Per continuare
l’azione di Dio l’uomo deve poter conoscere il piano di Dio e quindi essere in
comunione con lui, in un rapporto profondo di amicizia e di amore. Senza un
rapporto vivo con Dio suo creatore egli non può svolgere la missione di coltivare
con amore la terra. In effetti quando con il peccato l’uomo si stacca da Dio
non è più capace di custodire il mondo nella bellezza e nell’armonia nelle
quali era stato creato.
La rottura del
rapporto con Dio ha provocato non solo la rottura tra l’uomo e la donna, tra i
fratelli (vedi Caino e Abele), tra i popoli (vedi la torre di Babele), ma anche
tra l’uomo e la natura. Il diluvio è il segno che il cosmo, a seguito del
disordine dell’uomo, sta tornando nel disordine, nel caos primordiale.
Leggendo il racconto
delle origini appare chiaro l’intimo rapporto che esiste tra la comunione
dell’uomo con Dio e l’armonia del creato. Se brilla in noi l’immagine e la
somiglianza con Dio allora sapremo continuare l’opera di Dio. L’armonia della
nostra vita diventa armonia del creato.
Ed ecco che qui
s’innesta l’apporto specifico della vita consacrata, nata per “quaerere Deum” e
per scoprire il suo disegno sulla creazione e sulla storia. Il rapporto
persona-natura non è mai distaccato dal rapporto Dio-uomo e Dio-natura. Il
religioso e la religiosa sono chiamati a entrare in questo rapporto vitale che
nasce dallo stesso atto creativo. Nella natura dovrebbero saper cogliere
l’autorivelazione di Dio e il dono che egli fa di sé.
Ma come cogliere la
presenza di Dio nelle cose, il suo amore provvidente che tutto sostiene e che
continuamente crea? Occorre uno sguardo puro, che sappia vedere con l’occhio
stesso di Dio. Occorre la capacità di contemplazione, di preghiera, di
meraviglia… Non fa parte tutto questo della vocazione della vita consacrata?
Soltanto a queste condizioni la natura diventa un messaggio divino e mostra
come ogni suo elemento è in relazione d’amore con l’altro, quasi riflesso della
relazione d’amore trinitaria. Se tutto è opera di un Dio che è Amore, di un Dio
che è Trinità, ossia rapporto di comunione, tutto porta il suo timbro e in
tutto potremo scoprire la presenza dell’Amore.
Soltanto così nasce
il rispetto per il creato, nella coscienza di essere parte di esso e con esso
in cammino verso i cieli nuovi e la terra nuova. «Le creature – ricorda Papa Francesco – tendono verso Dio, e a sua
volta è proprio di ogni essere vivente tendere verso un’altra cosa, in modo
tale che in seno all’universo possiamo incontrare innumerevoli relazioni
costanti che si intrecciano segretamente» (Laudato si’, n. 240). È un
cammino solidale che ci conduce verso il punto Amena, diretta Theillard de
Cardin, o verso i cieli nuovi e la terra nuova dell’Apocalisse. «L’uomo – scrive il politologo
Pasquale Ferrara –, lungi dal disporre dispoticamente della natura, svolge
piuttosto, rispetto alla realtà del mondo animale, vegetale, minerale, una
funzione, per così dire, di riscatto e di liberazione, se si
vuole tradurre in termini emancipatori l’opera di “redenzione”, in senso ampio
e profondo, anzi di co-redenzione, al quale egli è chiamato».
Questo implica una
conversione a livello personale e comunitario, che domanda un ripensamento del
proprio stile di vita, la responsabilità davanti al consumo, l’attenzione
all’ambiente, cominciando dalla cura per la propria casa.
Soprattutto occorre
andare alla radice del problema, rompendo la logica egoistica di una cultura
basata sul dominio, sulla sopraffazione, sull’avere. Si sfrutta selvaggiamente
la natura e la si violenta perché‚ in fondo, si è guidati dalla falsa idea che
io valgo e mi realizzo nella misura in cui accumulo potere e cose. È la stessa
logica perversa che spesso guida i rapporti umani: voglio possedere l’altro,
asservirlo a me, usarlo per i miei interessi.
Deve subentrare una
logica nuova. Chi di noi non ha sperimentato, almeno una volta, la gioia del
donare? Quando rendo felice una persona, quando faccio un regalo ad un amico,
quando offro il mio aiuto a chi è nel bisogno, mi sento contento. Quando amo
sento come una pienezza di vita in me, mi sento realizzato. L’apostolo Paolo
ricorda un detto del Signore secondo il quale «c’è più gioia nel dare che nel
ricevere».
Credo che il problema
ecologico troverà la sua risposta nella misura in cui sapremo dare una risposta
al problema umano. Ossia saremo capaci di ridare l’armonia alla natura solo
nella misura in cui sapremo trovare un’armonia tra noi uomini e donne. Non
basta una nuova visione della cosmologia. Posso conoscere benissimo chi sono e
togliermi la vita. Posso benissimo essere cosciente dell’interdipendenza tra le
persone e uccidere e fare guerre. Occorrono motivi profondi per vivere, per
vivere in armonia con sé e con gli altri, per vivere in armonia con il cosmo.
Occorre prima di
tutto una “ecologia umana”. Ed essa sarà possibile soltanto nella misura in cui
sapremo narrare non tanto il “mito” della creazione, quanto quello
dell’incarnazione redentrice.
La “nuova cosmologia”
può degenerare in una mistica panteista con una sua concezione olistica che non
sa più cogliere la distinzione Dio-creato-persona umana. Per la tradizione
giudeo-cristiana il centro della fede non è una cosmologia, ma una storia, ed è
quella storia che fa comprendere in profondità la cosmologia. Quando, davanti
allo sfascio che l’uomo ha operato nei confronti della creazione, Dio si è impegnato
per rifare la creazione, ha mandato il Figlio suo, Gesù, nel quale tutto era
stato creato. Egli è venuto sulla terra per ricapitolare tutto in sé, ossia per
riportare l’armonia del cosmo. E ha cominciato proprio insegnando agli uomini a
vivere in armonia tra loro. Colui che ci ha plasmati sa qual è la dinamica del
nostro vivere in pienezza. Parole quali: «Amate i vostri nemici», «Perdonate»,
«Fate del bene a chi vi fa del male»... sono chiare proposte che segnano il
cammino per un’armonia nuova tra persone e popoli. Le parole del Vangelo
possono diventare la regola per l’ecologia umana e trovano il loro culmine nel
comando «Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi».
Qui forse è l’apporto
più realista che i carismi possono offrire. Non tutti possiamo fare tutto. Lo
scienziato, il politico, l’amministratore, l’economista, l’imprenditore...
ognuno ha un compito da svolgere in base alle sue competenze e alle sue
responsabilità.
Anche i religiosi e
le religiose dobbiamo agire con competenza: quella che il carisma offre ad ogni
comunità religiosa. Possono insegnare le parole del Vangelo. Possono mostrare
come esse si realizzano e quali sono i frutti che portano tra di loro. Se
sapranno aiutare chi sta loro attorno a vivere la reciprocità dell’amore allora
anche ogni intervento sulla natura sarà compiuto tenendo conto non solo di sé
stessi, ma anche degli altri, dei popoli e dei paesi vicini, degli altri
continenti. Si avranno costantemente presenti anche le generazioni future,
perché‚ tutti siamo legati da un rapporto di amore.
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