La presentazione della Lettera Iuvenescit
Ecclesia della Congregazione per la Dottrina della Fede, mi ha portato ancora una volta a contatto con diversi Moderatori generali di movimenti e nuove comunità. Ho così incontrato la Communauté de l’Emmanuel, la Comunità Cattolica Shalom, Nuovi Orizzonti, il Movimento dei Focolari, la Comunità Papa Giovanni XXIII, Famiglia della Speranza.
Ho rivisto con gioia anche Chiara Amirante, iniziatrice e animatrice di “Nuovi Orizzonti”.
Iuvenescit Ecclesia ha lo scopo di «richiamare, alla luce della relazione tra doni gerarchici e carismatici, quegli elementi teologici ed ecclesiologici la cui comprensione può favorire una feconda ed ordinata partecipazione delle nuove aggregazioni alla comunione e alla missione della Chiesa».
Iuvenescit Ecclesia ha lo scopo di «richiamare, alla luce della relazione tra doni gerarchici e carismatici, quegli elementi teologici ed ecclesiologici la cui comprensione può favorire una feconda ed ordinata partecipazione delle nuove aggregazioni alla comunione e alla missione della Chiesa».
Mi piace, tra l’altro, mettere in luce l’aspetto missionario dei
carismi. È il secondo criterio – dopo quello della capacità di aprire vie di
santità – per giudicare se un movimento carismatico è davvero da Dio. Il rapporto
di comunione e collaborazione stretta richiesto tra doni gerarchici e carismatici
non è soltanto e prima di tutto una questione interna alla Chiesa, è piuttosto il
presupposto per un cammino della Chiesa intera “in uscita” in questa fase nuova
della sua storia. A questo sono destinati i carismi. Suonano particolarmente opportune le parole di Basilio, citate al n. 5 della Lettera: «E questi doni
ciascuno li riceve più per gli altri che per sé stesso […]. Nella vita comune è
necessario che la forza dello Spirito Santo data all’uno venga trasmessa a tutti.
Chi vive per conto suo, può forse avere un carisma, ma lo rende inutile conservandolo
inattivo, perché lo ha sotterrato dentro di sé» (18).
Non soltanto i carismi sono utili alla vita della Chiesa e per ciò stesso dell’intera famiglia umana, di cui la Chiesa è a servizio: le sono necessari. Per questo si ricorda ai vescovi, in modo garbato ma deciso, che, come i carismi non sono un fatto opzionale nella Chiesa, così non lo è neppure la loro accoglienza: essi vanno piuttosto recepiti e valorizzati proprio come dono che lo Spirito fa a loro. Se i carismi, e i movimenti che ne sono animati, sono dati per un rinnovamento della Chiesa e per rispondere alle sfide della missione, non si può più immaginare la Chiesa se non animata e ringiovanita dai doni carismatici e gerarchici operanti in sinergia.
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