“Luci d’inverno”. Non è il titolo del film di Ingmar Bergman, ma della foto che ho appena scattato l’ultimo giorno d’inverno.
Inizia ora la
primavera, e proprio in questo giorno leggiamo nel Vangelo la similitudine del
chicco di grano che, caduto in terra, produce molto frutto.
Con quanta lucidità
Gesù legge la sua morte. Il fatto che arrivino dei pagani e che vogliano
vederlo è il segno che l’ora è giunta. Il suo messaggio è pronto per essere
accolto da tutti.
Giovanni anticipa il racconto dell’orto degli olivi, quando il Padre chiederà a Gesù di bere il calice della
passione. Come là più tardi, anche adesso Gesù è turbato, come lo è ogni uomo
davanti al dolore e alla morte. Ma sa anche che la sua vita è un dono per tutti
e proprio donandola porterà frutto, si moltiplicherà e rimarrà per sempre. Lo
sa che per noi è mistero grande, troppo grande, incomprensibile, difficile da
accettare. Chi non difenderebbe la propria vita con tutte le proprie forze?
Per questo racconta una “parabola”, la più breve e la più bella di tutte: “Se il chicco di
grano…”. Non ha bisogno di commento, chiara fino all’evidenza. La racconta per
sé e per noi.
Egli si fida del Padre, difatti il Padre lo conferma: “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!”. Dobbiamo fidarci anche noi, infatti quella parola del Padre “non è venuta per me, ma per voi”.
Se Gesù ha percorso la via del dono totale di sé,
fidandosi del Padre, pronto a fare qualunque cosa gli avrebbe chiesto perché sapeva
che Dio è Amore, possiamo seguirlo: “dove sono io, là sarà anche il mio
servitore”. Anche noi crediamo che Dio è Amore e tutto quello che ci chiede,
quanto quanto possa essere doloroso, è per il nostro bene e per il bene dei “greci”, di quelli
che sono attorno a noi…
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