Nella
chiesa della parrocchia di Saint Thomas a Goregaon i cristiani del Kerala, di
rito siro-malancarese, celebrano la messa di mezzanotte. Le centinaia e
centinaia di cristiani di rito latino, che pregano in inglese, sono invece
raccolte, nel grande campo sportivo accanto alla chiesa, a cielo aperto: il
clima è piacevole.
Il
campo è addobbato a festa, con un grande palco per la liturgia. Gli uomini
rigorosamente con vestito scuro e cravatta, le donne con i sari più belli,
ricchi di colori e luccicanti di fili d’orati. Le sedie sono rigorosamente
allineate. Impressiona l’ordine, la partecipazione…
Prima
della messa la corale per una mezz’ora esegue i canti di Natale, continuando
poi ad accompagnare le liturgia.
Presiede
il vescovo emerito Bosco Penha, circondato da concelebranti e ministranti,
mentre un bel gruppo di giovani garantisce il servizio d’ordine.
Al
termine i saluti, gli auguri, tè e dolci per tutti. Salutano anche me, illustre
sconosciuto, eppure certamente un cristiano come loro, se sono a messa con
loro.
Per
un gruppo minoritario come quello dei cristiani è fondamentale vivere con
intensità e partecipazione la festa, mentre tutto attorno la vita continua
ignorando la realtà del Natale.
Fuori,
sulla strada, i venditori di palloncini colorati danno l’ultimo tocco alla
festa.
Il
giorno di Natale termina, sempre di notte, in un altro tempio, questa volta
indù. Un tempio antico, sorto mille anni fa, anche se, secondo la leggenda, sarebbe
ancora molto più antico, perdendosi nei tempi mitici, quando il dio Rama,
passando da quelle parti per andare in Sri Lanka a cercare la moglie rapita,
ebbe sete. Il fedele scudiero scoccò una frecce che, conficcatasi a terra, aprì
una sorgente d’acqua del Gange. Attorno alla piscina di Banganga (la freccia
del Gange) nacque il tempio.
Giungo
in questa area sacra, dopo essere sceso lungo scalinate ripide circondate da
minuscoli templi. Mi trovo d’improvviso fuori dal tempo e lontano miglia miglia
dalla zone più lussuosa di Mumbai che pure circonda il tempio con i suoi
grattacieli. Sulle gradinate che scendono all’acqua della vasta piscina
rettangolare i bambini si rincorrono giocando e gridando, mentre le donne
lavano i più piccoli e puliscono l’ingresso delle minuscole abitazioni per
prepararsi alla notte; una campana rintocca a distesa chiamando forse
all’adorazione… Mi avvicino a un gruppo di giovani che suona il tamburo, e mi
fermo a parlare con loro, che ora cantano per me le sacre melodie.
I
suoni gradatamente si attutiscono e, pur presenti, lascino la sensazione di un
profondo silenzio. È come essere avvolti da una presenza. Cupole e guglie
s’alzano intorno a segnare un tempio diffuso che amalgama microscopici case e
negozi, posati in maniera disordinata sul sentiero che circonda l’area sacra.
Le porte si aprono su stanze con statue di Shiva, su letti adagiati
all’entrata, su fornelli che preparano la cena.
Un
grande abbraccio tra cose e persone che tutto avvolge nel sacro. È l’India.
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