Quanta strada abbiamo fatto in
questi anni nel dialogo con gli Indù! All’inizio avevamo un po’ di paura reciproca,
ognuno attento a cosa dire e come dire, nel timore di offendere l’altro o di
non essere capiti. Ora c’è un rapporto fraterno profondo, un rispetto sincero, capace
di godere il bello dell’altro e di lasciarsi arricchire reciprocamente. Nessun
tentativo di conversione, ma un amore sincero, che ci porterà dove Dio vuole. Sono
considerazioni che gli stessi Indù hanno fatto questo pomeriggio guardando al cammino
percorso insieme. Perché, si sono poi domandati, non scrivere e raccontare a
tutti, in India, a cominciare dai cristiani, l’esperienza di dialogo che stiamo
vivendo, così diversa da quella che abitualmente si pensa e dalla quale tanti hanno
timore o si tengono distanti?
L’incontro di questi giorni è
decisamente un passo in avanti nel nostro stesso modo di vivere il dialogo.
Abitualmente siamo sempre stati seduti davanti a una cattedra dalla quale si tenevano
conferenze su diversi aspetti dell’induismo e del cristianesimo messi a
confronto. Oppure si condividevano esperienze di vita. Questa volta invece
eravamo seduti in cerchio. Nessuna conferenza. Leggiamo assieme i testi mistici
di Chiara e ci siamo lasciati ispirare da essi in una comunione profonda tra
tutti, a partire dalla propria visione religiosa e culturale. In questo modo
quei testi acquistano una risonanza nuova, vengono letti con differente
sensibilità, dicono cose che altrimenti non direbbero.
Per spiegare un’esperienza mistica
cristiana occorre spiegare cos’è la Trinità, l’Incarnazione, la Redenzione…
Così eccomi a parlare di Gesù, del Vangelo: un’autentica evangelizzazione. Sono
proprio in piena vocazione oblata. Ma tutto viene accolto con naturalizza,
perché c’è questo interesse per Chiara da parte loro, della sua esperienza. A
voro volta anche loro per spiegare quello che suscita in essi il racconto di
questa esperienza devono parlare delle loro Scritture (che bello sentirle
citare in sanscrito, nella lingua originale; così come sempre fanno gli ebrei, che
citano la Bibbia in ebraico; così come fanno i musulmani, che citano il Corano
in arabo. Soltanto noi non sappiamo citare in greco il Nuovo Testamento…).
A presentare e commentare i testi siamo
Judy e io, eppure nelle conversazioni non vengono mai in rilievo i nostri nomi.
È la dimostrazione della nostra mediazione che è veramente tale, al punto che il
mediatore scompare, interamente a servizio del rapporto diretto tra Chiara e
gli Indù. I riferimenti, nella conversazione, sono quindi ai testi di Chiara.
Questi testi sono stati precedentemente letti da quei professori Indù che più a
lungo sono stati in contatto con Chiara – Shobada, Kala, Joshi, Upadhyaya… –,
così che anche loro possano spiegarli con categorie tipicamente indiane. Colgono
dimensioni nuove che altrimenti noi non potremmo raggiungere. Gli altri, nei dialoghi
che si succedono, oltre che a Chiara, si riferiscono a questi professori per
portare avanti la riflessione. È davvero una tappa nuova anche nella
comprensione dell’esperienza mistica di Chiara. Saranno loro a portare sempre
più nel mondo indiano tutta la ricchezza dell’Ideale dell’unità e la
testimonianza del dialogo interreligioso.
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