara, nel film Cristiana C. a chi gli chiedeva che ci facesse con quel libretto del vangelo nel rifugio antiaereo, sentire rispondere : 'per leggerlo'. Chiara ha riaperto le porte alla familiarità con la Parola di Dio, non più blindata da schemi e paure clericali. Di qui anche il periodo lungo di osservazione a cui è stata sottoposta dalla Congregazione della Dottrina della Fede, mentre proprio in seno alla Chiesa cattolica la Parola vissuta faceva fiorire sacerdoti, religiosi, consacrate di clausura, famiglie, forme nuove di associazioni, volontari, consacrati laici.... Spero che una riflessione più profonda sul film anche da parte di Emmaus, faccia riflettere tutti noi sul vero protagonista della rivoluzione cristiana portata dal suo stile di vita e della nascita del Movimento, oltre la fiction. Pino Palocci

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