All’aeroporto
di Mumbai, uno dei più belli dell’Asia, completamente rinnovato da poco tempo,
in attesa di spiccare il volo, vediamo sorgere il sole in un globo di fuoco
rosso.
A Dehli,
mentre fuori la foschia rabbuia il cielo lattiginoso, il sole splende all’interno
dell’aeroporto: il dio Sole, con i 24 raggi delle 24 ore del giorno (il dio
risplende sempre, anche di notte!), con le 60 fiammelle che ardono una per ogni
minuto (ogni attimo esiste perché raggio della sua luce). Un simbolo del nostro
Natale, quando Cristo sorge, sole senza tramonto, Luce del mondo, che splende
nelle tenebre.
Il tempo,
che è galantuomo, nel viaggio di ritorno ci restituisce il giorno che si è
preso venendo. Una lunga giornata di viaggio, col sole che ci accompagna, fin
quando il tramonto si prolunga per quasi tre ore nel vasto orizzonte. Sul velluto nero che copre la terra si posa
leggero il nastro di luce con rapide graduali cromature che salgono dal rosso
porpora all’arancio, giallo, verde, azzurro, blu intenso. La luna si annuncia
discreta con appena un segno sottile. In basso il manto nero inizia a
intessersi di mille fili d’oro: le città disegnano arazzi di astratte figure.
Che
giorni intensi e ricchi di vita! Mentre mi preparavo al viaggio India ero
esitante, mi sembrava una missione al di là delle mie capacità. Pochi giorni
prima di partire mi è venute in cuore le parole di Paolo: «Quando sono venuto tra
voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità
di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se
non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Io venni in mezzo a voi in debolezza e con
molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono
su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della
sua potenza» (1 Cor 2, 1-4).
Poi, alla
partenza, la prima lettura della liturgia, quasi fosse riferita ai nostri amici
Indù: «Gli stranieri, che hanno
aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, (…) li condurrò
sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. (…) Io ne
radunerò ancora altri, oltre quelli già radunati» (Is 53, 6-8). Forte della Parola
di Dio e contando sulla preghiera di tanti e sull’unità con Judy sono partito sicuro.
Durante il
volo per l’India l’ufficio delle letture, che parlava di Dio che sceglie il re
Ciro per compiere la sua opera, mi ha lanciato un ulteriore messaggio: se io
sceglie una persona fuori del suo popolo per affidargli una missione, non può
rivolgersi anche a Indù e Parsi, Musulmani e Giainisti? Chi può dire a Dio come
deve operare, o accorciare il suo braccio?
A Roma mi
attende la cupola di san Pietro, che appare fedele nella notte dalla finestra
di casa. Con le larghe braccia del colonnato può accogliere tutti.
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