16 dicembre 2016: per la prima volta, a cinque giorni dalla
beatificazione, si celebra la festa liturgica dei Martiri del Laos, assegnata
dal calendario della Chiesa universale a questo giorno.
Com’è morto Mario Borzaga e il suo catechista Paolo Thoj
Xyooj
Padre Mario e
il suo catechista, dopo essere partiti quel 25 aprile 1960 da Kiukatian verso
Pha Xoua, sono spariti nel nulla. Proprio da allora, lentamente, padre Mario si
fa sempre più presente nel ricordo dei suoi amici. È un crescendo di interesse
per questo giovane missionario, considerato un martire. Sei anni dopo la
scomparsa, p. Gaetano Drago pubblica un volume che raccoglie 99 lettere indirizzate
alia sorella: Un eroe del Laos. Nel 1985 appare il suo diario, Diario di un uomo felice, che riscuote uno straordinario
successo e lo fa conoscere ben al di là della sua Trento e della famiglia dei
Missionari Oblati. La sua esperienza esercita una forte attrattiva su tanti
giovani, e conosciuta nei seminari, nei monasteri di clausura.
Così il 5
novembre 1997 il Consiglio generale degli Oblati decide di iniziare
l’itinerario per il riconoscimento della sua santità, assieme a quelli di altri
5 missionari Oblati martiri nel Laos. Nel 2004 il superiore generale comunica
ai vescovi del Laos che gli Oblati italiani e francesi si rendono responsabili
della Causa dei «Martiri del Laos», lasciando tuttavia che l’itinerario verso
la beatificazione di padre Mario proceda separatamente rispetto a quello degli
altri martiri. Nello stesso tempo alla figura di padre Mario si associa quella
del catechista Paul Thoj Xyooj (leggi Shiong).
Com’è morto
padre Mario, assieme al suo catechista? I particolari sono rimasti velati dal mistero
per 45 anni. L’inizio della causa di beatificazione è l’occasione perché alcuni
testimoni potessero finalmente parlare.
Un giovane,
allora quindicenne, che si trovava in foresta a caccia, racconta di quando era
stato richiamato da alcune grida. Nascosto tra la boscaglia, riconosce padre
Mario e Xyooj con le mani legate dietro la schiena. «Spinti dai soldati,
salivano per il sentiero e dove questo si biforca si sono fermati. I soldati
hanno tolto la camicia ai prigionieri e li hanno costretti a inginocchiarsi. Li
hanno colpiti con il calcio del fucile gridando contro di loro. Il padre
parlava in una lingua sconosciuta, poi è rimasto in silenzio, coperto di
sangue. Invece Xyooj, che parlava e rispondeva, è stato colpito più e più volte
con il calcio del fucile, sulla testa, le orecchie, tutto il corpo, al punto da
sanguinare da ogni parte...
Uno dei
soldati ha gridato a Xyooj: “Vai subito via”, ma egli ha risposto: “No, non
vado, resto con il padre. Se io parto, lui viene con me, se lui non parte, io
resto con lui”. Un altro ha gridato: “Dato che non vuol partire, uccidiamolo
assieme all’altro”. Un’altra persona ha gridato: “Tu sei responsabile di aver
portato questo diavolo e di aver convinto in un giorno più di 10 famiglie a
seguirlo”». Il testimone sente Xyooj pregare in hmong: «O Dio, proteggi noi e
proteggi il nostro destino; tu li vedi e tu vedi quello che stanno per fare».
Qualcuno dei
soldati proponeva di ucciderli sul posto e di gettarli nel fosso accanto, altri
pensavano che fosse un luogo troppo esposto. Li hanno quindi obbligati ad
alzarsi e tenendoli per le braccia li hanno spinti più lontano, verso un luogo
più nascosto. Il testimone li ha così perduti di vista. Anni più tardi, in
Francia, ha riconosciuto uno di questi soldati...
Un altro
soldato è stato sentito raccontare alcune delle sue bravate, tra cui
l’uccisione di una «spia americana» accompagnata da un Hmong: «Li abbiamo
costretti a scavare una fossa... Io ho sparato loro. Il Hmong morì sul colpo,
ma l’americano, caduto nella fossa, cominciò a gridare: “Perché avete sparato a
un padre?”. Senza aspettare li abbiamo ricoperti di terra».
Sei giorni
prima di partire per il suo viaggio senza ritorno, padre Mario scrisse la sua
ultima lettera alla famiglia da Luang Prabang in data 19 aprile 1960. Terminava
con queste parole: «Scusate se questa volta vi ho scritto una letterina breve
breve, la prossima volta ve ne scriverò una lunga come un treno...».
Con il suo martirio e la sua santità la sta scrivendo al mondo
intero.
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