Nell’introduzione al
mio libro Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore, scrivevo: “Le
omelie si preparano, ma non si scrivono: si creano grazie all’unità con chi
ascolta…”.
Ogni sabato scrivo un
pensiero sul vangelo della domenica, ma è raro che faccia delle omelie: sono
senza uditorio! In questo periodo, grazie al virus, posso invece celebrare ogni
domenica in parrocchia, alla messa delle otto. Poche persone, abbastanza
anziane, quanto basta perché quello che scrivo la sera prima venga superato
dall’impatto con loro.
Come questa mattina.
Ho spiegato perché i greci chiamano Filippo e gli chiedono di vedere Gesù. Gesù è
nella parte del tempio riservata ai giudei, dove loro, greci, non possono
mettere piede pena la morte: devono rimanere nel “cortile dei gentili”. Filippo ha un nome greco e certamente i greci si sono accorti che parla la loro lingua,
chi dunque meglio di lui poteva fare da intermediario con Gesù? Anche Andrea, a
cui Filippo si rivolge, ha un nome greco…
Gesù allora supera la barriera e viene dalla loro parte. È il suo grande passo, è passato dalla nostra parte per introdurci nel tempio vero, che è lui stesso!
Chi vuole
infatti servirlo deve seguirlo nella realtà nuova a cui sta dando vita. Invita
così anche noi a fare come lui, a perdere la nostra identità per entrare nel
mondo dell’altro. È un po’ un morire, come accade al chicco di grano, ma frutta
tantissimo!
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