giovedì 25 marzo 2021

Ecco tuo figlio, ecco tua madre / 2

Maria, ai piedi della croce, “stabat”, nella più alta solitudine. “Stabat”, come si deve stare davanti al dolore, senza diserzione.

Eppure il Vangelo ha un plurale: «Stavano presso la croce di Gesù…». Quel gruppo composto da Maria, le donne, il discepolo amato, è “attirato” da Colui che è “innalzato da terra”. Quel gruppo, di poche persone, è l’inizio e la profezia dei “tutti”: «Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (12, 32).

Ai piedi della croce si sta come Chiesa, uniti, come un unico popolo di Dio, con Maria tra noi, la Madre, mai isolata dai suoi figli, solidale, fino a formare con essi l’unico corpo di Cristo. Il mistero della croce, che si riverbera in ogni dolore, lo si vive insieme e si sta assieme, uniti dalla Madre, di fronte al Cristo, per accoglierlo in pienezza e riviverne il mistero.

Maria è al centro della narrazione evangelica. Le parole di Gesù, come una formula di rivelazione, sono rivolta a lei, le conferiscono una missione tutta spirituale, costituendola in una nuova maternità.

Vi è tuttavia una seconda parte della parola pronunciata dall’alto della croce, speculare e quasi un riflesso della prima; è rivolta al discepolo: «Ecco tua Madre». Gesù deve renderlo consapevole della condizione nella quale l’ha introdotto: ha una nuova madre e, grazie alla madre, è entrato in una realtà nuova, è diventato “figlio”. Per essere tale deve riconoscere, accettare e accogliere la Madre: «E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (19, 27). Un’accoglienza fisica? La prese in casa con sé? O non piuttosto un’accoglienza ben più profonda, fatta di comunione di fede e d’amore che li rende inseparabile l’una all’altro.

Il discepolo – non ha nome perché in lui, discepolo perfetto, ogni altro discepolo possa riconoscersi – affidato alla madre di Gesù diventa fratello suo, è generato altro Gesù, come spiegava il grande Origene: «Non c’è alcun figlio di Maria, se non Gesù… Egli dice a sua madre: “Ecco il tuo figlio” (e non già: “Ecco, anche questo è tuo figlio”), ciò equivale a dire: “Questi è Gesù che tu hai partorito”. Infatti chiunque è perfetto “non vive più”, ma in lui “vive Cristo”; e poiché in lui vive Cristo, quando si parla di lui a Maria si dice: “Ecco il tuo figlio”, cioè Cristo».

Maria diventa Madre della Chiesa e di tutti i credenti resi altri Cristo, e il discepolo membro della Chiesa, altro Cristo. Inizia un cammino di reciprocità. Maria è affidata al discepolo così come il discepolo è affidato a Maria.

Ella deve imparare a riconoscere il figlio suo in tutte le persone che le sono affidate, così come ogni discepolo deve imparare a riconoscere in ogni persona che incontra suo fratello e sua sorella.

Come Maria accoglie il discepolo, il discepolo riconosce la maternità di Maria nei suoi confronti e la accoglie come “sua”, come madre, come una persona che gli appartiene: «E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé». Ogni discepolo diventa vicario dell’amore di Gesù verso la Madre, espresso pienamente nelle parole programmatiche del pontificato di Giovanni Paolo II: “Totus tuus”. Accogliere Maria è accogliere Gesù, in risposta alla richiesta che il Signore crocifisso rivolge dall’alto del suo trono regale, è adempiere il suo testamento.

Accogliere Maria come Madre è accogliere tutti come fratelli e sorelle, è adempiere l’altro testamento enunciato nel cenacolo: «Amatevi l’un l’altro come io vi ho amati» (15, 12).

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